Alla fine i nodi vennero al pettine. Non che sia questo il motivo principale per cui la Bce si è spesso scagliata contro le criptovalute. Tuttavia è come se si trattasse dell’ultimo pezzo del puzzle. O del cerchio che si chiude. Come direbbe qualcuno, “nessuno è profeta in patria”. E Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, non fa eccezione. “Mio figlio ha perso tutto, o quasi, per colpa dei bitcoin. Nonostante io l’avessi avvertito più volte”.
Lo ha detto a una platea di studenti in Germania, a Francoforte, proprio la città dell’Eurotower. Senza scendere nei dettagli, e quindi non ha parlato di cifre, né di quale figlio si tratta visto che ne ha due, Pierre-Henri Lagarde, classe 1986, imprenditore nel restauro, e Thomas Lagarde, classe 1988, architetto, entrambi avuti dall’ex marito Wilfried Lagarde, del quale mantiene il cognome.
Lagarde: “Mio figlio ha perso tutto, o quasi, con le criptovalute”
“Ha perso tutto. O quasi”. E in un attimo tornano in mente le tante volte che in conferenza stampa la governatrice della Banca centrale europea ha definito le criptovalute speculative, prive di valore, uno strumento utilizzato dai criminali per attività illecite. A dire la verità non c’era nessuno in platea che abbia potuto chiederle il modo in cui suo figlio ha deciso di investire in bitcoin. A chi si sia rivolto e con quale piattaforma. “Mi ha beatamente ignorato, che è un suo diritto e privilegio -ha continuato Christine Lagarde-. E ha perso quasi tutto il denaro che aveva investito”.
L’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale ha aggiunto: “Non era molto, però l’ha perso tutto, circa il 60%. E così, quando poi ne ho parlato di nuovo con lui, ha riconosciuto con riluttanza che avevo ragione. Come si può intuire, ho un’opinione molto bassa delle criptovalute, ma è chiaro che le persone sono libere di investire i propri soldi dove vogliono e sono libere di speculare quanto vogliono”.
La Bce e l’euro digitale: cosa ha detto Panetta
L’ultimo pezzo del puzzle, dicevamo. Già, perché proprio il timore che le valute emesse privatamente possano sostituire il denaro pubblico è uno dei motivi che hanno spinto la Bce a lanciare l’idea di euro digitale. Un progetto del quale si è discusso parecchio ultimamente, l’ultimo a farlo è stato il nuovo governatore della Banca d’Italia -ed ex membro del board della Bce- Fabio Panetta: “Le valute digitali delle banche centrali apporteranno notevoli vantaggi ai pagamenti digitali. ma servono ancora degli anni prima di poter emettere una moneta digitale. Man mano che le grandi aziende tecnologiche si espandono ulteriormente nella finanza digitale, la disponibilità di una moneta di questo tipo da parte delle banche centrali, insieme a una regolamentazione efficace, sarebbero elementi necessari a garantire concorrenza, privacy e il buon funzionamento dei pagamenti”.
Il mese scorso la Bce ha avviato la cosiddetta fase di preparazione per l’euro digitale, ma ha detto anche di aver bisogno di almeno altri due anni prima di essere in grado di decidere se farlo partire o meno. Da cui deriva anche un’altra frase pronunciata da Panetta: “Serve prudenza. Ma questo non deve significare inazione”.
Per proteggere i consumatori che non sono consapevoli del rischio, sia per chiudere una falla che può essere usata per trasferire finanziamenti ai terroristi o permettere ai criminali di riciclare denaro in contanti, la Bce ha già chiesto una regolamentazione globale dei cripto asset.