Per comprendere cosa sta accadendo attorno al fenomeno ChatGpt può essere utile riavvolgere prima il nastro. Di trent’anni circa. E cominciare così: “C’era una volta Altavista”. Erano gli Anni 90, agli albori del web. Chi aveva bisogno di un’informazione andava dritto sparato su www.altavista.it (potete leggere la sua storia in inglese ‘rise & fall’ qui). In meno di un anno aveva raggiunto i 25 milioni di utenti al mese. All’epoca, era il 1996, era considerata una cifra impressionante. Proprietà: Digital Corporation. Sede: Palo Alto, California. Nel corso degli anni divenne fornitore esclusivo delle ricerche di Yahoo! e, in seguito, due anni dopo, la Digital venne acquistata dalla Compaq. Diventò un portale e iniziò il declino. Nel 1997 intanto il dominio Google veniva registrato. Sede centrale, sempre Palo Alto, California. Non ci mise molto ad arrivare a un indice di circa 60 milioni di pagine.
Torniamo ai giorni nostri. “Quale motore di ricerca è migliore tra Bing (Microsoft NdR) e Google (Alphabet NdR)?”. A questa domanda ChatGpt, casa madre Microsoft, risponde così: “Beh dipende da cosa cerchi, sono tutti e due molto buoni e molto usati”. C’è molta diplomazia in questa frase, sarà che l’intelligenza artificiale oggi sulla bocca di tutti è della stessa famiglia di Bing. Perché la verità è una sola: il motore di ricerca più utilizzato al mondo è Google. Ogni giorno, 3,5 miliardi di ricerche. E sono numeri che si divorano in un sol boccone quelle dei fasti di Altavista.
Però è anche vero che Alphabet, nelle ultime sette sedute a Wall Street, ha registrato un preoccupante -12,5%. Solo nel mese di febbraio ha smarrito il 4,3% e nell’ultimo anno quasi il 38%. Microsoft? Si muove maniera speculare. E cioè dal 6 gennaio in borsa è cresciuto di quasi il 22%.
Microsoft sta per mettere la freccia? Cosa sta accadendo
Evitiamo ogni fraintendimento. Questi numeri non fanno minimamente pensare a nulla di imminente o di rivoluzionario. In altri termini: Google non sta crollando. Microsoft non sta registrando alcuna impennata di valore. Le due compagnie sono ovviamente concorrenti (qui puoi leggere la battaglia sui social media delle big tech, a suon di miliardi di dollari).
Tuttavia questi numeri, inseriti nel giusto contesto, sono in grado di dare un’idea di cosa potrebbe sembrare che stia accadendo, o meglio, di cosa potrebbe accadere in futuro. Google come Altavista? No. Microsoft come Google con Altavista? Forse. E il motivo sta proprio in ChatGpt. L’intelligenza artificiale che risponde alle domande e che, se ben utilizzato, spiega come creare piattaforme, programmi, contenuti e previsioni algoritmiche, potrebbe diventare, in un futuro non troppo lontano, la chiave del “sorpasso”.
Sorpasso? Ma se Google controlla il 92,2% del mercato dei motori di ricerca! Vero. E Bing, al secondo posto, controlla solo il 3,42% (capito ChatGpt? Altro che: “Sono entrambi molto utilizzati”). Mentre agli altri, tra cui la stessa Yahoo!, non rimangono che briciole. Tutto vero. Ma con ChatGpt sta cambiando tutto. Oppure sta per cambiare tutto. E questa non è solo una semplice sensazione. Lanciato a novembre, questo ChatBot dotato di machine learning superiore a tutti i precedenti sta catturando l’attenzione dei media. Degli utenti. Dell’intero settore dell’intelligenza artificiale. Al punto che Microsoft ha deciso di fare una sorta di all-in su questo tipo di tecnologia, con tanto di investimento pari a dieci miliardi a favore di OpenAi, la società partner di Microsoft che si è inventata ChatGpt (indovina indovina, dietro c’è Elon Musk).
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ChatGpt: le reazioni dei competitor
Ma al di là delle risorse che Microsoft sta dirottando sul ChatBot più intelligente che ci sia, è il modo in cui i competitor si stanno muovendo che fa impressione. A partire dall’Asia. L’ultimo a muovere sulla scacchiera è stata Alibaba. Che ha annunciato il 9 febbraio scorso “lavori in corso” per creare un prodotto simile a ChatGpt, magari in un futuro per combinare questa tecnologia a DingTalk, piattaforma di lavoro intelligente creata da Alibaba stessa per aumentare l’efficienza lavorativa. Poi ovviamente c’è la Cina. Che ha immediatamente adottato questo strumento come imprescindibile nell’ambito della crescita tech. A lanciare per prima il sasso è stata Baidu con un investimento di diversi miliardi di dollari per dare vita a Wenxin Yiyan, tradotto: Ernie Bot. Baidu che è anche il primo competitor di Google, che in Cina, va ricordato, non può essere utilizzato.
E Google? Fermo sulle proprie posizioni? Niente affatto. E non solo lui. Anzi, in perfetto “Fomo mood”, tutti si stanno muovendo precipitevolissimevolmente verso questo settore di mercato. E Alphabet non fa eccezione. Anzi. Poco tempo fa Google ha presentato alla stampa Bard, per qualcuno lo fatto un po’ troppo in fretta e furia, come se parte di un “codice rosso” per rispondere alla sfida lanciata da ChatGpt.
Google e l’infortunio di Bard
La presentazione non è andata bene. Anzi: Bard ha commesso un errore rispondendo a una domanda riguardante il telescopio spaziale James Webb (no, non è stato il primo strumento a scattare le foto di un pianeta fuori dal sistema solare: lo avevano già fatto altri telescopi 14 anni prima). Risultato: 100 miliardi di dollari persi a Wall Street in una sola seduta, che ha visto Google precipitare del 7,6%, per poi bruciare ancora altri quattro punti percentuali nella seduta successiva.
E mentre Google perdeva la faccia davanti alla stampa (in realtà anche ChatGpt commette errori, e non pochi, ma l’impatto mediatico dell’infortunio di Bard è stato decisamente maggiore)? Microsoft lanciava già la versione a pagamento della propria intelligenza artificiale. Come a dire: ormai la versione base ve l’abbiamo mostrata. Adesso è tempo di upgrade. Un passaggio che forse, una volta, avrebbe comportato anni di attesa e di sperimentazione. Ma si sa, oggi è tutto super fluido. Sembra quasi che senza Fomo non sia possibile alcuna sfida imprenditoriale. E quindi l’unico modo, evidentemente, per avere la meglio della concorrenza, è correre molto più degli altri. Per quanto esista un esempio, anche piuttosto recente, che al contrario ci insegna il contrario: qualcuno ha detto Metaverso?
Sta di fatto che con 20 dollari al mese negli Stati Uniti si ha accesso a ChatGpt Plus. Viene garantito, agli abbonati, l’accesso durante l’ora di punta (può capitare che il sistema non risponda quando è sovraccarico). I tempi di risposta sono molto più rapidi, e poi ci sono nuove funzionalità non ancora specificate.
Gli obiettivi di Microsoft? Fregare… Apple a Google
Integrare il potenziale di ChatGpt con Bing, il motore di ricerca di Microsoft, è uno dei primi obiettivi della compagnia guidata dal ceo Satya Nadella. Il risultato potrebbe cambiare il modo di navigare il rete. A partire dall’utilizzo dei motori di ricerca. Se Bing, con un boost del genere, dovesse quantomeno affiancare o anche solo avvicinare Google, non solo gli equilibri tra le grandi compagnie tecnologiche andrebbero a cambiare. L’intera rete potrebbe subire una profonda rivoluzione. Perché gli algoritmi del motore di ricerca di Alphabet sarebbero ben diversi da quelli di Bing una volta integrato ChatGpt, e questo potrebbe comportare anche una revisione totale del modo in cui le aziende confezionano i contenuti per il web, perché cambierebbero gli algoritmi conosciuti per apparire in testa alle ricerche.
Ed è curioso che sia Google a rincorrere in questa nuova sfida. Perché ChatGpt sta per Chat Generative Pre-trained Transformer. Quest’ultima parte è stata proprio Google a svilupparla per prima qualche anno fa, salvo poi lasciare tutto in cantiere per dare priorità ad altri progetti. Una “leggerezza” che potrebbe costare miliardi. Tanto paga ogni anno Alphabet ad Apple, per le ricerche su iPhone, iPad e Mac. Stando a media americani, si stima che nel 2020 Google abbia versato 10 miliardi di dollari per l’esclusiva delle ricerche, prezzo aumentato a 15 miliardi di dollari, sempre stimati, nel 2021.
Perché Big G paga cifre del genere? Apple è il marchio più diffuso e prestigioso nel comparto smartphone. E quindi gli utenti sono anche i più disposti a spendere. Ma con l’avanzamento di Bing, c’è chi considera un possibile cambio di direzione. A Cupertino potrebbero anche valutare prezzi inferiori per Microsoft, in considerazione dei rapporti non proprio idilliaci tra Apple e Alphabet per “screzi” passati legati ai sistemi operativi. Questa però è solo una fetta della torta. Per dirne un’altra, Microsoft sta già lavorando per integrare ChatGpt ai servizi Cloud, con l’obiettivo di contendere la leadership di Amazon web Services.
E l’intelligenza artificiale in Italia? Ai… Peperoni!
Dunque, Microsoft potrebbe alzare l’asticella nella grande battaglia tra le big tech, dove nessuno vuole fare -e probabilmente mai lo farà- la fine di Altavista. Intanto però, tra chatbot, intelligenza artificiale e motori di ricerca, tutti strumenti utili ma percepiti come “poco umani”, e quindi “freddi”, spunta uno strumento simile ma in grado di coinvolgere l’utente facendo leva anche sulle emozioni. Qualcuno la chiama “la prima Ai empatica”. Il nome è tutto un programma: AiPeperoni.
La cucina non c’entra niente. Si chiama così per il nome della piattaforma di gestione contenuti della società ferrarese 22Hbg. Che ha lanciato da poco sul mercato, su iOS c’è già ed è in arrivo anche su Android, un chatbot che funge un po’ come da assistente personale, in grado di combinare al testo anche colori, sentimenti, e lo stato d’animo della persona che la utilizza. Possiamo vederla così: non potendo competere con la potenza di fuoco e di risorse di Microsoft e Google, i ragazzi di 22Hbg si sono giocati la carta del sentimento, attenuando, per quanto possibile, il grigiore che spesso viene associato alla tecnologia informatica.
Per il resto, l’utilizzo non è tanto diverso da ChatGpt, trattandosi anche in questo caso di intelligenza artificiale generativa. Con la raccomandazione di verificare sempre ogni fonte dei contenuti e un utilizzo critico e consapevole. In fondo, i fantasmi di Altavista resta sempre dietro l’angolo.