La stagione del cambiamento in tema di gender gap ha preso il via anche per le banche non quotate.
L’estate 2021 ha infatti visto una novità dispositiva emanata dalla Banca d’Italia che riguarda i gruppi bancari e le banche non quotate che operano in Italia, quindi tutte quelle non destinatarie della Legge Golfo- Mosca.
La Banca d’Italia, con l’ aggiornamento della circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 che riguarda il Governo societario delle banche, ha introdotto nelle disposizioni di vigilanza la prescrizione di una quota di genere minima pari al 33% sia nei Consigli di amministrazione che nei Collegi sindacali.
L’intervento regolamentare trova la ratio nell’art. 53, comma 1, lett d) del TUB che attribuisce alla Banca d’Italia il potere di emanare disposizioni in tema di governo societario e organizzazione. In seguito a tale prescrizione le banche dovranno, pertanto, adeguarsi al primo rinnovo integrale dell’organo effettuato dopo gennaio 2022, ovvero e in ogni caso entro il 30 giugno 2024. Mentre per le banche di piccole dimensioni questo obbligo è previsto entro il giugno 2024 per il 20% ed entro il 2027 per il 33%.
Si tratta di un’importante conquista per le banche non quotate, che rimangono fuori dell’obbligo normativo del 40% delle quote previsto della Legge Golfo-Mosca. Vi è pero’ una differenza: le banche quotate rimanendo soggette al profilo sanzionatorio previsto dalla legge, qualora non si adeguino avranno la decadenza alla terza di diffida dell’intero organo. Per quanta riguarda, invece, la disposizione testé emanata dalla Banca d’Italia che riguarda tutte le banche non quotate, in caso di mancato rispetto della disposizione non è previsto la sanzione della decadenza dell’intero organo.
Tuttavia, dal momento che la Banca d’Italia è l’autorità nazionale competente nell’ambito di meccanismo di vigilanza unico sulle banche che operano nel nostro ordinamento, una prescrizione emanata in tal guisa risulta vincolante. Altresì, il meccanismo delle quote dovrà essere previsto negli statuti, significa che qualora gli statuti delle banche non quotate non lo prevedono dovranno inserirlo.
La Banca d’Italia ha formulato anche due importanti raccomandazioni in termini di “buona prassi”. Le raccomandazioni, però, non hanno, al contrario delle prescrizione, natura vincolante: la prima raccomandazione è che nei comitati endo-consiliari, obbligatori o meno, vi sia un componente del genere meno rappresentato; la seconda è volta a prevedere una diversità di genere tra le cariche di vertice.
Inoltre, è stata prevista anche per le banche di minore dimensione la necessità di procedere all’approvazione di policy per la promozione della diversità e della inclusività.
Importante messaggio di cambiamento è arrivato, quindi, dalla Banca d’Italia che si allinea all’orientamento europeo e nello specifico alla Direttiva (U.E) c.d “CRD V” e linee guida EBA in un settore, come quello bancario, che fino ad ora era tra quelli maggiormente sotto rappresentato.
La disposizione voluta dalla Banca d’Italia si saluta con grande auspicio, tuttavia la riflessione a latere che ci consegna è quella che, ancora una volta, è stata necessaria l’introduzione della prescrizione del meccanismo di quota minima perché l’Italia ancora non dimostra una completa maturità per un cambiamento culturale sulla parità di genere. Infatti, ad oggi, il soffitto di cristallo si è sfondato solo là dove trova applicazione la legge Golfo- Mosca mentre dove non trova applicazione il meccanismo delle quote della legge 120/2011 i numeri sono fermi al palo.
E questo accade per tutti i Cda delle società non quotate anche nel caso di imprese di larga dimensione. Si pensi alle posizioni apicali come nel caso della figura di amministratore delegato delle stesse quotate, per le quali non è prevista nessuna disposizione normativa e dove non a caso le figure femminili che le ricoprono sono un numero piccolissimo.
Alla base vi è proprio un approccio culturale che fatica scardinarsi e che ancora ha bisogno dell’alimentatore del motore del meccanismo prescrittivo di quota per farlo decollare. Il Presidente del Consiglio ha manifestato sin dall’inizio del suo mandato sensibilità per l’enpowerment women, ha posto in essere nella sua azione di governo, recentemente, una concreta strategia di azione per la parità di genere. Ci auguriamo, quindi, che il Premier Draghi, di ampio respiro internazionale e autorevolezza, possa porre in Italia un forte imprimatur prima che giuridico culturale per la realizzazione della buona causa della parità di genere.