Primo effetto dell’inflazione che scende (in Italia +1,8%, in Eurozona +2,9%): i trader dei mercati monetari scontano una probabilità di circa l’80% di un taglio dei tassi Bce di 25 punti base entro aprile. Una percentuale che la scorsa settimana era prezzata per un taglio a luglio.
Tradotto: il dato di ottobre ha anticipato le previsioni sulle tempistiche per una prima mossa dovish dopo i dieci rialzi consecutivi del costo del denaro. Ma non è finita. L’aspettativa infatti è per un ulteriore taglio il prossimo anno con un 50% di possibilità che entro la fine del 2024 il consiglio direttivo possa varare quattro tagli da 25 punti base, che riporterebbe il tasso di deposito al 3% (grafico sotto).
E ancora: secondo i trader la Bce sarà la prima banca centrale ad abbassare i tassi, anticipando dunque mosse analoghe da parte della Boe e della Fed. Questo dunque è il nuovo scenario, che come detto sconta la forte discesa dell’inflazione, calata oltre le attese al 2,9% in ottobre nella zona euro, a fronte di un’economia che sta attraversando una fase di prolungata debolezza.
Il capo economista Bce Lane: “fiduciosi per un soft landing”
A tal proposito, nel corso della settimana si è espresso il capo economista dell’Eurotower, l’irlandese Philip Lane, secondo cui esistono buone probabilità che per il vecchio continente si verifichi uno scenario di ‘soft landing’, che eviterà la recessione e una crisi del credito.
“Restiamo abbastanza fiduciosi che non si ripetano gli episodi del passato” commenta, riferendosi al credit crunch. “Quindi riteniamo probabile uno scenario di soft landing” aggiunge. In buona sostanza, l‘economia è in fase stagnante ma non peggiorerà, perlomeno stando ai numeri che sono in mano alla Banca centrale europea.
Bce che però sui tassi non intende mollare. Il presidente Christine Lagarde ha lasciato aperte tutte le porte possibili, non escludendo a priori nuovi aumenti. In questo senso si è espressa Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo e tra i più hawkish del board.
“Per tornare al 2% ci vorrà il doppio del tempo”
“L’ultimo miglio è spesso il più difficile da superare e per questo non si possono escludere nuovi rialzi del costo del denaro -ha detto nella serata di giovedì in un discorso a S.Louis in Missouri-. Dopo un lungo periodo di inflazione elevata le aspettative di inflazione sono fragili e rinnovati shock dal lato dell’offerta possono destabilizzarle, minacciando la stabilità dei prezzi a medio termine. Ciò significa anche che non possiamo chiudere la porta a ulteriori rialzi dei tassi”.
Schnabel ha aggiunto che mentre ci è voluto un anno per portare l’inflazione al 2,9% di ottobre dal picco del 10,6% toccato alla fine dell’anno scorso (grafico sotto), “si prevede che ci vorrà circa il doppio del tempo per tornare da qui al 2%”. La ricetta per arrivare all’obiettivo? La crescita del costo unitario del lavoro dovrà ritornare a livelli coerenti con un’inflazione a medio termine del 2%, e le imprese dovranno utilizzare i propri margini di profitto come cuscinetto per limitare la trasmissione degli attuali forti aumenti salariali ai prezzi al consumo.
Conclude infatti Schnabel: “Il processo di disinflazione durante l’ultimo miglio sarà più incerto, più lento e accidentato, anche in considerazione del rischio di nuovi shock come le tensioni in Medio Oriente, gli scioperi agli impianti di Gnl in Australia e il riscaldamento globale, tutti elementi che ‘potrebbero far deragliare la disinflazione. L’obiettivo di inflazione è ora a portata di mano ma festeggiamo solo quando avremo affrontato davvero l’ultimo miglio”.
La Bce e i consumi
Sempre la Banca centrale europea, attraverso il post di un blog, ha dichiarato riguardo i consumi “improbabile che la zona euro assista a un nuovo boom, poiché i risparmi accumulati durante la pandemia sono in gran parte detenuti dalle famiglie più ricche, citando i risultati di un’indagine. Che in buona sostanza, potrebbero rafforzare l’opinione della Bce secondo cui l’inflazione continuerà a scendere dolcemente verso il 2% e sostenere le argomentazioni a favore di un mantenimento dei tassi di interesse attuali dopo che una serie di rialzi senza precedenti li ha portati a livelli record.
La Bce ha rilevato che il 20% delle famiglie con entrate più alte deterrà il 49,3% dei risparmi in eccesso realizzati nel 2020-22, seguito dal quintile successivo con il 19,8%. Poiché le persone più ricche hanno meno probabilità di spendere ogni euro in più risparmiato, è improbabile che questi risparmi vengano impiegati a breve. Gli autori del blog hanno scoperto che alcuni di questi risparmi sono stati investiti in attività finanziarie, come azioni e obbligazioni, o in immobili, rendendone più difficile l’accesso.
“Chi spera che il denaro messo da parte durante la pandemia possa sostenere un’impennata dei consumi in tempi brevi rimarrà probabilmente deluso -scrivono gli autori Niccolò Battistini e Johannes Gareis-. Si tratta di un’intuizione estremamente rilevante per valutare cosa guida l’inflazione e come la politica monetaria deve rispondere”.