Anche questo 2023 sta per concludersi – con una rapidità e un’intensità alle quali ormai ci siamo abituati – ed è quindi tempo di bilanci. Più che cercare di prevedere o immaginare ciò che accadrà nel 2024, attività piuttosto fine a sé stessa considerando quale è stato l’andamento degli ultimi anni, preferisco riflettere su dove siamo arrivati, individuare alcuni trend che hanno caratterizzato il mondo della finanza e ragionare su quali sono i punti di “partenza” che potranno fare da base per l’anno che verrà.
Il primo aspetto che considero degno di riflessione riguarda il mondo del credito e in particolare il private credit (o private debt). Ebbene, stando ai dati di Morgan Stanley la dimensione di questo mercato, popolato da fondi e soggetti specializzati, è passata da 1,4 trilioni a inizio 2023 dagli 875 miliardi del 2020 (ed è stimato raggiunga i 2,3 trilioni al 2027). Per fare un esempio, solo in Italia solo nell’ultima settimana almeno due società d’investimento, Ambienta e Tages, hanno annunciato attività in questo campo: il primo lanciando un fondo, il secondo comunicando una raccolta di 80 milioni. E anche altre realtà, fra cui un portale di crowdfunding, stanno valutando di mettere piede in questo settore. Cosa implica tutto ciò? Intanto il rafforzamento di un asset class di investimento che seppur molto rischiosa rappresenta una diversificazione per chi ad esempio fa già equity, oltre a una crescente disintermediazione delle banche che si vedono erodere uno spazio finora internamente in loro possesso.
Altro tema, restando nel mondo private, è il trend del consolidamento. Ciò è molto rilevante in Italia, dove le pmi rappresentano il 99% del nostro tessuto imprenditoriale – in particolare le microimprese, quelle fino ai 10 addetti, 4,1 milioni su 4,4 milioni di imprese totali – e che quindi hanno bisogno di consolidarsi per restare competitivi. Il trend è diventato evidente nel 2022, quando la metà delle operazioni erano state add-on ed è proseguito nel 2023 come testimonia il numero di operazioni crescente su valori che calano. Il 95% delle aziende target degli add-on sono pmi con meno di 50 milioni di ricavi.
Terza riflessione sull’anno 2023 è che si cominciano a vedere i primi effetti dei tassi bassi o negativi a partire dal post crisi 2008. Il più eclatante è stato il crack della Silicon Valley Bank (non ditemi che ve la siete dimenticata) ma non è stato l’unico. In Italia c’è stato quello di Credimi, per citare un esempio. Quali altri investimenti o attività sono state fatte in un contesto che non è più quello attuale?
Quarto aspetto rilevante è la crescente importanza della tecnologia nel settore finanziario. Non parlo solo o soltanto di Intelligenza artificiale – che era già da tempo usata in alcuni campi, ad esempio nell’asset management – ma anche di blockchain con ad esempio il primo etf le cui basi sono state poste quest’anno, di valute sovrane digitali, di bolle che si intravedono e di settori in ascesa. Insomma, la tecnologia ha già deviato abitudini e atteggiamenti delle persone, lo sta facendo e lo farà sempre di più anche in ambito finanziario. Capire come sarà la sfida del prossimo anno e di quelli a venire.
Ultimo aspetto, seppur ce ne sarebbero tanti altri, è che finalmente si parla di educazione e alfabetizzazione finanziaria in Italia. La finanza è ancora qualcosa di astratto e lontano per la maggior parte delle persone. Ognuno di noi addetti ai lavori ha qualche amico, amica o conoscente che si chiama fuori non appena viene nominata la “borsa”. Da quest’anno però ho visto più attenzione a queste tematiche e la nascita di diverse iniziative più o meno efficaci di educazione finanziaria. Si tratta di un primo e piccolo passo verso un’emancipazione finanziaria che speriamo possa essere il più generale possibile, in modo da alimentare il flusso e smobilitare quei miliardi di risorse ferme sui conti a beneficio di tutti.