L’industria italiana della gestione dei crediti deteriorati si è dimostrata efficiente ed efficace al punto che, stando ai consueti dati sul settore di Banca Ifis rilasciati la scorsa settimana, se a livello europeo a giugno 20204 lo stock di non performing exposures è cresciuto di 16 miliardi di euro, a quota 373 miliardi complessivi, in Italia questo flusso si è ridotto di 5,1 miliardi di euro tra il primo trimestre 2023 e il giugno 2024.
Questo perché l’Italia è stato il primo paese a dover fronteggiare l’emergenza crediti deteriorati nei bilanci delle banche – con il conseguente rischio di stabilità dei loro bilanci – e il primo a riuscire a creare un mercato che ha funzionato. Ora però le cose stanno cambiando e il mercato sta evolvendo. Come? Innanzitutto le banche non hanno in bilancio lo stesso quantitativo di non performing loans che avevano dieci anni fa, tanto che a essere ceduti sono oggi crediti ancora vivi o semitali, dagli unlikely to pay (Utp) agli stage 2. Questo implica naturalmente un cambio nella strategia di gestione di questi crediti che deve farsi più attenta all’evoluzione e all’andamento del singolo debito. Non è più insomma una gestione emergenziale o particolare quanto piuttosto un monitoraggio continuo e costante dell’andamento dei pacchetti.
Per i servicer, tale evoluzione si traduce nella necessità di avere più risorse in grado di farlo e scala per ridurre i costi, e non a caso ci sono stati esempi di consolidamento. Per le banche, ciò significa che attorno si sta creando un sistema di soggetti grandi e piccoli in grado di gestire crediti in quasi ogni loro fase di vita e pertanto queste posso decidere in autonomia, senza fretta, quali crediti dare in outsourcing e come, dando vita a partnership e accordi diversificati.
Insomma, il mercato è in evoluzione e per certi versi si fa più fluido, con soggetti che avranno competenze specifiche per quella fase ben precisa del credito e il rapporto con le banche che non sarà (ma non lo è già) di vendita tout court quanto piuttosto di dialogo continuo.
Per noi che siamo stati precursori e benchmark per il mercato a livello europeo è fondamentale non restare indietro mentre gli altri mercati Ue si adattano ma anzi essere in grado di esportare le nostre competenze, soprattutto considerando la direttiva Ue sul mercato dei crediti – recepita dal nostro paese a giugno – che pone delle linee guida condivise. Il mercato cambia, è vero, ma il know how c’è e questo va ricordato.