Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 15 marzo scorso, viene introdotta una nuova soglia di investimento minima nei fondi alternativi riservati italiani per alcuni sottoscrittori retail: tale nuova soglia si identifica in un importo pari a 100mila euro (fermo l’attuale taglio minimo di 500mila euro per la più generale platea degli investitori non professionali) avvicinando così il mercato italiano alle analoghe previsioni già vigenti in altri paesi europei.

La volontà del legislatore è chiaramente individuata dal decreto ministeriale – che entrerà in vigore il 30 marzo 2022 – nell’intento di ampliare l’accesso a tali prodotti da parte di clienti con patrimoni di medie/grandi dimensioni, in un’ottica di medio/lungo periodo e per favorire ulteriori investimenti nell’economia reale.

Sussistono però talune condizioni al ricorrere delle quali il collocamento del Fia riservato può avere luogo nei confronti del cluster di clientela retail che si colloca nella forbice tra i 100mila euro e i 500mila euro: la sottoscrizione deve avvenire nell’ambito della prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti e l’importo sottoscritto non può superare il 10% del cosiddetto “portafoglio finanziario”.

La norma definisce il portafoglio finanziario come il valore complessivo determinato dalla somma di depositi bancari, prodotti di investimento assicurativi e strumenti finanziari detenuti presso i diversi intermediari di cui si serve il sottoscrittore e pone in capo a quest’ultimo l’onere di informare i soggetti presso i quali perfezionerà l’investimento in fondi di investimento alternativi. È significativo dunque il fatto che il gestore possa fare affidamento sulla dichiarazione resa dal cliente relativamente alla consistenza del proprio portafoglio finanziario. Questa ampia nozione di portafoglio finanziario, che peraltro non si chiede espressamente che venga considerata al netto degli eventuali debiti dell’investitore, dovrà essere valutata dall’intermediario assieme alla verifica di adeguatezza sottesa alla prestazione del servizio di consulenza, che, come detto, deve necessariamente essere abbinata alla sottoscrizione da parte di clienti retail che intendano investire meno di 500mila euro in Fia riservati nazionali.

Analoghe possibilità sono offerte anche ai clienti non professionali nel caso di adesione al servizio di gestione di portafoglio. Anche in questo caso con un limite minimo di investimento pari a 100mila euro, che parrebbe per contro non trovare un razionale significativo, stante la sottesa tutela garantita dalla prestazione professionale del servizio, assicurata dal gestore del portafoglio.

Guardando all’industria, se da un lato si aprono nuove possibilità per avvicinare i risparmiatori all’economia reale, dall’altra occorrerà definire i modelli alla base del funzionamento dei Fia – in primis la necessità di conciliare un investimento che avviene tipicamente nel tempo, tramite richiami successivi di capitale e la semplicità operativa – così come l’illustrazione e la definizione di strategie chiare e trasparenti per gli investitori.

Diversificazione geografica, settoriale e nelle strategie di investimento, un processo di selezione rigoroso e un reporting dettagliato costituiranno gli elementi fondamentali per approcciare la nuova platea di investitori e al contempo si rivelano essenziali per caratterizzare i fondi alternativi riservati rispetto ad altri strumenti di investimento della “galassia alternative” già presenti sul mercato retail (ELTIF, Sicaf, fondi alternativi non riservati).

 

Gli autori

Dino Abate è Partner di Studio Atrigna & Partners, Silvia Garino è Consigliere di Fenera & Partners SGR

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