Se la Fed intravede già i primi tagli dei tassi, Bce e Boe rimangono fedeli alle proprie posizioni hawkish nei rispettivi ultimi meeting dell’anno prendendo così le distanze dalla Federal Reserve, al contrario per i mercati ormai pronta a una svolta dovish.

Tassi fermi sia per la banca centrale americana, terza volta consecutiva nella forbice tra il 5,25% e il 5,5%, sia per quella europea, sia per quella inglese. Ma con tre approcci diversi. I Dot Plot del Fomc indicano infatti tre possibili tagli nel corso del 2024 (qui il testo integrale). Perché l’inflazione negli Stati Uniti è scesa contemporaneamente a un netto rallentamento dell’economia.

La Bce ha sottolineato nuovamente la dipendenza dai dati, Christine Lagarde stessa ha sottolineato come vi sia ancora del lavoro da fare e che debba essere fatto con i tassi d’interesse fermi, al momento al 4,5% per quanto riguarda i rifinanziamenti principali, al 4% sui depositi e al 4,75% sui prestiti marginali (grafico sotto)annunciando la conclusione del Pepp per la fine del 2024. La Bank of England infine ha mantenuto il proprio orientamento restrittivo.

“Il rischio è che le banche centrali si rivelino ancora una volta lente ad agire”

“I timori riguardo l’inflazione non sono scomparsi e le banche centrali in Europa non vogliono essere interpretate come compiacenti -è il commento di Silvia Dall’Angelo, senior economist di Federated Hermes-. Nell’area Euro, i prezzi sono scesi più rapidamente del previsto, pur rimanendo al di sopra del livello obiettivo. In particolare, le previsioni dello staff della Bce hanno indicato un’inflazione core ancora leggermente superiore al livello obiettivo alla fine dell’orizzonte di previsione nel 2026, inducendo cosi la Bce a ribadire il proprio mantra hawkish sufficientemente restrittivo per “un periodo sufficientemente lungo”.

Il rischio, conclude l’analista, è che le banche centrali possano rivelarsi ancora una volta lente a reagire. Continua Dall’Angelo: “Due anni fa hanno ritardato troppo a lungo la lotta all’elevato livello di inflazione, ora rischiano di infliggere alle loro economie già stagnanti il grave peso di tassi restrittivi”.

“Bce preoccupata per la crescita salariale”

Martina Daga, macro economist per Acomea Sgr, sottolinea il fatto che ancora una volta, come negli altri meeting, sia stata ribadita la retorica secondo cui i tassi di riferimento hanno ormai raggiunto un livello che, se mantenuto sufficientemente a lungo, possa contribuire a riportare l’inflazione al target del 2%, senza la necessità di ulteriori rialzi. E aggiunge: “Il board della Bce è convinto non sia ancora il momento di abbassare la guardia, ci sono forti pressioni provenienti principalmente dalla crescita salariale, su cui la Bce vuole vedere ulteriori dati di miglioramento. I dati sui salari relativi al primo trimestre del prossimo anno, probabilmente l’elemento che ancora manca alla Bce, verranno pubblicati solo con un certo ritardo rispetto alla fine del trimestre di riferimento” (di questo argomento si occupa anche l’Economist in questo approfondimento).

Lagarde ha aggiunto che non sono nemmeno stati discussi tagli dei tassi di riferimento al contrario della Fed. Perché il periodo va considerato di transizione, e per il momento è una discussione prematura, per quanto non sia prevista dal consiglio direttivo alcuna recessione nello scenario di base della Bce e che il target dell’inflazione verrà definitivamente centrato nel 2025 (nel grafico sotto l’inflazione in Eurozona).

Riguardo il tema dell’accelerazione del programma di Quantative Tightening, i reinvestimenti del Pepp continueranno fino a metà del prossimo anno, nella seconda metà del 2024 non verranno reinvestiti solo 7,5 miliardi di euro al mese in media e dalla fine del prossimo anno smetteranno di reinvestire in toto i titoli in scadenza dal programma Pepp. Lagarde ha aggiunto che la decisione è stata presa all’unanimità e che “il Pepp ha servito il suo scopo e la pandemia è finita”. Conclude l’analista di AcomeA: “Questa discussione era sostanzialmente attesa dal mercato, che probabilmente si aspettava che i reinvestimenti fossero fermati addirittura prima rispetto a quanto annunciato oggi”.

Bce, i numeri del bilancio

La Bce ha attualmente un totale di circa 4,7 trilioni di euro di titoli in portafoglio, di cui circa 3 trilioni di euro del programma App e i restanti nel programma Pepp, di entrambi i programmi la maggior parte è investita in titoli di Stato. La Bce già da quest’anno ha iniziato il suo programma di Qt con il mancato reinvestimento dei titoli in scadenza del programma App, corrispondenti a circa euro 25 miliardi al mese.

I reinvestimenti dei titoli in scadenza del programma Pepp sono invece continuati per tutto l’anno; una caratteristica peculiare del Pepp è che la Bce ha maggiore flessibilità nell’allocazione degli investimenti di questo programma e questa caratteristica ha beneficiato Paesi che necessitano maggiormente l’intervento della Bce.

Reazione del mercato

Piazza Affari si muove sopra la parità poco prima della chiusura delle contrattazioni, con un guadagno del +0,2%, zavorrato dalle banche (Unicredit e Banco Bpm negative di oltre il 4%, Mps e Bper oltre il -6%) vuoi per una seduta all’insegna delle prese di beneficio, vuoi perché la Fed resta il faro principale dei mercati e l’ipotesi dei tagli nel 2024 va necessariamente a coinvolgere i titoli bancari.

Francoforte è poco mossa, -0,05% dopo i massimi storici raggiunti in settimana mentre Wall Street è moderatamente positiva (Nasdaq +0,3%, S&P 500 +0,2% dopo due ore di scambi). L’oro è a ridosso dei 2.040 dollari l’oncia, in guadagno dello 0,6%. Rendimenti sui minimi dell’anno in Europa, con il Btp al 3,8% e il Bund al 2%.

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