Diritto del lavoro e parità di genere sono due temi più affini di quanto si possa credere. Lo sa bene Claudia Schmiedt, avvocata specializzata in questa branca del diritto che dal 2016 collabora con lo studio legale Delfino e Associati, Willkie Farr & Gallagher. Qui Schmiedt ha portato la sua passione per la diversity e l’empowerment femminile diventando responsabile del gruppo di lavoro di “Diversity & Inclusion”. Un’attività che affianca a quella di socia di diverse associazioni che sostengono l’apporto delle donne nel mondo economico.

Per questo impegno e per la conoscenza del diritto del lavoro declinato in chiave diversity & inclusion, Schmiedt sarà sul palco di Women X Impact Summit 2023 l’evento che si svolgerà a Bologna a FICO Eataly World dal 23 al 25 novembre 2023 di cui Dealflower è media partner.

 

Di cosa parlerai nel tuo speech a X Women Impact Summit 2023?

Parlerò della certificazione di parità di genere e dei vantaggi per le aziende. Per ottenerla ogni impresa è chiamata a fare un assessment e questo consente di mettere in atto misure riparative o migliorative. Inoltre la certificazione dà diritto ad agevolazioni economiche come contributi, finanziamenti pubblici e più punti quando si partecipa a gare d’appalto.

 

Le agevolazioni fiscali non rischiano di far aderire anche realtà che lo fanno solo per tornaconto?

Bisogna lavorare per far diventare le adesioni formali qualcosa di sostanziale, introiettando quei comportamenti che si sono adottati per dovere o per il rischio di una sanzione. Credo però che le misure incentivanti servano nella fase iniziale per dare una botta al sistema.

 

Perché hai scelto di partecipare a X Women Impact Summit?

È il terzo anno che il mio studio partecipa e lo facciamo perché siamo convinti dell’utilità di questo evento. Per le figure più junior è un’occasione di apprendimento attraverso gli speech e i workshop. Inoltre è un’ottima occasione per conoscere persone e aziende con cui possono nascere connection e nuove opportunità lavorative.

 

Hai mai subito discriminazione?

Sì, le ho subite nelle mie relazioni affettive. Arrivata a un certo livello di seniority lavorativa mi sono trovata a guadagnare più della persona che in quel momento era al mio fianco e che non l’ha presa bene. E non si tratta di un singolo caso. Si sentivano minati nella loro figura di uomo leader al punto che si sono create delle situazioni di competitività estrema. Mi è anche capitato che ci si aspettasse da me un impegno nelle faccende domestiche che non era realistico tenendo conto del mio carico di lavoro che era peraltro uguale a quello del mio partner. Solo che nel suo caso era ovvio che non avesse tempo di occuparsene, mentre nel mio veniva vista come una mancanza.

 

Mondo dell’avvocatura e diversity: a che punto siamo?

Ogni anno la Cassa forense pubblica i dati annuali e gli ultimi erano preoccupanti. Emerge innanzitutto che le donne lasciano la carriera professionale prima degli uomini (in media verso 46,5 anni contro 51) e che il loro volume d’affari è quasi la metà di quello dei colleghi. Gli uomini fatturano mediamente 78mila euro, contro i 32mila delle avvocate. Anche l’età media delle gravidanze è molto alta: 36,7 anni. Come se fino a quell’età non si riuscisse o potesse dedicarsi contemporaneamente al lavoro e alla famiglia.

 

In Italia le norme per prevenire e punire la discriminazione sul lavoro sono blande o inesistenti. Cosa si potrebbe fare?

Il problema in Italia è che spetta sempre al lavoratore l’onere della prova. Ma dimostrare una discriminazione non è facile perché spesso non si sa nemmeno di subirla. Una buona notizia è arrivata dalla direttiva europea 2023/970 sul segreto salariale che ha invertito l’onere della prova tra lavoratore e azienda. Si tratta di una norma che obbliga i datori di lavoro a pubblicare il dato medio sulle retribuzioni e a indicare, fin dall’annuncio di lavoro, qual è il salario previsto. Ora spetta al legislatore italiano, che dovrà recepirla entro il 7 giugno 2026, dare concretezza alla direttiva.

 

Quali azioni si dovrebbero fare per migliorare l’occupazione femminile?

Credo che una delle chiavi sia lo smart working anche se vedo troppe aziende che su questo stanno tornando indietro. Uno dei fattori principali di discriminazione tra uomo e donna secondo me è il tempo: lavoriamo tutti troppo e se noi donne dobbiamo anche sobbarcarci il cosiddetto lavoro di cura è ovvio che rimaniamo indietro. Dovremmo lavorare un monte ore più umano, tenendo conto anche del tempo che tutti, uomini e donne, vogliamo e dobbiamo dedicare alla nostra vita privata.

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