Così come il debito pubblico, che con i vati Btp il Governo sta cercando di “portarlo” in mani italiane e renderlo più stabile, così si dovrebbe fare con la Borsa italiana. Gli investitori istituzionali italiani nel Ftse Mib rappresentavano infatti, a fine 2023, meno di 2 miliardi di euro di investimenti, contro i 3,5 miliardi dei fondi britannici, i 6 miliardi di quelli europei e i 7,5 miliardi di quelli statunitensi. Lo rivela la ricerca sugli investimenti nelle società quotate italiane a cura del Centro Baffi dell’Università Bocconi, in collaborazione con Equita, presentata a Milano martedì 28 maggio dai professori Stefano Gatti e Stefano Caselli.
Un dato che conferma una netta dominanza dei fondi stranieri nelle compagini sociali delle quotate italiane con conseguenti impatti significativi in termini di performance soprattutto nei periodi di stress dei mercati, a causa della maggiore volatilità degli investimenti esteri rispetto a una stabilità perlomeno sulla carta da parte di quelli domestici. Investitori che “rappresentano meno del 10% degli investitori nelle nostre società quotate”, ha ricordato Andrea Vismara, amministratore delegato di Equita, nel corso del convegno, aggiungendo che “senza uno zoccolo duro di investitori istituzionali domestici un mercato dei capitali non può essere efficiente”. Ciò che servirebbe dunque è “una partecipazione attiva dei grandi gruppi finanziari del paese, i quali, dedicano poche risorse e attenzione allo sviluppo dei nostri mercati”, ha detto Vismara
Enti previdenziali esterofili
Come se non bastasse, la quota investita dagli istituzionali si sta riducendo. Sempre secondo la ricerca, se si guarda agli investitori istituzionali italiani cosiddetti long term come enti previdenziali e assicurazioni, la percentuale di patrimonio investita in Italia risulta in costante diminuzione, a favore della quota investita all’estero. Nel dettaglio, quanto ai fondi di previdenza complementare gli investimenti fatti in Italia sono scesi dal 28% del totale nel 2018 al 21% nel 2022. Gran parte di tale percentuale è riconducibile peraltro ai titoli di Stato e meno dell’1% è investito in titoli azionari domestici. Le assicurazioni italiane hanno invece dedicato nel tempo una percentuale sempre molto contenuta dei propri investimenti ai titoli azionari domestici, compresa tra il 2 e il 3% del totale degli asset.
Tale dinamica, spiega la ricerca, è legata non solo alla volontà di diversificazione geografica ma anche alla capacità dei mercati esteri di offrire opportunità d’investimento più interessanti sotto un profilo di flessibilità, tipologia di prodotti e rendimento. Ciò è legittimo ma cozza con la natura di questi soggetti che raccolgono il risparmio privato e lo investono per garantire una pensione integrativa ai cittadini ma non in imprese italiane, cioè dove lavorano i sottoscrittori.
Risparmio eroso
Ad aggiungere carne al fuoco è il fatto, ricorda Vismara, che “quasi la metà delle disponibilità di risparmio sono allocate in beni immobiliari” o lasciati parcheggiati nei conti correnti. Un’allocazione “subottimale” ha detto Vismara che ha conseguenze su risparmio stesso: “Il valore reale dello stock di risparmio è diminuito in 10 anni di quasi l’8%. Nel 2000 il patrimonio pro capite degli italiani era superiore del 50% rispetto ai tedeschi, nel 2022 era più basso del 35%”. Aspetto sul quale è d’accordo anche Davide Serra, numero uno di Algebris, che intervenuto al convegno ha ricordato come questa allocazione subottimale sia legata anche all’intermediazione dello Stato, che “emette Btp”. Inoltre, ha ricordato Antonio Misiani, Vicepresidente V Commissione Senato, “solo il 36% degli italiani ha sottoscritto un fondo pensione”, un tema “sociale” che va risolto per il senatore ad esempio “verso generalizzazione del silenzio assenzo”.
Dal fondo di fondi ai strumenti ad hoc
Cosa fare dunque per rendere la Borsa nuovamente italiana? Una proposta – o meglio un annuncio – c’è già stata la settimana scorsa, cioè un fondo di fondi da 1 miliardo proclamato dal sottosegretario al Mef Federico Freni, che stando alle intenzioni raccoglierà risorse pubbliche, da Cdp, e private per investire nelle piccole e medie imprese quotate.
Ma durante la presentazione della ricerca sono emerse altre proposte come la creazione di una campagna dedicata appositamente alla sottoscrizione delle azioni quotate, replicando il successo del Btp Valore, con una serie di iniziative che Equita e Bocconi suggeriscono di chiamare Italian Equity Valore, ma anche l’inserimento di obiettivi legati allo sviluppo del mercato dei capitali nei compiti delle autorità di vigilanza; una revisione della fiscalità d’impresa, che permetta di sostenere in
maniera strutturale il collegamento tra risparmio e sviluppo economico attraverso i mercati dei capitali.
Poi c’è il tema del mercato unico dei capitali, che per il sottosegretario Freni, intervenuto con un video, “non è più una scelta ma una necessità” assieme “alla vigilanza centrale unica europea”. Per questo Freni ha detto di voler far crescere la capital market union “partendo da una revisione strutturata del sistema sanzionatorio e sostenendo la collaborazione tra pubblico e privato”, spiegando che “il rapporto di Enrico Letta ci indica dove dobbiamo andare: un sistema market friendly, una scatola che possa contenere il rapporto pubblico-privato e uno stimolo europeo agli investimenti”. Secondo il sottosegretario “in Italia abbiamo la fortuna di avere un player importante come Cassa Depositi e Prestiti e la fortuna di disporre di risorse che possiamo sfruttare meglio di come stiamo facendo”.
Secondo Vismara, inoltre, “bisogna recuperare lo spirito” del Testo Unico della Finanza, in cui, tra gli obiettivi della vigilanza, viene indicato “il raggiungimento del fine con il minore sacrificio dell’interesse dei destinatari e la competitività del sistema”. In tal senso, “abbiamo visto segnali incoraggianti da parte della Consob, anche se Bankitalia è ancora molto lontana da questo tipo di vigilanza”. Vismara si augura che “l’approccio costruttivo mostrato finora dal governo possa contare su un approccio del sistema per creare un ecosistema in linea con gli esempi più virtuosi del Nord Europa”.