Il 66% dei Ceo delle grandi aziende a livello globale è preoccupato per l’impatto che le elezioni presidenziali americane potrà avere sul proprio business, mentre il 68% sostiene che le tensioni con la Cina li stanno spingendo a modificare la propria strategia. Il 68% dei dirigenti considera le nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale generativa, la più grande opportunità per il prossimo anno, ma allo stesso tempo il 63% degli amministratori delegati afferma che la propria azienda non riesce a tenere il passo con il ritmo del cambiamento tecnologico.

È quanto emerge dalla quinta edizione dell’Alixpartners Disruption Index, un’indagine realizzata annualmente dalla società di consulenza globale, che nel 2023 ha intervistato più di 3.000 Ceo e dirigenti senior dei principali paesi a livello mondiale (Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Svizzera, Cina, Giappone, Arabia Saudita ed Emirati Arabi) con l’obiettivo di analizzare l’entità, la complessità e l’impatto della disruption sulle organizzazioni, le forze che muovono aziende, mercati, reti di valore e modelli operativi come risultato di cambiamenti economici, sociali, ambientali, politici, normativi o tecnologici in atto a livello mondiale, il ritmo di accelerazione di queste forze e le strategie messe in campo per affrontarle.

Dall’indagine condotta risulta che i Ceo e i C-Level delle aziende guardano al 2024 con incertezza e preoccupazione: dopo aver affrontato per più di tre anni pandemia, instabilità nelle catene di approvvigionamento, carenza di lavoratori e inflazione, ora si intensificano a livello globale eventi che sfuggono al loro controllo, come le guerre in Ucraina e Gaza, le elezioni presidenziali americane e i continui attriti con la Cina.

“Forze disruptive sempre meno controllabili”

“Stiamo entrando in una nuova era di forze disruptive post-pandemiche, più a lungo termine e meno controllabili. Anche se la nostra ricerca mostra che un numero crescente di leader si sente più fiducioso nella propria capacità di gestire la disruption, è altrettanto vero che la maggioranza dei Ceo ritiene che la propria azienda non si stia evolvendo abbastanza velocemente da poter affrontare i cambiamenti in atto” ha dichiarato Stefano Aversa, Emea chairman e global vice-chairman di Alixpartners.

L’ansia rimane prevalente tra i Ceo, con quasi il 60% che teme di perdere il proprio posto di lavoro a causa della disruption. Quasi tutti gli amministratori delegati prevedono di dover rivedere i propri modelli di business nel 2024 e il 63% dei business leader dichiara che li cambieranno in modo significativo nei prossimi mesi.

Intelligenza artificiale, a che punto siamo

Circa un terzo dei Ceo intervistati identifica l’intelligenza artificiale come la tematica digitale più importante da attenzionare quest’anno. Sebbene il 59% dei dirigenti stia attualmente investendo nell’intelligenza artificiale generativa, solo il 28% riferisce che l’Ai è completamente integrata nelle proprie organizzazioni e nei propri flussi di lavoro.

Sul fronte del cambiamento climatico e della transizione energetica, la maggior parte dei business leaders avverte la pressione da parte dei governi e delle autorità di regolamentazione (68%), degli investitori e consigli di amministrazione (64%), dei clienti (58%) e dei dipendenti (57%) affinché i vertici aziendali prendano posizione sulle questioni ambientali.

Per quanto riguarda il contesto macroeconomico, il 41% dei dirigenti intervistati ritiene che l’instabilità dei tassi di interesse e il contesto inflazionistico rappresentino una minaccia, e un terzo vede ancora all’orizzonte il rischio di una recessione.

Disruption, le sfide dell’Italia

I dirigenti delle aziende italiane guardano con più fiducia all’intelligenza artificiale rispetto ai colleghi degli altri Paesi: l’86% si dichiara ottimista riguardo all’impatto che l’AI avrà sulle loro imprese, il valore più alto a livello globale. Il 60% (rispetto al 49% a livello globale) dichiara di essere all’avanguardia o addirittura leader nel proprio settore per quanto riguarda l’utilizzo della Gen AI, mentre il 74% (vs. 59% a livello globale) conferma che le proprie aziende stanno attualmente investendo in piattaforme o applicazioni di intelligenza artificiale generativa.

“Nell’ambito delle sfide percepite, l’intelligenza artificiale generativa costituisce l’unica vera opportunità di disruption, e quella che le aziende possono proattivamente gestire: guerre ed elezioni americane sono fenomeni esogeni, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa è una scelta aziendale discrezionale: anche in questo caso meglio sarebbe essere disruptors piuttosto che disrupted”, ha osservato Dario Duse, Italy country leader di AlixPartners.

Cosa preoccupano i top manager italiani

Che poi aggiunge: “Le implicazioni a livello business possono essere molteplici e contemporanee: crescita della produttività, miglioramento della customer experience e del customer service, nuovi vettori di crescita dei ricavi e di creazione del valore, soprattutto per quelle organizzazioni che sapranno riconoscere e sfruttare al meglio le sue potenzialità. Il segnale positivo è che l’Italia risulta essere il paese dove questo risulta più chiaro al top management, che nel 70% dei casi vede proprio l’Ai e l’evoluzione tecnologica come la principale opportunità nella nutrita lista di disruptive forces”.

Nonostante una visione generalmente più ottimistica riguardo al futuro, permane comunque anche tra i top manager italiani una sensazione di incertezza: il 75% degli intervistati (15 punti in più della media) sostiene che è sempre più difficile capire a quali forze dirompenti dare priorità, mentre particolare preoccupazione destano i tassi di interesse (40%), la deglobalizzazione e il protezionismo (34%) e l’invecchiamento della popolazione (31%).

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