Ci stiamo avvicinando all’ultimo mese dell’anno: quali prospettive ci attendono? L’andamento dell’azionario è influenzato da forze contrapposte. Tra i fattori positivi, troviamo la stagionalità favorevole, i buyback, i Trump Trade, le sorprese macro e le aspettative di una crescita degli utili a due cifre. Dall’altro lato, pesano valutazioni elevate, un premio al rischio ai minimi storici, una Fed potenzialmente meno accomodante, il potenziale impatto delle guerre tariffarie e l’aumento delle tensioni geopolitiche.

Grande attesa per i risultati di Nvidia la scorsa settimana, che ha chiuso il trimestre con un fatturato record di oltre 35 miliardi di dollari, +94% su base annua, e un utile per azione di 81 centesimi, entrambi superiori alle attese. La divisione dei data center ha trainato la crescita, con ricavi raddoppiati a 30,8 miliardi, sebbene metà del fatturato derivi da un ristretto gruppo di clienti, i fornitori di servizi cloud come Microsoft e Amazon. Nonostante la forte domanda per il nuovo chip Blackwell e per il precedente Hopper, l’attenzione degli investitori si è concentrata sulla guidance più cauta per l’ultimo quarto dell’anno. Il fatturato stimato a 37,5 miliardi è inferiore alle aspettative più ottimistiche. Inoltre, nello scorso trimestre i margini di profitto sono scesi dal 75% al 73 a causa dei costi di produzione, anche se Nvidia rimane leader di settore con margini notevolmente superiori ai concorrenti e prevede un recupero il prossimo anno. La domanda di intelligenza artificiale continua a trainare il business, Nvidia si trova in una posizione dominante ma si deve tenere conto delle sfide legate alla concentrazione dei clienti e ai limiti di fornitura.

La stagione delle trimestrali volge al termine, con lo Standard & Poor’s che registra la più forte ripresa degli utili senza recessione dagli anni ’90, come sottolineato da Bloomberg Intelligence. Con il 95% delle aziende che ha riportato, la crescita degli utili del terzo trimestre si attesta attualmente all’8,2%, con un aumento medio dell’8,7% dal termine della contrazione nel secondo trimestre 2023. Un caso simile si era verificato nel 2017, durante una mini-recessione non ufficiale, con Trump alla Casa Bianca. Questo trend offre una solida base agli Eps, in grado di assorbire potenziali shock legati all’introduzione di nuovi dazi.

Dollaro superstar o, meglio, euro debole: i segnali di una possibile recessione nella zona euro emergono dall’indice dei direttori degli acquisti di novembre, risultato significativamente più debole del previsto.

L’euro/dollaro ha testato nuovamente il supporto a 1,05, già difeso tre volte dall’inizio del 2023. La conferma della violazione di questo livello giovedì potrebbe favorire una fase di ulteriore indebolimento dell’euro. La riduzione delle aspettative di tagli dei tassi negli Stati Uniti ha rafforzato ulteriormente il biglietto verde, in netto contrasto con l’area euro, dove emergono segnali di un possibile intervento più incisivo da parte della BCE, anche alla luce degli indicatori anticipatori di novembre.

Questo contesto di pressione ribassista sull’euro continua a giustificare il sovrappeso di dollari in portafoglio, nonostante la nomina di Bessent a Segretario del Tesoro, il cui approccio più ortodosso e orientato alla riduzione del deficit di bilancio potrebbe, in prospettiva, indebolire il dollaro. Guardando agli eventi della scorsa settimana, si osserva come la rottura del supporto del trading range 1,05–1,12 abbia innescato ulteriori pressioni al ribasso, amplificate dai movimenti del mercato delle opzioni. La violazione del livello tecnico ha infatti attivato ricoperture automatiche, accelerando il movimento.

Sull’autore

Massimo De Palma è Head of Multi Asset Team di Gam Italia Sgr

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