La pandemia da coronavirus Covid-19 avrà un impatto significativo sui nuovi flussi di crediti non performing, ma al momento è difficile quantificarlo.

E’ quanto emerge dal report di PwC “Reshuffling the Cards” sulle non-performing exposure (npe).

Stock di npe in calo nel 2020

L’anno scorso, sottolinea PwC, il processo di deleveraging da parte delle banche italiane, in corso dal 2015, è proseguito. E lo stock di npe nei bilanci ha toccato il minimo dal 2008. Le misure governative di sostegno hanno permesso di congelare e frenare il processo di deterioramento dei crediti.

Rispetto al picco di cinque anni, i volumi lordi di npe sui libri delle banche si sono ridotti di oltre il 70%, scendendo a 99 miliardi dai 341 miliardi del 2015. Lo stock cumulato di npe nel mercato italiano (includendo anche la porzione in capo a investitori) vale oltre 350 miliardi e rappresenta uno dei principali mercati a livello europeo.

 

 

L’impatto del Covid è un’incognita

C’è ancora grande incertezza sull’impatto che avrà l’attuale crisi sui nuovi flussi di credito deteriorato dal momento che, ad oggi, questo fenomeno non è ancora visibile per effetto delle misure speciali introdotte. I dati più recenti su Stage 2 e moratorie iniziano a mostrare i primi segnali di attenzione: i crediti Stage 2 delle principali banche italiane sono cresciuti nel 2020 di circa 64 miliardi, arrivando a rappresentare mediamente il 14% del totale portafoglio crediti. A fine marzo scorso risultavano classificati a Stage 2 rispettivamente oltre il 30% dei crediti in moratoria e oltre il 10% dei prestiti con garanzia pubblica.

La pandemia avrà sicuramente un impatto significativo sullo stock di npe: il mercato si aspetta tra 80 e 100 miliardi di nuovi inflow di npe nei prossimi 24-30 mesi.

I nuovi flussi saranno costituiti prevalentemente da piccole/medie imprese appartenenti ai settori più colpiti dalla crisi. Gli unlikely-to-pay saranno tra le asset class più colpite dalla pandemia e la più complessa da gestire per le banche.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) giocherà un ruolo chiave nella ripresa dell’economia reale e condizionerà anche il mercato de non performing, incidendo direttamente sulla probabilità di default di imprese che hanno avuto accesso alle misure straordinarie di sostegno.

Transazioni destinate a riprendere vigore

Il consolidamento bancario, il calendar provisioning e le linee guida della Bce obbligheranno le banche a proseguire la strategia di deleveraging. Il 2020 si è chiuso con transazioni per oltre 40 miliardi. Nei primi mesi del 2021 si è registrato un rallentamento causato dal contesto di generale incertezza del mercato, ma nel biennio 2022-2023 sono attese transazioni in linea con gli ultimi anni.

In parallelo, si attende uno sviluppo importante del mercato secondario, supportato anche da interventi normativi a livello europeo volti a favorire la creazione di un mercato secondario efficiente e trasparente.

In conclusione, la pandemia Covid-19 avrà in ogni caso un impatto importante, anche se ancora non definibile in maniera puntuale, sul mercato del credit management. Ci si aspetta che l’industria sarà protagonista nella gestione dei nuovi flussi, spostando il focus sempre più dalle sofferenze a utp e crediti in bonis ad alto rischio, con l’ambizione di supportare, laddove possibile, il tessuto economico e sociale del Paese.

 

 

I commenti

Pier Paolo Masenza (nella foto di copertina), financial services leader di PwC Italia, alla luce del dibattito sui futuri impatti della pandemia sul mercato, spiega che “il sistema bancario italiano, dopo gli importanti risultati ottenuti negli scorsi anni, è ora posto di fronte alla fondamentale sfida rappresentata dal deterioramento della qualità del credito che sarà inevitabilmente causato dal Covid-19”.

Masenza aggiunge che “il mutato contesto regolamentare (in primis, il calendar provisioning) e le caratteristiche degli inflow di npe attesi, che saranno principalmente utp, non permetteranno alle banche di comportarsi come durante la precedente crisi, cumulando i crediti deteriorati sui libri per anni e dismettendoli con strumenti quali le gacs”.

Gabriele Guggiola, regulatory deals leader di PwC Italia, in merito alle sfide che banche e debt servicer dovranno affrontare nei prossimi anni, sottolinea che “la nuova sfida nella gestione del credito per le banche non dipenderà solo dai flussi di npe che si verificheranno nei prossimi 24-30 mesi. Moratorie, crediti in Stage 2 e crediti con la garanzia pubblica richiederanno un approccio di credit management su misura, vi sarà la necessità di trovare soluzioni completamente nuove. L’’industria del debt servicing avrà una doppia sfida: da un lato, dovrà continuare a focalizzarsi sulla gestione di uno stock cumulato di npe tra i maggiori in Europa di oltre 350 miliardi; dall’altro, dovrà trovare soluzioni innovative e vincenti per aiutare il settore bancario a gestire i nuovi flussi, performing e non-performing, che richiederanno un approccio più sofisticato rispetto al passato”.

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