Dall’analisi dei conti delle principali banche al 30 settembre, Intesa Sanpaolo si conferma regina del settore italiano. L’istituto di credito guidato da Carlo Messina ha registrato nei nove mesi dell’anno un utile netto di 4,4 miliardi di euro, escludendo il de-risking riguardante la Russia, “pienamente in linea con l’obiettivo del piano di impresa 2022-2025 di oltre 5 miliardi per l’anno in corso”. La banca ha fornito inoltre un aggiornamento sulle stime finanziarie per il 2022 e ha deliberato un acconto sul dividendo 2022 di 0,0738 euro per azione (per 1,4 miliardi complessivi), in pagamento dal 23 novembre. La formula del piano di impresa e, in particolare, l’obiettivo di 6,5 miliardi di utile netto al 2025 sono confermati.
Ca’ de Sass ha dimostrato di saper ripulire il proprio bilancio “dagli npl, dagli effetti della pandemia e lo abbiamo fatto ora con la Russia. È uno dei nostri modi per arrivare a una profittabilità di lungo periodo e non solo a risultati breve periodo”, ha spiegato il ceo Carlo Messina, durante la call con gli analisti che ha seguito la pubblicazione dei risultati dei primi nove mesi del 2022. “Il rapporto con gli azionisti rimane una priorità e rimaniamo concentrati sulla distribuzione prevista dal nostro piano”, ha spiegato. Ciò è permesso dal fatto che la banca abbia “raggiunto lo status di Banca Zero-npl, e ora anche Zero-Russia exposure“, anche perché l’esposizione verso la Russia è scesa allo 0,3% dei crediti a clientela complessivi del gruppo. L’istituto ha “raggiunto un npl ratio netto all’1%, raggiungendo già l’obiettivo di piano”, con un flusso di crediti deteriorati ai minimi storici e copertura in crescita nel terzo trimestre.
Unicredit buona
Quanto alle altre banche, partiamo da Unicredit che archivia i primi nove mesi dell’anno con utile che sale a 4 miliardi. Nello stesso periodo dello scorso anno il risultato era stato di 3 miliardi. L’utile del terzo trimestre è di 1,7 miliardi includendo la Russia (1,3 miliardi escludendo la Russia). Il consensus degli analisti prevedeva 1 miliardo. Il Cet1 ratio di gruppo è pari al 15,41 per cento, in calo di 32 pb su base trimestrale, e include la riduzione di capitale della seconda tranche di riacquisto di azioni proprie, e con una robusta generazione organica di capitale esclusa la Russia e un contributo positivo della Russia, che compensano gli impatti derivanti dalla maturazione dei dividendi, dal quadro normativo avverso e da altre poste.
Le esposizioni deteriorate lorde si sono attestate a 13 miliardi nel terzo trimestre (-35,9% rispetto allo stesso periodo del 2021), generando un rapporto tra crediti deteriorati lordi e totale crediti lordi del 2,8%, mentre le esposizioni deteriorate nette si sono attestate a 6,5 miliardi (-25,6%) con un rapporto tra esposizioni deteriorate nette e totale crediti netti dell’1,4%. Le sofferenze lorde si sono attestate a 3 miliardi (-53,1%) con un rapporto di copertura del 76,8 per cento, le inadempienze probabili lorde (Utp) si sono attestate a 9,2 miliardi, con un rapporto di copertura del 42%. La buona dinamica commerciale, il contesto favorevole dei tassi di interesse e l’approccio disciplinato sui costi “hanno portato a un ulteriore miglioramento della guidance 2022 di Unicredit, con un utile netto superiore ai 4,8 miliardi di euro per l’anno, escludendo la Russia” afferma il comunicato della banca.
Per Carige terzo trimestre a break-even, pronta alla fusione con Bper
Banca Carige al 30 settembre ha registrato un risultato netto sostanzialmente a break-even (-2,9 milioni di euro), pur includendo oneri sistemici per 21,3 milioni (sui 31,8 milioni complessivamente contabilizzati nei 9 mesi). Il terzo trimestre chiude con un risultato economico in pareggio (-0,2 milioni), mentre i primi nove mesi dell’esercizio 2022 chiudono con un risultato netto negativo pari a 224 milioni (di cui 221 milioni relativi ai primi sei mesi dell’anno). La qualità del portafoglio crediti si conferma elevata anche nel trimestre con un’incidenza dei crediti deteriorati netti pari al 2,7% ed un coverage medio del 54,1% inclusi i write-offs.
I crediti deteriorati, che in passato avevano rappresentato a lungo il vero macigno sui conti di Carige, sono oggi al 2,7%, il Cet1 è salito al 13,2% e il Total Capital ratio è al 15,6%. Nel terzo trimestre, il Margine operativo lordo è positivo per 40,5 milioni, il miglior risultato operativo dal 2016 (6 volte il Mol del terzo trimestre del 2021 e 2 volte il Mol dei precedenti trimestri del 2022), mentre il Margine operativo netto è positivo per 23,6
L’istituto ligure ha dunque consolidato il percorso di risanamento e rilancio della redditività prima della fusione per incorporazione in Bper Banca, approvata qualche giorno fa dalle assemblee di Banca Carige e Banca del Monte di Lucca. Inoltre la Bce ha autorizzato la modifica dello statuto del gruppo modenese. Secondo l’ad Piero Montani si tratta di una “operazione fondamentale. Siamo molto contenti. Avremo 5 milioni di clienti, dovremo lavorare sulla qualità del servizio”.
Banco Bpm
Infine Banco Bpm. Nonostante il difficile quadro macroeconomico, “lo sforzo commerciale e organizzativo del gruppo ha fatto registrare ottimi risultati operativi”, spiega la banca guidata da Giuseppe Castagna, con una redditività a livelli record che ha consentito il raggiungimento di un risultato netto pari a 510 milioni euro, che sale al livello di 652 milioni in termini di risultato netto adjusted, che rappresenta il miglior risultato dalla nascita del Gruppo Banco Bpm.
La banca ha registrato un cost/income ratio pari al 54,4% in miglioramento rispetto al 55,2% dei primi nove mesi del 2021 e al 55,8% dell’intero esercizio 2021. Le rettifiche su finanziamenti alla clientela si attestano a 498 milioni in riduzione del 26,1% rispetto al 30 settembre 2021, pur garantendo il mantenimento di un solido profilo di copertura dei crediti. L’ulteriore progresso del processo di derisking (-1,8 miliardi nei nove mesi) ha consentito di proseguire nell’azione di riduzione dei non performing loans, la cui incidenza sul totale dei crediti lordi si riduce al 4,7%, portando il totale dei crediti non performing lordi da 6,6 miliardi di settembre 2021 ai 5,3 miliardi. Si conferma molto solida la posizione patrimoniale con un Cet 1 ratio e l’Mda buffer fully phased con l’applicazione del Danish Compromise rispettivamente al 12,4% e a 387 punti base. A livello stated il Cet 1 Ratio phased-in e il Cet 1 Ratio fully phased si attestano rispettivamente al 13,50%18 e al 12,05%.
Per l’intero esercizio il management prevede un significativo miglioramento dell’utile netto del gruppo rispetto al 2021, con un trend che supera sia la traiettoria di redditività che i target complessivamente delineati nel Piano Strategico.
Le banche sono ancora sotto la lente delle agenzie di rating
Nonostante le performance positive del sistema bancario, Moody’s abbassa l’outlook delle banche italiane a negativo. Nel dettaglio solo gli istituti di credito di Austria e Regno Unito si salvano dalla scure dell’agenzia di rating. Gli outlook sulle banche di Italia, Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Polonia e Slovacchia sono stati abbassati dall’agenzia di rating americana da stabili a negativi. Non solo la crisi energetica, l’inflazione elevata in seguito all’invasione russa dell’Ucraina e l’aumento dei tassi di interesse indeboliscono la crescita economica, ma per Moody’s l’aumento dei prezzi e dei tassi influenzerà il merito creditizio di molte imprese e famiglie, innescando la formazione di nuovi crediti problematici.
Nel caso dell’Italia l’outlook passa da stabile a negativo a causa del rischio di stagflazione (presenza in contemporanea di un aumento dei prezzi e di una mancanza di crescita dell’economia). “Abbiamo modificato l’outlook sul settore bancario italiano da stabile a negativo in quanto le condizioni operative si deterioreranno ulteriormente nei prossimi 12-18 mesi, indebolendo la qualità dei prestiti, la redditività e l’accessibilità ai finanziamenti delle banche”, ha affermato Guy Combot, VP-Senior Analyst di di Moody’s, prevedendo che la crescita del Pil italiano sarà pari a zero nel 2023, rispetto al 2,7% stimato per quest’anno, a causa dell’impatto del conflitto militare in Ucraina, della crisi energetica e dell’inflazione elevata.
Secondo l’agenzia di rating, le misure governative, per quanto concrete, “non forniranno una protezione completa e i prestiti problematici aumenteranno. Infatti, prevediamo che l’aumento dell’inflazione e il peggioramento delle condizioni economiche porteranno a un aumento dei nuovi prestiti non performanti, gli Npl, nel 2023 e nel 2024. Prevediamo anche che le banche italiane continueranno a smaltire e cartolarizzare gli Npl nel 2023. Tuttavia, i valori di recupero degli Npl probabilmente scenderanno in un contesto depresso e i benefici derivanti dalle vendite di Npl saranno inferiori a quelli degli ultimi cinque anni”, ha avvertito l’esperto di Moody’s. Gli Npl in pancia alle banche italiane sono scesi al 2,6% del totale dei prestiti a giugno 2022 dal 3,1% di fine 2021 e dal 4,1% di fine 2020, ma sono rimasti al di sopra della media Ue pari all’1,8%.