L’intesa su Eurovita, seppure “in extremis”, è arrivata. Il lavoro per definire l’accordo per il salvataggio degli asset in portafoglio al gruppo assicurativo, portato avanti fino a venerdì 30 giugno, termine ultimo fissato dall’Ivass per la scadenza del blocco dei riscatti, ha portato a una soluzione “di sistema”. Al di là dell’espressione, presa in prestito dall’algebra, significa che le maggiori compagnie assicurative italiane: Allianz, Generali, Intesa Sanpaolo Vita, Poste Vita e Unipolsai si sono accordate per creare una nuova società che s’impegnerà ad acquistare Eurovita in cambio di una cifra simbolica, intestandosi le polizze stipulate da 353mila clienti e procedere, successivamente, a uno spacchettamento.

A sbloccare la situazione, la disponibilità dei grandi istituti di credito a fare da “garanti” alle piccole banche distributrici. Le sei banche finanziatrici, ovvero Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Bper, Mps, Crédit Agricole e Mediobanca, metteranno a disposizione un prestito ponte di circa 6 miliardi, pari al il 70% dei 9 miliardi di polizze a capitale garantito vendute da Eurovita, corrispondente al valore dei prodotti assicurativi collocati dalle banche.

Ma come si è arrivati all’attuale situazione?

Un passo indietro

Eurovita nasce a fine 2017 dalla fusione di Ergo Previdenza con Old Mutual Wealth Italy ed Eurovita Assicurazioni. La crisi scoppia lo scorso settembre, quando l’Ivass chiede a Cinven, fondo di private equity anglosassone cui la società fa capo, di ricapitalizzare la compagnia, arrivata nel frattempo alla soglia minima di Solvency II (117% al 30 giugno 2022, contro la media delle compagnie assicurative italiane del 230%). Una richiesta che l’ente di vigilanza sulle assicurazioni aveva già rivolto a metà del 2022, “suggerendo” un aumento di capitale da circa 200 milioni.

Invece di seguire tali indicazioni ed effettuare subito la ricapitalizzazione, Cinven tergiversa, cercando un acquirente, identificato nel fondo di private equity, Jc Flowers, lo stesso che le aveva venduto la compagnia, e di Munich Re, gigante della riassicurazione. A gennaio, nuovo colpo di scena: Jc Flowers e Munich Re si tirano indietro, costringendo l’Ivass a nominare un amministratore provvisorio, Giuseppe Santoliquido, commissariando di fatto la società e sospendendo gli organi societari, che però restano congelati al loro posto. A inizio febbraio, inoltre, l’Ivass blocca i riscatti polizze vita da parte dei clienti, ciò che crea un allarme reputazionale presso l’intero mondo assicurativo, già preoccupato per la fuga dei risparmiatori dalle polizze vita, usate fino a quel momento come investimenti nell’epoca dei tassi bassi ma poi abbandonati per il ritorno dell’attrattività dei Btp decennali. Si arriva infine ad oggi, con il piano di “salvataggio” a cinque.

A guardare la storia di Eurovita si capisce che parte dei problemi dell’assicurazione commissariata sono legati al rapido aumento dei tassi Banca centrale europea, fermi da anni a livelli bassissimi, ma che salendo di 400 punti base in 11 mesi hanno fatto perdere valore alle obbligazioni governative sottostanti, erodendo i livelli minimi di capitale richiesti dalla vigilanza a Eurovita. Si tratta comunque di bond ad elevato rating, che alla scadenza dovrebbero essere rimborsati integralmente.

Le linee guida del piano

Il piano, la cui messa a punto ha visto anche la partecipazione dell’Ania, prevede la suddivisione di Eurovita in cinque rami d’azienda, poi rilevati dai big assicurativi coinvolti. La spartizione del portafoglio non sarà esattamente uguale per ogni compagnia, ma dipenderà anche dalla ripartizione delle quote allocate presso i vari istituti.

Ciò porterà di fatto alla scomparsa di compagnia e brand, mentre i titolari delle polizze passeranno a contratti con Generali, Unipol, Allianz, Poste o Intesa, con le garanzie del caso previste. Il comparto si impegnerà quindi a farsi carico del rischio assicurativo e dei costi connessi all’integrazione del ramo d’azienda, assorbimento del personale compreso (250 dipendenti). Dal punto di vista degli istituti coinvolti, l’operazione prevede la fornitura di liquidità, sotto forma di linee di credito, per coprire le eventuali richieste di riscatto, attese su livelli tra il 20 e il 30% (ben oltre cioè il 5% delle compagnie sane). Concordato anche il tasso fisso indicativo applicato sui finanziamenti forniti alle compagnie, della durata di otto anni, che sarà in linea con i valori di mercato e si attesterà attorno al 4%.

In caso di richiesta di riscatto della polizza da parte del cliente, gli istituti dovranno subentrare nel contratto e portarlo a scadenza, beneficiando dell’eventuale rendimento e rimborso del capitale. Proprio sulle modalità di questo passaggio si è giocato l’esito dell’accordo, sulla base della disponibilità dei grandi istituti di credito ad impegnarsi nel salvataggio, tutelando gli interessi dei soggetti più piccoli che avevano distribuito ai propri clienti le polizze Eurovita.

Tempi di attuazione

Questione cruciale, ora, quella dei tempi. In effetti, far confluire sotto insegne diverse il portafoglio di polizze in capo a Eurovita, non è operazione che si possa compiere velocemente. Centrata la scadenza del 30 giugno, imposta dall’Ivass per evitare una fuoriuscita incontrollata dei capitali che avrebbe potuto mettere a repentaglio l’azienda e il destino di alcuni premi, sorge ora un’altra questione: la newco temporanea destinata a rilevare il portafoglio del gruppo assicurativo non dispone, al momento, come è naturale, della licenza assicurativa. Dunque, per poter operare ha bisogno delle autorizzazioni di Ivass e Covip. Senza considerare che l’intero schema dovrà ricevere l’ok dell’Antitrust (operazione che richiederà almeno un paio di mesi), al netto di agosto, che potrebbe rappresentare un ulteriore periodo di dilazione.

L’Ivass ha quindi disposto la proroga fino al 31 ottobre della sospensione dei riscatti delle polizze da parte dei clienti, “per consentire – secondo quanto comunicato ad accordo raggiunto – l’ordinato trasferimento delle polizze. Copre il periodo fino al 31 ottobre 2023, per tenere prudenzialmente conto dei possibili tempi tecnici richiesti dalla realizzazione del trasferimento stesso”.

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