Potrebbe sembrare un settore di difficile comprensione, oltre che altamente rischioso. Invece il mondo delle criptovalute, dal Bitcoin in giù, piace agli italiani tanto che uno su tre, il 30%, vi ha investito nel 2022 e l’81% conta di continuare a farlo nel 2023. Per fare una comparazione, è la stessa percentuale di gente che a fine 2021, secondo i dati Covip, aveva sottoscritto un fondo pensione complementare (33%). 

Il dato è stato fornito dall’Organismo Agenti e Mediatori (Oam), cioè quell’ente al quale tutti gli intermediari di criptovalute devono registrarsi per operare in Italia, sulla base di una survey condotta su un campione di 766 persone che loro assicurano sia rappresentativo. Metodologia a parte, si tratta di un dato interessante da un lato per la natura dell’investimento in criptovalute, che richiede una certa competenza e conoscenza della materia, dall’atro lo è se comparato con l’alfabetizzazione finanziaria media del nostro Paese che come noto è fra le più basse dell’Eurozona.

Educazione e alfabetizzazione decorrelate

D punto di vista ciò che è ancor più significativo, rileva sempre l’Oam, è che se la preparazione sulle criptovalute decresce al diminuire del reddito percepito, il livello di istruzione non sembra avere impatto sul livello di comprensione delle valute virtuali: chi ha conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado o un master ha infatti maggiori conoscenze del settore rispetto chi possiede una laurea. Per l’Oam però “al crescere del grado di alfabetizzazione finanziaria aumenta invece il livello di conoscenza delle criptovalute”. Se ne deduce che l’istruzione non è correlata all’alfabetizzazione finanziaria e che quindi sono variabili indipendenti quando si tratta di criptovalute.

I motivi dell’investimento

Ma perché investire in criptovalute? Più di un rispondente su tre (42%) ha investito in criptovalute in maniera ‘fai da te’, complice anche la presenza di piattaforme che consentono acquisto e vendita di valute digitali con pochi clic, anche se si è affidato a un broker o a un exchange il 58% degli intervistati. A spingere questi investimenti poi c’è la voglia di diversificare il proprio portafoglio e conseguire alti rendimenti. In particolare, il 55% punta a un portafoglio più diversificato mentre il 40% è alla ricerca di alti rendimenti.

L’identikit

I soggetti con più alto livello di conoscenza sulle criptovalute sono per lo più maschi e risiedono nel Centro e Nord Italia mentre quelli che investono sono più presenti al Sud. Tra gli investitori il 54% percepisce un reddito compreso tra i 10mila e i 39.999 euro.

Nel dettaglio, l’ammontare dell’investimento arriva fino a 10mila euro per il 59% del campione, tra i 10mila e i 25mila per il 16 per cento. Una percentuale del 9% ha investito tra i 25mila e i 40mila euro mentre il 6% ha acquistato criptovalute per oltre 70mila euro. Tra le monete spopola il Bitcoin (lo ha acquistato il 59%) seguito a distanza da Ethereum (23%) mentre poco mercato si riscontra per monete quali Ripple e Cardano.

Altro dato degno di attenzione è che meno della metà degli intervistati, cioè il 42%, percepisce l’investimento in criptovalute ad alto rischio e il 62% del campione ritiene che i mercati azionari siano più rischiosi del settore delle criptovalute e addirittura il 22% consideri a più alto rischio contanti e titoli di stato. Valutazioni, queste, che probabilmente si spiegano valutando il livello di istruzione ed educazione finanziaria di chi investe.

Nonostante tutta questa fiducia, il 61% dei rispondenti è consapevole che il valore di una criptovaluta potrebbe crollare anche dell’80% nell’arco di pochi giorni. Resta però un 31% che non ha idea del grado di volatilità del loro valore.

Inoltre, se il 18% degli investitori in criptovalute è costituito da soggetti disposti ad assumersi alto rischio a fronte di elevati rendimenti, il 58% ritiene invece che questo tipo di investimento rappresenti un basso o medio livello di rischio, indipendentemente dal livello di rendimento ottenuto. Il restante 42% lo percepisce come un investimento ad alto rischio, indipendentemente dal rendimento atteso e/o ottenuto dall’asset digitale.

La maggioranza resta alla finestra

La maggior parte degli italiani non investe però ancora in criptovalute (il 70%): pesa la mancanza delle conoscenze necessarie per acquistarle innanzitutto (44%), ma anche la percezione di alto rischio d’investimento (30%), la difficoltà per l’acquisto (28%), la mancanza di fondi necessari per l’investimento (27%). In futuro, tuttavia, il 35% di coloro che non hanno investito prevede comunque di acquistare valute virtuali.

Sul futuro delle criptovalute il campione risulta sostanzialmente spaccato a metà: se il 47% dei rispondenti ritiene che l’utilizzo del criptovalute supererà quello delle monete a corso legale, il 53% resta ancorato alle valute tradizionali, ritenendo le criptovalute un asset altamente volatile (45%). Gli entusiasti vedono invece il sorpasso in quanto è molto veloce effettuare pagamenti in
criptovaluta (per il 63%, pari a poco più di un quarto del campione) e sono mezzi di pagamento più sicuri (per il 25%) ed economici (per il 13%) rispetto alle tradizionali monete. L’Oam specifica però che tale fiducia è stata misurata prima del crollo di FTX e delle conseguenze che ne sono derivate e bisognerà capire quanto i fatti di cronaca abbiano inciso sulla percezione del rischio.

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