Prima la spinta del segmento low cost. Il contenimento dei prezzi ha consentito alle compagnie di mantenere i  volumi consistenti (e quindi i voli pieni). Poi il ritorno delle compagnie aeree legacy, in netta crescita grazie al segmento business, con tanto di prezzo dei biglietti in aumento. Tutto questo si traduce in una particolare vivacità del settore, che ha permesso ad Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna, società quotata in Borsa a Piazza Affari, una performance commerciale al di sopra delle aspettative, anche per il comparto non aviation: parcheggi e servizi retail, per fare un paio di esempi, avrebbero potuto subire l’influenza negativa dell’inflazione e degli aumenti dei costi a causa dei settori geopolitici. Non è accaduto.

E così ricavi consolidati a 76,5 milioni di euro, +14,2% rispetto al 2023. Ebtida +33,8% a 25,1 milioni, utile +58% con 10,8 milioni di euro (rispetto ai 6,8 milioni di giugno 2023). Numeri che si traducono nel superamento della pandemia con oltre 2 anni di anticipo rispetto alle previsioni. D’altronde Aeroporto di Bologna, 277 milioni di capitalizzazione di mercato, gode anche di un eccellente posizionamento strategico, ed ecco spiegata una performance dei conti a fine primo semestre decisamente positivo, che si integra agli oltre 5 milioni di passeggeri tra gennaio e maggio, +10% rispetto al 2023. Si guarda al futuro: 200 milioni di investimenti all’interno di un piano quinquennale che va a concludersi nel 2028. 

Questi dunque i numeri. Che il Ceo di Aeroporto di Bologna Nazareno Ventola commenta in esclusiva a Dealflower: “Partiamo dal presupposto che Bologna è un’area molto attrattiva. Ed è una fortuna, non certo un merito, quella di poter lavorare con un bacino di utenza che possiede un’alta propensione al viaggio. Siamo favoriti dalla vicinanza al centro della rete dell’alta velocità e della rete autostradale. E chiaramente facciamo leva su questo”. 

Risultati gestionali molto positivi per Aeroporto di Bologna. In attesa dei conti del terzo trimestre, si è chiusa la stagione estiva. Bilancio?

“Luglio e agosto portano con sé una media di un milione di viaggiatori al mese. Arriviamo dunque a quota 7 milioni di passeggeri nei primi 8 mesi dell’anno. Se consideriamo che questi numeri sono stati raggiunti a dispetto della presenza di alcuni cantieri per l’ampliamento del terminal, possiamo considerarlo un ottimo risultato”.

Grazie alla spinta del segmento low cost. 

“Il potere di spesa delle persone non è stato ancora messo in discussione. Certamente il tema è centrale, perché dopo il Covid c’è stata un’inflazione in netta salita anche a causa della crisi geopolitica. Ma la domanda non ha conosciuto rallentamenti. Le persone hanno deciso di spendere di più in esperienze rispetto ai beni durevoli”.

Tradotto: il frigo o l’automobile nuova aspetto a comprarli, ma al viaggio non rinuncio. 

“Il revenge travelling non è un fenomeno di quest’anno ma è ancora piuttosto vivace. E il tema diventerà: quanto è sostenibile? Non può certo durare all’infinito. Riteniamo che nel medio termine il fenomeno si possa erodere”.

Mica per niente le compagnie low cost iniziano a registrare cali importanti di redditività.

“Ma non dei volumi. Ed è il motivo per cui abbiamo avuto un aumento di passeggeri e di spese nel non aviation. La strategie di Ryanair e sorelle è stata, in linea di massima, sostenere i volumi abbassando i prezzi. E quindi costi minori per il consumatore per stimolare la domanda e riempire gli aerei. La domanda che ci poniamo è: riusciranno a perseguire questa linea ancora nel futuro?”

Lufthansa, Air France e le altre legacy intanto vedono migliorare l’ambito business. 

“Il segmento è più spendente, i risultati sono migliori rispetto alle low cost. I biglietti business sono aumentati in maniera significativa nell’ultimo anno. Un volo intercontinentale su Asia e Nord America ora costa il 20-30% in più sulla classe business. Due strategie completamente diverse: le legacy stanno puntano sull’yield, le low cost, come detto, sui volumi”. 

Prima ha accennato ai cantieri in Aeroporto di Bologna: avete avuto disagi nella gestione del picco di agosto?

“Non ci nascondiamo. Certamente i viaggiatori che passano di qui sono esigenti. Noi alimentiamo gli hub nazionali e internazionali e nel periodo del picco estivo non sempre siamo stati in grado di offrire il miglior livello di servizio possibile. Ma è proprio perché intendiamo garantire un servizio di qualità superiore che abbiamo 200 milioni di investimento nel piano quinquennale 2024-2028. Di queste risorse ne abbiamo impiegati circa 100 milioni”.

Come li avete spesi?

“Siamo in fase espansiva. Stiamo migliorando spazi e sicurezza, con l’inserimento delle macchine radiogene che permettono il controllo dei bagagli a mano senza estrarre i liquidi. Nella primavera del 2025 concluderemo il primo lotto del nuovo parcheggio multipiano di oltre mille posti, un servizio che arriva dal segmento del business e dalla altissima domanda che registriamo in estate”.

Pensa che i risultati del primo semestre saranno confermati anche a fine anno?

“Riteniamo di sì, salvo elementi straordinari non pronosticabili. In realtà stiamo già guardando al 2025, un anno importante perché darà i primi risultati tangibili sul tema degli investimenti. Prevediamo un traffico rallentato nella crescita per la capacità limitata per la fase finale dei lavori sul terminal, anche sul fronte dell’accoglienza passeggeri. Il traffico sarà leggermente inferiore al 2024 ma sono risultati che abbiamo già fattorizzato e digerito nella nostra programmazione.

Poi essendo il settore regolato, abbiamo una concessione con l’Enac e ovviamente ci sono investimenti all’interno di questa concessione, 200 milioni nel quadriennio 2023-2026. A questo orizzonte temporale se ne aggiunge un altro, un piano regolatore infrastrutturale di lungo periodo. Siamo al lavoro sul masterplan 2016-2030. E quindi ci rimangono sei anni, ma considerati i tempi di approvazione su questi processi (per citarne solo uno, l’impatto ambientale), inizieremo a darci da fare per il prossimo masterplan, 2031-2046, che è data ultima della concessione”.

Servirebbe un consolidamento del settore aeroportuale per ottimizzare costi, tempistiche e ricavi. 

“Non abbiamo nel radar operazioni m&a e crescita linee esterne. Gli azionisti (Camera di Commercio di Bologna 39%, Mundis 29,4%, F2i Aeroporti 9,9%, Comune e Città Metropolitana 6% e Regione Emilia Romagna 2% NdR) ci hanno chiesto priorità per la messa a terra del piano investimenti ed è quello che stiamo facendo”.

Però il consolidamento resta un argomento attuale, non solo per le banche, vedi Unicredit – Commerzbank. 

“L’ultima operazione è stata quella di Toscana Aeroporti, con Pisa e Firenze. Da tempo si parla di Bergamo e Milano ma non è mai successo nulla, dell’unione degli aeroporti siciliani ma anche qui solo rumors mentre il sistema campano ha messo insieme Napoli e Salerno. Può esserci bisogno di un consolidamento per aumentare, in certe situazioni, il potere negoziale sulle compagnie aeree ma serve innanzitutto la volontà degli azionisti”.

E gli azionariati sono molto diversificati.

“Certo, sono molto diversificati in base alle singole realtà. Il primo aeroporto italiano, Aeroporti di Roma, ha una gestione privata. Il Gruppo Sea è poi un misto tra pubblico e privato: c’è il comune di Milano e poi F2i, secondo azionista, con gestione. Il fondo è presente anche in Aeroporto di Bologna e di Napoli mentre in Sicilia è ancora tutto pubblico. Chiaramente il Regolatore guarda al sistema, ma più come una sorta di auspicio per aumentare la capacità in ottica dello sviluppo del territorio grazie agli aeroporti che lavorano assieme. Non è detto però che il tutto coincida necessariamente con quella che dovrebbe essere la singola scelta industriale”.

Il suo parere quindi qual è? Questo consolidamento serve o no? 

“Credo sia corretto che il regolatore faccia delle proposte. Ma credo anche che alla fine sia il mercato a dover decidere. Non deve essere una scelta politica ma di mercato, tra soggetti che riescono a creare insieme un valore superiore a quello singolo”.

Qualcosa si muove lato fondi privati. Vedi l’aeroporto di Parma e l’investimento del fondo canadese (leggi la notizia qui)

“Parma giustamente cercava un socio industriale per crescere. L’ha trovato, ma l’operazione con il private equity canadese è appena entrato. È un’area esigente come la nostra anche se molto diversa, e c’è grande attesa per il percorso che stanno per intraprendere”.

Vede di buon occhio l’ingresso di fondi stranieri?

“Se entrano significa che vedono opportunità di mercato e che l’investimento può avere un ritorno. Se è così, tutti possono beneficiarne. Inoltre darebbe visibilità al settore”.

Tutti, quindi anche Aeroporto di Bologna.

“(Sorride) Questo va chiesto in primis ai soci”.

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