Dova va l’M&A? Con quali trend del mercato, attraverso quali punti fermi e con quali criticità? Alcune risposte, soprattutto sulla centralità delle acquisizioni per la crescita delle aziende e sull’importanza di una due diligence accurata anche in ambito Esg, arrivano dalla terza Conference in deep M&A presso il Centro svizzero di Milano. L’evento di confronto è stato organizzato da Dealflower in partnership con Banca Mediolanum, Giovanardi Studio Legale, Portolano Cavallo e Datasite. I panel della giornata sono stati moderati dalla direttrice Laura Morelli.

M&A: due diligence più lunga, i deal makers cercano più qualità rispetto a quantità

Il quadro italiano rispetto al primo trimestre 2024 vede una ripresa del settore M&A. Lo ha sottolineato Nicolò Violani, vice president sales – Italy & Spain di Datasite parlando di “kpi positivi e di una crescita del 3,3% anno su anno rispetto al primo trimestre 2024. Il valore delle operazioni è alto: 24,7 miliardi. Si tratta del miglior numero dell’ultimo triennio su trimestre anche se i numeri risentono del mega deal Swisscom-Vodafone”.

Altro trend, l’aumento delle tempistiche della due diligence se, come rileva Violani “la durata dei processi è cresciuta negli ultimi due anni”. Michele Marocchino, managing director di Lazard, ha invece registrato “una vivacità del mercato e l’aumento dei compratori strategici, soprattutto statunitensi”. Due esempi su tutti sono “l’acquisizione di Accenture su Intellera e Vandemoortele su Dolciaria Acquaviva”. Punto focale per Roberto Segantin, managing director e head of M&A Italy di Santander Corporate & Investment Banking, è la transizione energetica se “per i policy maker il trend è la neutralità tecnologica. Ci si può arrivare solo se si punta su differenti tecnologie poiché nessuna risolverà da sola il problema del global warming. L’M&A accelera il processo per mettere a fondo gli investimenti e fare scala. Anche per l’elettrificazione dei consumi e della mobilità c’è bisogno di scalare e di cresce”.

L’occhio all’internalizzazione è fondamentale driver per Andrea Airaghi, group managing partner – M&A & corporate affairs di Bip, laddove rispetto al consulting “stiamo continuando a lavorare sull’espansione internazionale che rimarrà un driver insieme alla specializzazione settoriale. Nella prossima operazione abbiamo due priorità europee, Francia e Germania, capitolo Usa è invece rimandato a quando saremo più robusti”.

Paolo Fietta, group cfo & head of corporate services di Artsana Group conferma l’importanza dell’apertura a nuovi mercati con una strategia che punta a “trovare l’azienda locale che ha buona presenza per poi acquisirla e integrarla con prodotti di tipo diverso e quindi così accelerare le tempistiche. Ci vuole tempo ma se si seleziona correttamente il target con un team adeguato è molto più semplice il salto”.

Esg: governance messa da parte in passato, ora è il suo momento

Sui criteri Esg, l’interesse ora è sulla governance grazie anche al ruolo dei fondi. Andrea Di Segni, senior managing partner di Morrow Sodali, ha spiegato come il supporto di questi ultimi “dà la possibilità di riuscire a capire la grandezza del mondo Esg e gli aspetti sui quali puntare per capire il target M&A: per esempio la struttura dei manager”.

Massima attenzione quindi alla governance come ha sottolineato Lucia Segni, coo & head of Esg di Armonia Sgr, parlando dello sforzo del fondo private equity dedicato a piccole e medie imprese per “portare una cultura nelle aziende che abbiamo comprato rispetto agli argomenti della sostenibilità. Su Esg non c’è solo la ‘E’ della sigla Esg, la vera difficoltà è agire sulla governance per creare valorizzazione.”.

Sul profilo di evoluzione della governance si è espresso anche Paolo Benazzo, of counsel di Giovanardi Studio Legale, parlando di “governance totalmente cambiata rispetto al passato. È un elemento difficile da individuare, misurare e implementare, ma invece va trovata una nuova attenzione su di essa quando si parla di M&A”. L’attenzione sulla governance rende ancora più importante la due diligence “per agire a livello contrattuale con diverse clausole. Non solo quelle contrattuali come i kpi. Bisogna intervenire sulle clausole statutarie per evitare il conflitto e dare ai soci un mandato deciso”, ha concluso il legale. E infine Piero Munari founder e managing partner di Arwin & Partners ha sottolineato il ruolo dei kpi in tema sostenibilità sostenendo inoltre che “per le società quotate in Borsa la parte più cruciale è la ‘g’ di governance che non è però sotto controllo rispetto al rischio”.

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