Siamo ripiombati nell’età dell’incertezza. Dopo due anni caratterizzati da previsioni semplici (crollo dell’economia globale nel 2020 a causa della pandemia da coronavirus Covid-19, ripresa vigorosa nel 2021 grazie alle iniezioni di capitali senza eguali nella storia varate da banche centrali e governi), il 2022 si preannuncia come un ritorno alla normalità. Il mondo, sotto il profilo economico-finanziario, ha ripreso il filo del discorso interrotto due anni fa. Ed è un filo che negli ultimi anni si spezza di continuo, tagliato da eventi fulminei e inattesi (guerre, crisi geopolitiche, elezioni e referendum, tensioni sociali). I cicli economici si sono accorciati drasticamente, seguendo la tendenza di un pianeta che, con l’interconnessione digitale, diventa sempre più veloce e frenetico. Il risultato è un clima di incertezza perdurante, una sorta di manto nebbioso che copre il corso della storia.
Il Covid-19 ha interrotto questa sequenza di cicli economici brevi, che perdura quanto meno da quando, con la crisi dei mutui subrime, nel 2008, il sistema economico-finanziario è arrivato sull’orlo del baratro di un crollo senza ritorno.
Ora, per quanto continui a occupare le prime pagine dei quotidiani e i titoli di testa dei telegiornali, la pandemia è diventato uno dei fattori di incertezza, forse il principale, ma non l’unico. Per esempio, l’inflazione è entrata in campo e si sta muovendo come un elefante in una cristalleria. E’ un ritorno alla normalità pre-Covid, si diceva, che è un new normal, per certi versi tutto da decifrare.
Gli outlook delle varie società di investimenti, pubblicati negli ultimi giorni o affidati a conferenza stampa, vanno in questa direzione.
S&P, crescita solida nella zona euro
Prendiamo le previsioni di S&P sulla zona euro. La quarta ondata di infezioni “potrebbe rallentare la ripresa dei consumi”. Il Covid è “un rischio per la nostra baseline macroeconomica”. Pertanto, S&P ha abbassato la previsione sul Pil del 2022 al 4,4% dal 4,5% precedente (+5,1% nel 2021).
S&P prevede che la Bce attenderà fino al 2024 per aumentare i tassi. “Tuttavia”, aggiunge, “è probabile che la banca centrale elimini gradualmente gli acquisti netti nell’ambito del Pepp a marzo 2022”. E sull’inflazione la stima è che il tasso scenda al 2% circa nel 2022, “a mano a mano che il gap tra domanda e offerta si allenta e la fine delle agevolazioni fiscali inizia a far dimimuire l’inflazione headline. Altri fattori strutturali sono destinati a far salire gradualmente i prezzi al consumo solo dalla fine del 2023″.
Threadneedle, il Covid non è più un rischio sistemico
Columbia Threadneedle Investments, nonostante la variante Omicron abbia atterrato i mercati il 26 novembre e continuato ad aleggiare nei giorni seguenti, sottolinea che “il picco dei contagi non corrisponde a ospedalizzazioni”, pertanto “non è più un rischio sistemico”, nelle parole di Melda Mergen, responsabile globale mercati azionari. Sul fronte dell’inflazione, Mergen sottolinea che “l’aumento dei prezzi è più ampio e vischioso” di quanto si potesse prevedere. E la dinamica dei salari sembra promettere un’inflazione più persistente. D’altro canto, le prospettive di crescita dei ricavi, unite al fatto che le imprese hanno a disposizione “tante leve da tirare per creare margini”, rassicura Columbia Threadneedle Investments sul fatto che sui mercati azionari vi siano occasioni di investimento, “ma selettive”. In particolare, nota Mergen, “il trend del ciclo economico avvantaggia i titoli growth, le small cap sono relativamente economiche e ci sono ancora opportunità tra i finanziari, ma non è chiaro e ovvio quali scegliere, va effettuata un’analisi titolo per titolo”.
William Davies, vice responsabile globale investimenti di Columbia Threadneedle Investments, vede una crescita economica solida in Cina e un cambio di rotta delle politiche monetarie ultra-accomodanti, a partire dagli Stati Uniti. “Ci aspettiamo un miglioramento delle supply chain”, aggiunge Davies. “E un livello di attività di M&A molto elevato, perché le aziende stanno sfruttando il costo del credito per fare offerte d’acquisto”. Secondo Davies, i deal straordinari faranno “da sostegno alla crescita economica, anche se più lenta”.
Gene Tannuzzo, responsabile globale mercati obbligazionari di Columbia Threadneedle Investments, tornando sul tema inflazione, nota che “diciotto banche centrali dovrebbero aumentare i tassi nel 2022”. E consiglia di guardare nel reddito fisso ad asset diversi dai titoli di stato, meno sensibili alle variazioni dei tassi.
Carmignac, la resilienza Usa
Raphaël Gallardo, chief economist di Carmignac, vede un rallentamento della crescita economica globale. In questo quadro, gli Usa ne risentiranno meno, grazie alla forza delle corporation e alla resistenza agli choc sulle materie prime, accentuando il gap rispetto al resto del mondo. Secondo Gallardo, “c’è un gap ampio fra le previsioni di crescita di Usa e zona euro”. A giudizio del capo economista di Carmignac, la stretta monetaria non avrà un impatto negativo sul mercato immobiliare Usa, mentre inciderà nei Paesi che hanno mercati del real estate già inflazionati, come Hong Kong, Nuova Zelanda e Australia.
Kevin Thozet, membro del comitato investimenti di Carmignac, stima una riduzione dell’esposizione al rischio per effetto del rallentamento del ciclo economico. A beneficiarne, a suo dire, saranno le grandi corporation, che hanno prospettive di crescita di lunghissimo termine, e, per quanto riguarda il reddito fisso, la parte breve della curva. “Nell’azionario e nei bond”, aggiunge Thozet, “la sottoperformance della Cina quest’anno potrebbe portare a uno scenario favorevole nel 2022”. Carmignac, inoltre, considera con favore i titoli di debito a breve termine e il dollaro come strumenti di hedging.
Da ultimo, Thozet dice che Carmignac non è esposta al debito sovrano italiano in vista della conclusione nel 2022 del programma straordinario di acquisto di asset da parte della Bce (Pepp). “Pensiamo”, conclude l’investment manager, “che la Bce proseguirà con gli acquisti di asset anche dopo la conclusione del Pepp, ma per un ammontare ridotto a 20 miliardi al mese”.
La transizione energetica come motore della crescita
Valentijn van Nieuwenhuijzen, chief investment officer di NN Investment Partners, nota che “le prospettive per il 2022 sono più complesse e difficili da prevedere. Per i mercati, è probabile che siano tre i macro-temi dominanti: una generale convergenza tra i decisori politici su una maggiore presenza dello Stato nella gestione di spese strategiche, livelli di disuguaglianza; l’inflazione, che indirizzerà l’azione delle banche centrali e la forza della ripresa economica; la dimensione della sostenibilità, che crea nuove opportunità di investimento sul mercato dei capitali”.
Secondo van Nieuwenhuijzen, “la crescita economica sarà sempre più legata alla sostenibilità con la transizione climatica che creerà nuove opportunità di investimento. Qui la capacità delle case di gestione di creare valore farà la differenza. L’innovazione sul fronte Esg è un tema chiave. Le tecniche di machine learning e l’impiego di algoritmi di intelligenza artificiale di nuova generazione stanno fornendo un contributo sempre più decisivo nell’estrarre valore dai dati non strutturati, consentendoci di condurre analisi più approfondite sui progressi Esg di un’azienda. L’aggiunta di fonti alternative rispetto al reporting aziendale arricchisce la nostra prospettiva sui meriti Esg delle società in cui investiamo e ci aiuta a prendere decisioni di investimento migliori e a migliorare la nostra performance”.
NN IP vede alcune opportunità d’investimento interessanti per il 2022. Nonostante l’incertezza, il contesto di mercato sarà ragionevolmente costruttivo per la crescita e gli asset rischiosi, per esempio le materie prime e le azioni. Nell’azionario, l’asset manager olandese propende per la zona euro. Van Nieuwenhuijzen nota che “l’Italia è in una posizione ottimale come non lo era mai stata prima: le opportunità di crescita sono al loro livello più alto da molto tempo a questa parte. I principali freni per l’Italia per molti decenni sono stati l’alto livello di debito e il lento incremento della produttività; un percorso di crescita più sostenuto è l’unico modo politicamente praticabile in cui l’Italia può ridurre il suo debito sovrano”.
Portafoglio ancora risk-on
Marco Oprandi, head of cross asset solutions di Cirdan Capital, ritiene che, nonostante i fattori di incertezza, per l’anno prossimo continui a essere preferibile “un’esposizione pro-risk sull’azionario. Crediamo che la tradizionale allocazione di portafoglio (60% azionario e 40% obbligazionario) non sia quella ideale, considerando i bassi livelli di tassi d’interesse. Quindi, l’equity market risulterebbe più attraente sotto un profilo di rendimenti, nonostante l’anno passato sia stata un’ottima annata per l’azionario in generale. Tendenzialmente, crediamo che tale mercato possa registrare una buona performance, ma non superiore a quella del 2021. Dunque, per massimizzare i rendimenti mantenendo un profilo di rischio/rendimento moderato, reputiamo che il settore dei pro-ciclici possa risultare attraente, comprando azioni del settore con i prezzi a ribasso (il cosiddetto buy the dip). Allo stesso modo”, conclude Oprandi, “favoriamo le opzioni call a lunga scadenza, che ci aspettiamo possano performare meglio di quelle a breve scadenza, aggiungendo così leva nel portafoglio”.
La riscoperta degli emergenti
La ricerca del rendimento potrebbe spingere gli investitori a guardare con maggiore interesse agli emergenti. Pierre-Henri Cloarec, portfolio manager del fondo Nordea 1-Emerging Stars Equity di Nordea AM, invita a tornare a considerare nei portafoglio gli asset della Cina, perché il presidente Xi Jinping spingerà la crescita economica a sostegno di una conferma della leadership politica. E poi suggerisce di guardare al Brasile, sebbene “le elezioni presidenziali creino incertezza, le valutazioni sono attraenti e le società sono market leader e solide, hanno aumentato le quote di mercato.
Nick Payne, co-head of strategy, global emerging markets di Jupiter AM, sottolinea che “le società nei mercati emergenti hanno imparato le dure lezioni del Covid e pongono sempre più enfasi sulla resilienza, anche a costo della massimizzazione dell’efficienza. Il Covid e le sue conseguenze hanno mostrato la fragilità delle catene di approvvigionamento globali e della filosofia di gestione just-in-time. Navi container in ritardo, la difficoltà per i produttori di auto a procurarsi microchip, l’aumento dei costi dell’energia e l’inflazione sono solo alcune delle conseguenze della pandemia.
Arjun Madan, fixed income global portfolio strategist di Capital Group, afferma che “gli effetti base e le strozzature sul fronte dell’offerta dovrebbero attenuarsi con il tempo, ma i prezzi delle materie prime o il pass-through del tasso di cambio all’inflazione core ed eventuali rafforzamenti della domanda interna potrebbero determinare effetti più duraturi, in particolare se hanno un impatto sulle aspettative di inflazione. Di seguito, i fattori che guidano l’inflazione nei mercati emergenti”.
Madan aggiunge che “la politica monetaria ricopre un ruolo importante nelle dinamiche inflazionistiche a lungo termine, soprattutto nelle aspettative d’inflazione. Con la globalizzazione delle filiere l’inflazione sta diventando sempre di più una dinamica globale. I Paesi emergenti dovranno continuare a prestare attenzione all’inflazione elevata e alle politiche monetarie dei Paesi sviluppati. Riteniamo che probabilmente i mercati ricompenseranno le banche centrali proattive”.
Citi, m&a on fire anche nel 2022
Citi ha dedicato un focus ai capital markets. Alison Harding-Jones, head of Emea m&a, nota che “è un periodo incredibile per l’attività di merger and acquisition, mai visto prima. E sarà così ancora per un po'”. All’attivismo dei fondi di private equity, sostenuti dal costo del denaro a zero, si aggiunge lo scouting delle grandi corporation, “sotto pressione per generare valore per gli azionisti”.
James Fleming, global co-head of equity capital markets di Citi, ritiene che “le banche centrali potrebbero diventare un po’ più hawkish, ma in termini relativi la liquidità resterà forte e gli utili nel complesso potrebbero salire”. Un motore, forse il principale, dell’attività di m&a sarà la transizione energetica.
Simon Francis, Emea head of debt financing di Citi, aggiunge che l’enorme liquidità sul mercato continuerà a dare un supporto all’attività di m&a locali e cross-border. Anche le emissioni di debito saranno condizionate dalla transizione energetica, con “una percentuale crescente di Esg bond”. In generale, secondo Francis, “nei prossimi due anni la big issue sarà la sostenibilità di ogni prodotto finanziario, Esg e non-Esg”.