C’è anche un manager uscente di Google tra i candidati Ceo di Tim. La proposta arriva da Bluebell Capital Partners, che sfida il Cda uscente con una lista propria. Il documento visto da Reuters illustra il piano del fondo, e il nome scelto è quello di Laurence Lafont, vicepresidente uscente per le industrie strategiche di Google Cloud in Europa, con una lunga carriera nel settore della tecnologia e delle telecomunicazioni (Google, Microsoft, Oracle, Nokia, Orange).

Bluebell detiene una partecipazione dello 0,5% in Tim, e il mese scorso aveva presentato una lista di candidati per il consiglio di amministrazione, gli azionisti si riuniranno il 23 aprile, senza indicare però alcun candidato nel ruolo di Ceo. “Una decisione sbagliata in partenza” è così che viene giudicata la scelta di vendere la rete Tim a Kkr all’interno del documento, operazione che invece l’ex monopolista telefonico sta perseguendo per rilanciarsi, oltre che per ridurre drasticamente il proprio debito.

Bluebell come Merlyn: no alla riconferma di Labriola

“L’unica indicazione che Bluebell ha fornito ai suoi candidati al consiglio di amministrazione è quella di esaminare lo stato della transazione e di agire nel migliore interesse di Tim e di tutti i suoi azionisti”, si legge ancora nel documento. Ma il fondo non è l’unico ad aver messo in discussione il ruolo di Pietro Labriola come Ceo di Tim.

Un altro azionista di minoranza si è mosso in questo senso: si tratta di Merlyn, che ha comunicato di recente di detenere una quota dello 0,53%. Anche il fondo di investimento specializzato in acquisizioni e ristrutturazioni aziendali nato nel 2018 chiede una revisione dei termini della vendita della rete. E propone l’ex vicedirettore generale di Tim Stefano Siragusa come Ceo, nell’ambito di un drastico riassetto delle attività.

Il ruolo di Vivendi

La vendita della rete, sostenuta dal governo italiano, che controlla indirettamente il 10% di Tim, ha un valore fino a 22 miliardi di euro. Governo italiano che stando alla Corte d’Appello di Roma, dovrà restituire a Tim stessa circa 1 miliardo di euro al termine di una disputa durata 15 anni sulla liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni.

Più della metà del personale nazionale di Tim passerà all’attività di rete scorporata nell’ambito della transazione, che punta a ridurre il debito del gruppo anche se, stando al piano strategico di recente illustrato da Pietro Labriola, il tasso di riduzione di tale debito ha deluso gli analisti, causando un crollo in borsa di Tim stessa, uno dei più gravi della sua storia.

Merlyn e Bluebell potrebbero godere dell’appoggio del primo azionista di Tim, Vivendi. Che ha messo sin da subito la sostenibilità delle attività che resteranno dopo l’operazione, con tanto di contestazione della vendita in tribunale. Il gruppo francese potrebbe usare la sua quota del 24% per ostacolare la riconferma di Labriola, se decidesse di sostenere una lista alternativa di candidati. Tuttavia va ricordato che Vivendi ha lasciato il board di Tim l’anno scorso, dopo una tornata di negoziati infruttuosi con il governo sul futuro della società telefonica. E infatti la compagnia transalpina non ha risposto alla recente convocazione del governo sul tema golden power.

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