Legali di Banco Bpm al lavoro. Per capire i possibili margini per eventuali iniziative strategiche da contrapporre all‘Ops di Unicredit definita ostile dall’istituto di Piazza Meda, evitando la ‘passivity rule’, regola che mira a salvaguardare la contendibilità delle società quotate impedendo che gli amministratori attuino “iniziative difensive” per scongiurare offerte e scalate esterne (leggi qui i dettagli dell’offerta pubblica di scambio del gruppo guidato da Andrea Orcel).

Tra le possibili mosse, che ovviamente dovrebbero essere approvate da una assemblea straordinaria, la fusione con un’altra banca, nella fattispecie Mps, operazione gradita al governo visto che l’istituto senese, di cui il Mef detiene ancora l’11,7%, possiede una quota di Anima Holding proprio come Banco Bpm, o in alternativa Bper, di cui Unipol è il primo azionista.

Tra le altre ipotesi, secondo il Corriere della Sera, la ricerca di un cavaliere bianco (magari di nazionalità francese? Ci torniamo dopo) che possa fare una contro-Opa, oltre che la possibilità di un buyback per far salire il prezzo del titolo.

Lettera di Castagna ai dipendenti: “Ops causerebbe 6.000 tagli”

Intanto il Ceo Giuseppe Castagna ha scritto una lettera ai dipendenti. Spiegando che Banco Bpm è una banca autonoma radicata sul territorio e vuole continuare a crescere in questa direzione: “La nostra è una forte vocazione nei confronti delle Pmi, spina dorsale del nostro Paese. Dobbiamo continuare in questa direzione, rimanendo nel solco che abbiamo tracciato”.

Uno dei passaggi chiave della lettera è il passaggio sul fatto che l’offerta di Unicredit non sia all’altezza del valore di Banco Bpm: “È questa la strada giusta per crescere da soli e non diventare oggetto di operazioni che non tengono in alcun conto il valore espresso dalla nostra banca oggi e, ancora di più, nel futuro prossimo”.

Scendendo nel dettaglio dell’Ops respinta dal Cda di Piazza Meda, Castagna sottolinea la “forte preoccupazione” per le sinergie di costi stimati dall’istituto di Piazza Gae Aulenti con eventuale fusione tra i due istituti, e che si tradurrebbero in tagli del personale della banca per oltre 6.000 dipendenti.

Opa su Anima, cosa può succedere

Conclude la lettera: “Non bisogna dimenticare che tale offerta, in conseguenza della normativa sulle Opa, rischia di limitare l’autonomia strategica del management anche con riferimento alle condizioni dell’operazione su Anima Holding”. Dunque, la mossa di Unicredit potrebbe aver messo il bastone tra le ruote ai progetti di Banco Bpm per acquisire il pieno controllo del più grande gestore di fondi italiano, di cui l’istituto milanese possiede già più del 20%.

Come anticipato operazione gradita, quella della fusione Banco Bpm-Anima, anche al governo, al lavoro per una possibile combinazione con Mps, anch’essa partner di Anima, dopo che il Mef ha venduto a premio una quota del 15% del Montepaschi di cui il 5% a Banco Bpm e un altro 3% ad Anima, portando la quota complessiva della banca guidata da Giuseppe Castagna al 9%.

Tajani contro Salvini e Giorgetti: “La politica pensi ad altro”

E la politica in questo senso continua a esprimersi sul caso UniCredit-Banco Bpm. Prima le critiche di Matteo Salvini, che ha attaccato l’istituto guidato da Andrea Orcel perché “l’azionariato italiano è la minoranza della minoranza, una banca controllata da stranieri che bada a fare acquisti di altre banche italiane per poi magari andare a chiudere sportelli e licenziare in Italia e trasferire i risparmi italiani all’estero”.

Il ministro delle Infrastrutture ha anche aggiunto: “E allora permettetemi da ministro e da italiano di difendere l’italianità rimasta del sistema bancario italiano. Mi domando perché Bankitalia non muova un dito (la risposta è: non muove un dito perché non può fare niente NdR)” e le parole del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “Golden Power? Valuteremo il da farsi” si è espresso anche Antonio Tajani.

Il vicepremier, sponda Forza Italia, ha detto: “La politica non deve occuparsi delle questioni di mercato come l’Ops lanciata lunedì a sorpresa da UniCredit su Banco Bpm. Tocca alla Bce e non a me verificare se le regole sono rispettate e lo stesso vale per me riguardo la trattativa con Commerzbank”.

Il ruolo di Crédit Agricole e Amundi

Interessante infine il ruolo strategico di Crédit Agricole. Tramite Amundi, la più grande società europea di gestione fondi detiene una partecipazione dell’1,3% in Unicredit. “La partecipazione è detenuta per conto dei clienti di Amundi ed è totalmente coerente con il business ordinario”, ha dichiarato la società rispondendo all’agenzia Reuters.

Amundi è partner dell’istituto italiano nella gestione di fondi avendo acquistato Pioneer, l’attività di fund management della banca italiana, nel 2017. All’epoca l’Italia aveva cercato di mantenere Pioneer in mani italiane, ma Amundi aveva battuto una cordata di investitori nazionali.

La particolarità sta nel fatto che Crédit Agricole è anche il maggiore azionista (la quota è del 9,1%) di Banco Bpm dal 2022, anno in cui Amundi aveva rilevato, successivamente all’ingresso del gruppo francese in piazza Meda, una quota del 5,2% di Anima, proprio il gestore di fondi su è stata lanciata l’Opa da Banco Bpm, che a sua volta Unicredit intende acquisire tramite offerta di scambio.

Ricapitolando le quote di Crédit Agricole in Unicredit e Banco Bpm

Credit Agricole, tramite Amundi, detiene il 9,1% di Banco Bpm, il 5,2% di Anima e l’1,3% di Unicredit. Anima Holding è l’obiettivo, tramite Opa depositata in Consob attraverso Banco Bpm Vita, dell’istituto di Giuseppe Castagna, a sua volta obiettivo di Unicredit.

Si può evincere da queste partecipazioni che esista la possibilità concreta che anche l’istituto francese si stia muovendo alla pari con Gae Aulenti, con l’obiettivo di salire in Banco Bpm e costruire una super banca composta anche da Amundi e Anima nel risparmio gestito. Questo spiegherebbe l’accelerazione di Unicredit, che avrebbe colto di sorpresa i diretti interessati, governo compreso. Insomma, il cavaliere bianco accennato in apertura potrebbe essere proprio Crédit Agricole. 

Tuttavia, in questi giorni il gruppo francese ha dichiarato di non ha richiesto l’autorizzazione della Banca centrale europea per superare la soglia del 9,9% in Banco Bpm, la prima delle varie soglie di rilevanza che richiedono il via libera della vigilanza. Indiscrezioni rivelano che l’idea dei francesi sarebbe quella di alleggerire la propria partecipazione approfittando dell’Ops di Unicredit, destinata secondo diversi analisti a un rilancio, con un’offerta più alta.

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