Nel corso delle ultime settimane, l’attenzione degli operatori del settore si è concentrata su alcuni disegni di legge in materia di crediti non-performing (NPL), presentate in Parlamento da rappresentanti sia dei partiti di maggioranza che dell’opposizione. Anche il Governo sembrerebbe aver considerato la possibilità di introdurre delle norme, tramite la decretazione d’urgenza, ispirate a tali proposte. Tali circostanze stanno agitando non poco gli attori del mercato del credito, per le rilevanti conseguenze che ciò potrebbe comportare.
I singoli disegni di legge si caratterizzano per il comune intento di favorire l’estinzione dei debiti pecuniari dei debitori insolventi attraverso l’esecuzione di un pagamento “a saldo e stralcio”, che il debitore potrebbe eseguire qualora il creditore professionale (principalmente, una banca) sia intenzionato a cedere il credito a terzi.
La forma tecnica con cui raggiungere questo obiettivo varia a seconda della proposta (e.g., la valutazione del pagamento transattivo può avvenire prima o dopo la cessione del credito a terzi) e per l’importo da corrispondersi per la liberazione del creditore (e.g., un corrispettivo di cessione aumentato dal 20% al 40% o ancora il valore di libro, a seconda delle proposte), ma la sostanza è sempre la medesima, ovvero consentire l’esdebitazione del debitore bancario pagando meno di quanto originariamente dovuto.
Le criticità
I profili critici riguardanti tutte le proposte sono significativi e rilevantissimi. La principale perplessità risiede nella circostanza che tutte le proposte di legge consentono ai debitori una esdebitazione con pagamento parziale al di fuori di qualsiasi procedura giudiziale (e in assenza di coordinamento con tali procedure, ove le stesse siano in essere al momento della cessione del credito), influendo dunque in via immediata e diretta sull’autonomia negoziale dei soggetti coinvolti e arrecando potenzialmente pregiudizi gravissimi al sistema bancario.
Ciò peraltro crea una compressione dei diritti che il nostro ordinamento riconosce, generalmente, solo nell’ambito delle procedure concorsuali, e che si giustifica per il superiore interesse relativo alla protezione della totalità dei creditori e della relativa par condicio e dell’economia in generale. Si possono dunque, sin da subito, avanzare dubbi sulla costituzionalità di tutte le proposte (che andrebbero, peraltro, ad impattare con effetto retroattivo su operazioni già effettuate, con chiara lesione del principio di certezza del diritto che è caposaldo essenziale per avere un mercato appetibile ed interessante per gli investitori domestici e internazionali).
Ciò detto, in un’ottica più ampia, colpisce la generale incoerenza di queste proposte di legge con il quadro normativo attuale e con le linee politiche legislative più recenti, sia a livello nazionale che europeo.
L’Europa chiede da anni alle banche di dismettere gli attivi problematici e di porre in essere politiche di svalutazione dei crediti rapide ed efficienti, in un’ottica di pulizia dei bilanci e tutela della stabilità del sistema. Per fare ciò, è necessario costruire un mercato secondario del credito solido, trasparente ed affidabile: tale è l’importanza del settore che la Commissione Europea si è dotata di un apposito Action Plan che riporta le linee guida di sviluppo del settore, peraltro da poco aggiornato alla luce del potenziale aumento di crediti problematici successivo alla pandemia. Tra i pilastri di questa strategia vi sono lo sviluppo di un efficiente mercato di crediti (cessioni di crediti dalle banche a investitori istituzionali, tramite ad es. operazioni di cartolarizzazione) e l’efficientamento delle procedure di recupero del credito.
Al contempo, in Italia negli ultimi anni si è fatto quanto possibile per velocizzarle e massimizzare recupero delle pretese dei creditori: in tal senso si pensi alle innovazioni introdotte dalla riforma Cartabia, all’introduzione nel nostro ordinamento delle garanzie non possessorie e alla rivalutazione dei c.d. patti marciani (i.e., la possibilità per il creditore di rivalersi sui beni cauzionali, restituendo l’eccedenza al debitore).
In questo scenario, tutti i disegni di legge presentati (e l’interesse del Governo per gli stessi) irrompono con proposte di segno diametralmente opposto, introducendo una opzione di pagamento a stralcio “obbligata” che, lungi dal rendere più efficiente il mercato, consente al debitore di estingue i propri debiti per valori realisticamente inferiori a quelli che il creditore potrebbe recuperare. È verosimile, infatti, che l’opzione di pagamento “a stralcio” sia esercitata dai debitori solo quando il valore da corrispondere al creditore risulti inferiore rispetto al patrimonio aggredibile.
In questo senso, tutte le recenti iniziative parlamentari hanno il potenziale per distruggere un settore che in Italia ha avuto uno sviluppo virtuoso, consentendo il veloce risanamento del comparto bancario e catturando l’interesse di investitori istituzionali che hanno scelto il nostro Paese come sede d’investimento.
La destabilizzazione del comparto che conseguirebbe all’emanazione di simili norme ridurrebbe la credibilità dell’Italia come partner affidabile nel settore dei servizi bancari e finanziari (in alcuni casi, peraltro, i disegni di legge propongono di intervenire su operazioni di cessione di crediti già eseguite, con possibile pregiudizio per l’acquirente nel contesto di operazioni già concluse) andando quindi a pregiudicare il funzionamento del mercato secondario del credito che oggi, dopo anni, sta finalmente raggiungendo target di efficienza e professionalità di livello europeo ed internazionale.
Peraltro, appare appena il caso di dire che tutto ciò influirà con ogni probabilità anche sul mercato primario del credito: una legislazione che peggiori drasticamente le prospettive di recupero del credito (di cui la cessione dei crediti distressed rimane una modalità esecutiva essenziale) non potrà che influire negativamente sulla concessione di nuovo credito da parte delle banche con una restrizione rilevante quindi delle nuove erogazioni. Ciò, in un periodo in cui l’aumento dei tassi di interesse sul mercato rende, nei fatti, più complesso reperire credito per famiglie ed imprese.
L’idea di impedire la circolazione dei crediti di origine bancaria offrendo ai debitori una way out per preservare il proprio patrimonio con un pagamento transattivo forzoso sembra, però, nei termini posti dalle proposte di legge depositate in Parlamento, una richiesta ingiustificabile. Dalla politica sarebbe ragionevole attendersi proposte sensate (e non sensazionalistiche), considerata l’estrema delicatezza del tema.
Sugli autori
Giuseppe De Simone è il Co-responsabile del Dipartimento di Diritto Bancario e Finanziario di Gianni & Origoni
Alfonso Parziale è ;Managing associate di Gianni & Origoni, si occupa di diritto bancario e finanziario