Nient’altro che un infuso di erbe aromatiche, piante e frutta macerate in acqua e alcol. Attorno a tutto questo, un semplice bitter alcolico, il brand Campari è diventato uno dei principali colossi del beverage mondiale. Con una capitalizzazione di mercato pari a 14,2 miliardi di dollari.

Beverage. Parola che probabilmente Gaspare Campari neanche conosceva quando a metà del 1800 si divertiva a sperimentare le miscele per creare liquori diversi. Un po’ per gioco. Un po’ per passione. Un po’ per lavoro. Perché gli piaceva tanto servirli, in quel vecchio bar che prese in affitto a Novara: “Il caffè dell’amicizia”.

Era figlio di agricoltori benestanti, nato nel 1828 vicino Pavia. Ma la terra, a Gaspare, non piaceva. Il suo principale interesse erano i distillati. D’altronde aveva studiato da uno dei migliori. Una piccola raccomandazione, quella di Teofilo Parla, pasticcere di casa Savoia, che lo mandò da Giacomo Bass nella sua liquoreria di Piazza Castello, a Torino.

Gaspare Campari, geniale liquorista

Campari è il simbolo dell’aperitivo di Milano divenuto icona in tutto il mondo ma in pochi sanno che la Red Passion, effettivamente nasce a Novara. Tuttavia  Milano già all’epoca è il luogo ideale dove diventare grandi. Gaspare lo capisce e si trasferisce, dopo aver imparato da Bass e averci provato con il caffè dell’amicizia, prendendo un piccolo locale nella Galleria Vittorio Emanuele.

Non è solo un geniale liquorista, termine ormai che non esiste più (al contrario del sempre più quotato “beverage”), Gaspare, capace peraltro di inventarsi nomi stravaganti per le sue miscele come “Elisir di Lunga Vita”, “Olio di Rhum”, “Liquote Rosa”. Capisce infatti che quel luogo è e sarà sempre di più crocevia delle attività più importanti della città. E così punta tutto sul “Bitter all’uso d’Hollanda”, color rosso rubino, anche se di liquori ne inventa circa una trentina, che distilla nella sua abitazione, proprio sotto il suo piccolo locale.

Campari
Il Camparino nella Galleria Vittorio Emanuele di Milano

Da papà Gaspare al figlio Davide: apre il Camparino e nasce Campari Soda

Anche sua moglie ha un’intuizione. Quando Gaspare muore, nel 1882, capisce che uno dei loro cinque figli, Davide, ha spirito di iniziativa,  entusiasmo e intuito. Letizia Galli gli cede il testimone. Forte di un’esperienza in Francia, a Bordeaux, la seconda generazione dei Campari decide di perfezionare il bitter, che diventa ineluttabilmente il Bitter Campari. Avvia i primi stabilimenti e nel 1902 inaugura quello a Sesto San Giovanni, che diventerà poi la sede fiscale della compagnia dopo oltre un secolo.

Nel 1915 apre i battenti il Camparino, in Galleria Vittorio Emanuele ed è sempre lì, come allora. Nel 1935 ecco il Campari Soda, primo premiscelato al mondo tra i drink poco alcolici. Servito allora, come adesso, nella bottiglia a forma di calice all’ingiù disegnata dall’artista futurista Fortunato Depero. L’arte e Campari iniziano a parlarsi e non smetteranno più.

Davide muore un anno dopo. Siamo nel 1936. L’azienda, perché inizia a esserlo per davvero, passa nelle mani del fratello Luigi, che lo aveva affiancato negli anni, oltre che della sorella Eva e del nipote Antonio Migliavacca. La ditta si chiama: “Gaspare Campari. Fratelli Campari successori”. Nel 1943 diventa società per azioni. E il nome cambia ancora: Davide Campari – Milano Spa.

Dopoguerra: campagne pubblicitarie ed espansione all’estero

Nel dopoguerra Campari punta su una campagna di comunicazione aggressiva. I manifesti pubblicitari sono firmati dagli artisti più grandi di quel periodo, tra cui Bruno Munari (celebre l’opera “Declinazione grafica del nome Campari” del 1964) e diventano punto di riferimento anche per le altre aziende italiane. Intanto Campari è uscito dall’Italia, ed è già diffuso e conosciuto già in oltre ottanta paesi. Diventeranno duecento.

Ci sono stabilimenti in Francia, ma anche oltreoceano a partire dall’Argentina. Ogni cocktail servito nei locali della grande borghesia di Milano contiene l’elisir inventato di Gaspare: dal Negroni all’Americano, dal Boulevardier che funziona molto all’estero (è come il Negroni, ma con il whisky al posto del gin) al Garibaldi. Ma il bitter Campari è presente anche in provincia, più semplicemente mescolato con del vino bianco.

Anni 80-90: la famiglia Campari vende. Iniziano le acquisizioni

Il culmine della comunicazione pubblicitaria viene raggiunto nel 1984: Federico Fellini, da sempre contrario a tutto ciò che era televisione, gira il suo primo spot per la tv. Ovviamente con Campari. Ma è quello che accade due anni prima a segnare uno dei punti di svolta per la storia della compagnia.

Nel 1982 l’ultimo erede della famiglia Campari, Angiola Maria Migliavacca, vende il gruppo agli imprenditori Erinno Rossi e Domenico Garavoglia. Il cui figlio, Luca, diventa presidente nel 1994. Lo è ancora.

Nel 1995 ecco la prima acquisizione e segna l’inizio di una strategia nuova per quell’epoca. Attuale ancora oggi. Cinquanta percento di crescita organica. Un altro 50% di crescita attraverso le acquisizioni. I primi a entrare nel gruppo sono Crodino, Lemonsoda e Cynar, tutti appartenenti a una società olandese mentre nel 1999 tocca a Cinzano. 

Nuovo millennio: Aperol e quotazione in borsa

Il nuovo millennio segna la quotazione in borsa a Piazza Affari. Ma anche il lancio del calendario mentre il 2003 è l’anno dell’acquisizione di Aperol, sottratto alla concorrenza Bacardi-Martini tramite il 100% di Barbero 1891. L’affare è di circa 150 milioni di euro.

Per gli osservatori e addetti ai lavori, la cifra è spropositata. Ma è un altro momento chiave. Aperol, all’epoca, viene bevuto soprattutto nel Nord Est d’Italia. Dei 4 milioni di litri prodotti, 3 vengono bevuti tra Veneto e Friuli con vendite inferiori ai 50 milioni di euro. Oggi invece lo Spritz è esportato e bevuto in tutto il globo. E il merito è proprio di Campari, che trasforma Aperol nell’icona mondiale dell’aperitivo.

Le acquisizioni non si fermano. Il gruppo acquisisce Glen Grant da Pernod Ricard. Fa “spesa” nelle Americhe, rilevando la tequila di Cabo Wabo, distilleria messicana, e la principale società di distribuzione argentina.

La più grande acquisizione e trasferimento a Sesto San Giovanni

Ma la più grande acquisizione della sua storia è Wild Turkey, premium brand del Kentucky bourbon: 433 milioni di euro. Siamo nel 2009 e il Gruppo Campari si trasferisce a Sesto San Giovanni, sede dello storico stabilimento inaugurato nel 1902 da Davide. Il nuovo edificio viene disegnato e ideato dall’architetto Mario Botta.

Skyy Spirits, Fratelli Averna, Braulio, Bulldog e Gran Marnier. L’elenco si allunga ancora e Campari diventa il sesto gruppo più grande al mondo nel beverage mentre Forbes inserisce il presidente Luca Garavoglia al secondo posto tra i più ricchi in Italia nel food&beverage dopo Ferrero: 4,2 miliardi di dollari il suo patrimonio.

Luca Garavoglia, presidente Campari

2020: Campari come Fca e Mediaset, trasferimento legale in Olanda

Nel 2020 riecco l’Olanda sulla strada di Campari, il cui liquore, come già scritto, viene chiamato inizialmente da Gaspare “Bitter all’uso di Hollandia” ma è il paese da cui è stata effettuata la prima acquisizione. Il Cda ottiene lo spostamento della sede legale del gruppo ad Amsterdam, in scia a quanto fatto da Fca, Cementir e Mediaset. L’Olanda garantisce un’ampia protezione agli azionisti di riferimento e una tassazione societaria concorrenziale in Ue. E così la società diventa una N.V. (Naamloze Vennootschap, società per azioni nel diritto olandese). La sede fiscale resta in Italia. Nello stesso anno, il brand festeggia i 160 anni di storia.

Gli ultimi conti, quelli del 2022, anno in cui sono state effettuate altre cinque acquisizioni, danno un’azienda ancora in forte crescita. I ricavi raggiungono i 2,7 miliardi di euro. L’utile netto 333 milioni. Il miglioramento del business rispetto al 2019, periodo precedente alla pandemia, dice +47%, grazie soprattutto alla spinta negli Stati Uniti e al Sud America. I dipendenti, oltre 4.000, sono chiamati “camparisti”.

Il ceo, dal 2007, è  Robert Kunze-Concewitz. La famiglia Garavoglia controlla il gruppo Campari (detiene il 54,3% delle quote) attraverso la holding di diritto lussemburghese chiamata Lagfin. La compagnia conta più di 50 marchi distribuiti in 200 paesi nel mondo. Tutti irresistibilmente travolti dalla Red Passion. Che poi non è altro che un semplice infuso di acqua e alcol. A base di erbe aromatiche, piante e frutta.

Robert Kunze-Concewitz, ceo Campari

Lascia un commento

Articolo correlato