Enel lascia definitivamente la Russia grazie a una deroga al decreto Putin che aveva vietato qualunque cessione di asset russi da parte di società estere. Il gruppo energetico italiano, infatti, ha perfezionato la cessione dell’intera partecipazione detenuta in Pjsc Enel Russia, pari al 56,43% del capitale sociale di quest’ultima, a Pjsc Lukoil e al Closed combined mutual investment fund “Gazprombank-Frezia”, per un corrispettivo totale pari a circa 137 milioni di euro.

Si conclude così la cessione degli asset di generazione elettrica in Russia – che includono circa 5,6 gigawatt di capacità convenzionale e circa 300 megawatt di capacità eolica in diverse fasi di sviluppo – avviata da Enel nel 2019. L’operazione poi è in linea con l’obiettivo strategico del gruppo di concentrare le proprie attività principalmente nei paesi “in cui una posizione integrata lungo la catena del valore può guidare la crescita e migliorare la creazione di valore facendo leva sulle opportunità offerte dalla transizione energetica”, si legge in una nota.

“L’operazione complessiva – fa sapere Enel – ha generato un effetto positivo sull’indebitamento finanziario netto consolidato del gruppo per circa 610 milioni di euro e un impatto negativo sull’utile netto di gruppo reported di circa 1,3 miliardi di euro, principalmente dovuto al rilascio della riserva di conversione cambi, per circa 1,0 miliardi di euro al 30 settembre 2022. Questo effetto contabile non avrà alcun impatto sui risultati economici ordinari”.

Enel in trattativa con pool banche per una linea di credito da 16 miliardi contro il rischio derivati

Intanto, secondo quanto riportato da Bloomberg e da Reuters, il Cane a Sei Zampe Enel sta trattando con un pool di banche una nuova linea di credito fino a 16 miliardi di euro con garanzia Sace del 70% per coprire il rischio derivati legati all’aumento dei prezzi dell’energia.  Si tratta di uno strumento ideato dal governo uscente guidato da Mario Draghi per proteggere aziende come Enel che è controllata dallo Stato,  dall’impatto sui costi dell’energia dell’invasione russa dell’Ucraina.

Tra le banche coinvolte ci sono Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper e anche Cdp. Secondo indiscrezioni la Ca’ de Sass e Unicredit parteciperebbero con 5 miliardi a testa, mentre Banco Bpm, Bper e la Cassa con 2 miliardi ciascuno.

A quanto si apprende il colosso energetico sta ancora lavorando con i creditori sul piano, che probabilmente comporterà una linea di credito revolving della durata di 18 mesi. Ciò consentirà all’azienda di procedere con l’attuale programma di finanziamento senza dover accantonare liquidità per i margin call se i prezzi del gas dovessero continuare a salire.

Gli advisor per la cessione dell’asset in Russia

L’operazione è stata curata da un team in house guidato dal general counsel Giulio Fazio e composto da Rodolfo Avogadro di Vigliano, responsabile dell’unità m&a and group significant litigations, e da Paloma Mateo Martin e Giuseppe Ciccarelli dello stesso team.

Enel si è avvalsa inoltre dell’assistenza di Dentons, con un team multidisciplinare e multigiurisdizionale coordinato dal managing partner Federico Sutti e dalla partner Antonella Brambilla e composto dal managing partner Alexei Zakharko, dal senior associate Dmitry Mikryukov e dall’associate Oxana Kravchenko.

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