Formare al lavoro e alle competenze che cambiano con l’aiuto della tecnologia. L’edtech in Italia vale oltre 2.8 miliardi di euro e cresce del 26% di anno in anno, ma quali sono i trend e i player che lo guidano? Cosa serve alle startup per crescere? E cosa cercano i fondi e le corporate da questo settore? Anzi, diciamo meglio, cosa cercano da questo ecosistema?

Ne hanno parlato rappresentanti delle istituzioni milanesi, del mondo delle imprese e startupper durante l’Aperitech “Connettere, collaborare, creare: l’ecosistema edtech in continua evoluzione” di mercoledì 19 giugno presso lo Spazio Eventi Dealflower, evento organizzato con il patrocinio di GEOsmartcampusInnovUpItalian Tech AllianceSilicon Drinkabout e xEdu. Partner dell’evento sono stati Efi e 12Venture.

Gallante di 12Venture: “La tecnologia aiuta a rinnovare la forza lavoro”

Prima però è stato importante descrivere il contesto con l’aiuto dei dati del Rapporto EdTech 2024 dell’Osservatorio di Enzima12. Considerando che l’età media della forza lavoro italiana rispetto a quella europea è significativamente più alta e quindi l’innovazione generalmente più difficile, con una lunga permanenza nel mondo professionale dei lavoratori più maturi.

Fabrizio Gallante, managing partner di 12Venture, ha spiegato che “life long learning e mercato del lavoro vanno a braccetto. Oggi siamo in una tempesta perfetta. Notiamo uno scarso utilizzo della formazione all’interno delle imprese, ma sappiamo allo stesso tempo che il contesto italiano è fatto da imprese con forza lavoro che è poco rinnovabile visto il mancato ricambio, considerando anche solo un suo fattore di rallentamento come l’inverno demografico. Quindi bisogna intervenire sulle competenze dato che l’età è alta e la tecnologia in questo senso ci aiuta. Chi si occupa di edtech e skill wallet ha come sfida quella di toccare popolazione con età avanzata e cambiare l’approccio culturale delle imprese, puntando su accessibilità e inclusione, insieme a microlearning e valorizzazione”.

L’assessora allo Sviluppo economico e politiche del lavoro del Comune di Milano Alessia Cappello ha sintetizzato come in Italia “siamo molto ed e poco tech. Milano è di certo una città innovatrice, smart city, che cerca di giocare la partita del digitale e della transizione con altre capitali europee e dove le startup e scaleup possono trovare terreno fertile. Ma anche il lavoro è profondamente cambiato e il digitale può essere attrattore di competenze favorendo il cambiamento generazionale; sia perché il digitale può creare competenze, sia infine rappresentando una competenza in sé”.

Sara De Benedetti di Oltre Impact: “Puntiamo su Faba”

Sara De Benedetti, investment manager di Oltre Impact, ha evidenziato che in quanto investitore “siamo nati con una missione generalista con lo scopo, dal 2004, di generare impatto sociale. Siamo partiti con un veicolo di 8 milioni, è andata bene e abbiamo restituito tutto agli investitori. Nel 2021 abbiamo lanciato l’ultimo fondo che continua a investire in diversi settori ma su società in una fase più avanzata. Nel mondo dell’education ci sono possibilità molto interessanti dal nostro punto di vista come Faba che punta a ridurre il tempo che i bambini passano davanti agli schermi o a cambiarne in qualche modo le caratteristiche. Una sorta di podcast per i più piccoli”.

Federica Pasini, co-fondatrice & ceo di Hacking Talents, ha puntualizzato che “collaborare è cruciale, ho puntato molto su questo nella costruzione della mia startup. Credo fortemente che noi impariamo attraverso la relazione con l’altro e volevo mettere questa idea a sistema, tramite il networking e il coaching in azienda e tramite l’incontro con i colleghi. Abbiamo raccolto 245mila euro, ora siamo in una fase più di difficoltà, non lo nascondo, e ci rendiamo conto che c’è bisogno ancora di fare molto lavoro nella percezione delle risorse umane anche rispetto ai pregiudizi su servizi come questi”.

Alessandro Rimassa di Radical Hr: “Il 2030 ci aspetta”

Alessandro Rimassa, fondatore & ceo di Radical Hr, ha invece trovato le parole per descrivere che “viviamo un paradosso. Abbiamo alle spalle una storia di sofferenze e disoccupazione, di contratti non pagati e morti sul lavoro. Davanti a noi in un tempo brevissimo abbiamo la piena occupazione prevista nel 2030. Chi cercherà lavoro lo troverà e questo cambierà il rapporto tra persone e aziende. Abbiamo bisogno di servire le aziende in maniera diversa, non è più il taglio costi al centro ma lo sviluppo del capitale umano, non solo talenti ma anche risorse più di base. Poi chi fa impresa in campo hr ed edtech non deve pensare solo alle startup o solo di unicorni, stando attenti a non creare una retorica sbagliata”.

Davide Conforti, managing director di Edflex Italia, ha puntalizzato come rispetto al contesto europeo la Francia “non faccia nulla di magico. La concentrazione del tessuto è diversa, lì molto più focalizzata territorialmente, qui in Italia più frammentato. Quindi bisogna cercare di costruire dei distretti, che sono nella nostra storia, vanno replicati anche nell’education technology: società specializzate e concentrate”.

Marco Mazzini, fondatore e ceo di Dokimazo, ha poi confermato “la visione da ‘ecosistema’ per l’edtech. Ma rispetto al nanismo delle nostre imprese non è tutto sbagliato, forse la dimensione gigante non fa parte del nostro dna. Magari il modello non è il gigantismo, ma appunto il modello del distretto. Poi, ricordiamoci che edtech, fintech, sono convenzioni linguistiche per sottolineare la competenza tecnologica. Ma il tech è un abilitante non un obiettivo. L’ed è il customer, l’utente e va mantenuto al centro per avere successo nelle nostre esperienze imprenditoriali“, ha concluso Mazzini.

Mentre Kevin Giorgis, presidente di Efi e managing director di 12Venture, ha spiegato in chiusura che la presenza all’aperitech “di fondi, startup in early stage, realtà diverse, nasce dall’idea di formare un’ecosistema, una rete di collaborazione che funziona”.

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