I family office aumentano il peso degli alternatives nell’asset allocation, cercando rendimento laddove si può trovare in questa fase storica, ovvero nell’economia reale. E’ uno dei punti principali che emerge da una survey condotta da PwC Italy.
Dealflower ha parlato dei risultati del sondaggio con Gianluca Di Maio (GDM – nella foto di copertuna), deals director–family office PwC Italy, che ha curato la pubblicazione con il partner Nicola Anzivino.
Di Maio, quanti family office avete interpellato e con quali obiettivi?
GDM: “Abbiamo intervistato una quarantina di family office di matrice italiana. Siamo stati in grado di individuarli e contattarli grazie al network di PwC. Ci siamo posti il traguardo di indagare quali sono gli obiettivi che spingono una famiglia a costituire un family office (Fo) o ad affidarsi a un multifamily office (Mfo)”.
Quali sono le principale evidenze che sono emerge dalla survey?
GDM: “Le famiglie costituiscono un Fo o si affidano a un Mfo per monitorare il patrimonio, controllare i flussi con le banche e i costi correlati, diversificare il rischio. L’obiettivo principale delle famiglie è focalizzarsi sull’azienda e dedicare meno tempo ed energie alla gestione del patrimonio personale, che viene utilizzato per diversificare gli investitmenti, guardando fuori dall’Italia e oltre i settori tradizionali”.
Come sono strutturati?
GDM: “I Mfo hanno ovviamente strutture più grandi e articolate. I Fo sono strutture di 3-4 persone, che danno in outsourcing diverse attività, come la valutazione degli investimenti di private equity e venture capital e quelli nel real estate. In outsourcing vengono dati anche i servizi molto specialistici, come contabilità e cybersecurity, o attività time consuming, come il monitoraggio del patrimonio, che viene effettuato tramite software o advisor esterni”.
E’ molto interessante il dato che emerge sull’asset allocation: si nota uno spostamento verso gli alternatives…
GDM: “Sì, abbiamo notato che i family office hanno ridotto dell’8% la componente obbligazionaria nei portafogli. Si tratta di un effetto dei tassi negativi. Rispetto all’anno scorso, in modo quasi speculare ai bond, è cresciuto del 7% il peso degli alternatives. Inoltre, c’è poco appetito per le criptovalute: quasi l’80% del campione non ha ancora investito e non intende farlo nel breve termine. Solo una piccola percentuale l’ha già fatto”.
Tornando agli alternatives, quali investimenti avete inserito in questa categoria?
GDM: “Real estate e fondi immobiliari, private equity e venture capital, investimenti diretti in club deal. Gli investimenti in economia reale, in altri termini”.
E quanto pesano gli alternatives?
GDM: “Il peso nel portafoglio medio di Fo e Mfo è salito al 48%, con un incremento soprattutto di private equity e venture capital”.
Negli investimenti diretti in club deal quali logiche seguono?
GDM: “Investono perlopiù in minoranza, al fianco di un financial sponsor che fa da anchor investor. E’ il modello di Tamburi, per intenderci. Questo tipo di investimenti consente alle famiglie di imprenditori, che magari hanno già venduto l’azienda, di essere ancora coinvolti in un’impresa, ma non a tempo pieno. Gli investimenti diretti vengono effettuati valutando soprattutto il management team e il panorama competitivo dove opera la società. In altri termini, le famiglie puntano sui settori che conoscono. I club deal si basano sulla relazione con il financial sponsor, che svolge la due diligence, e sul track record che può vantare”.
Gli investimenti nell’economia reale sono un fenomeno temporaneo?
GDM: “No, dalla nostra survey emerge che è un trend che continuerà nel prossimo futuro”.
Un’ultima domanda, Di Maio. Qual è il peso delle tematiche Esg nelle strategie di investimento di Fo e Mfo?
“E’ un tema che comincia a pesare, ma è ancora marginale. Rispetto agli istituzionali non è cruciale. Alla domanda se i parametri Esg sono importanti nella selezione dei fondi, la risposta è no. Anche la filantropia e gli investimenti a impatto stanno cominciando a entrare nell’agenda, ma Fo e Mfo italiani sono in ritardo rispetto agli omologhi esteri. Sostengono soprattutto le strutture sanitarie e le persone disagiate”.