Difficile per la Bce. Altrettanto difficile per la Fed. Fermarsi ancora oppure spingere ancora sul rialzo dei tassi, con un ulteriore aumento del costo del denaro? Sissignori. Anche la Federal Reserve è spaccata. E mercoledì 20 settembre tocca a Jerome Powell e al Fomc, il braccio operativo della Banca centrale americana, riunirsi e decidere come proseguire la propria politica monetaria. Dopo la pausa decisa prima dell’estate, i tassi fermi al 5,5%, quale decisione verrà presa? E allora ecco come si sono espressi i funzionari della Fed nelle ultime settimane.

Tra i più hawkish, un po’ a sorpresa, ma neanche troppo, proprio il presidente Powell, per quanto le sue parole risalgano a Jackson Hole: “Siamo pronti ad alzare ulteriormente i tassi se necessario e intendiamo mantenere la politica restrittiva fino a quando non saremo certi che l’inflazione si stia muovendo in modo sostenibile verso il nostro obiettivo. Procederemo con cautela nel decidere se inasprire ulteriormente i tassi o se invece mantenerli stabili”. Insomma, un ulteriore rialzo non è affatto fantascienza, anzi.

I più hawkish della Fed sono i fedelissimi di Powell

Come lui la pensa anche Susan Collins, governatore della Federal Reserve di Boston: “Anche se potremmo essere vicini, o addirittura al picco massimo per i tassi di policy, un ulteriore inasprimento potrebbe essere giustificato, a seconda dei dati in arrivo”.

Allineato con la posizione falco, anche Loretta Mester, presdiente della Fed di Cleveland: “Penso che una stretta insufficiente sarebbe un errore peggiore di una stretta eccessiva, perché possiamo correggere la rotta. Una stretta insufficiente significherebbe che l’inflazione rimarrebbe alta più a lungo e non credo che sia un’ipotesi da prendere in considerazione”.

Fedele al pensiero del suo governatore, anche Michelle Bowman, del board della Fed: “Ho sostenuto l’aumento del tasso sui fed funds nella riunione di luglio e prevedo che saranno probabilmente necessari ulteriori aumenti per abbassare l’inflazione fino all’obiettivo del Fomc”.

powell fed
Jerome Powell

Falchi, ma che volano basso: prima una pausa, poi un altro aumento

C’è poi una buona parte di funzionari della Fed molto più prudente. La loro posizione è: fermiamoci un attimo e vediamo. Siamo sempre in tempo ad aumentare i tassi nel mese di novembre. Come Lorie Logan, governatore della Fed di Dallas, che ha detto: “Un altro salto potrebbe essere opportuno quando ci incontreremo alla fine del mese –il senso è: un’altra pausa dal rialzo dei tassi NdR– ma saltare non significa fermarsi. La mia ipotesi di base è che ci sia ancora del lavoro da fare. Ritengo che si debba procedere gradualmente, soppesando il rischio di un’inflazione troppo elevata con il rischio di frenare eccessivamente l’economia”.

Le parole di Neel Kashkari, presidente della Fed di Minneapolis, sono pressappoco le stesse: “Non sono pronto a dire che abbiamo finito [di alzare i tassi]. Ma sto vedendo segnali positivi che dicono: ehi, forse siamo sulla buona strada. Possiamo prenderci ancora un po’ di tempo per vedere, ottenere altri dati prima di decidere se dobbiamo fare di più”.

“Niente di deciso finché i dati non ci daranno uno scenario più chiaro”

I più abbottonati si “nascondono” dietro sua maestà il dato. In altre parole: non esiste niente di certo. Decideremo in base all’economia americana, che invia segnali contrastanti. Christopher Waller, membro del board della Fed, ad esempio si è limitato a dire: “Non c’è nulla che ci dica che dobbiamo fare qualcosa di imminente. Possiamo solo sederci e aspettare i dati”.

John C. Williams, della Fed di New York, aggiunge che: “La politica monetaria è in una buona posizione, abbiamo la politica dove dobbiamo essere con i tassi al 5,5% (grafico sotto NdR). La necessità o meno di aggiustarla in termini di tasso massimo, ma anche per quanto tempo dovremo mantenere un atteggiamento restrittivo, dipenderà dai dati”.

“Fermiamoci, prima che sia tardi”

Infine c’è chi del Fomc fa capire che probabilmente è stato fatto abbastanza. E che bisogna iniziare a prepararsi per un lungo periodo di tassi alti, con un occhio ai primi tagli dei tassi. Curioso il fatto che a questa “categoria” appartenga uno dei falchi più storici come Raphael Bostic, presidente della Fed di Atlanta: “Ritengo che la politica sia adeguatamente restrittiva. Penso che dovremmo essere cauti e pazienti e lasciare che la politica restrittiva continui a influenzare l’economia, per non rischiare di stringere troppo e infliggere un inutile dolore economico”.

“In questo momento, penso che probabilmente abbiamo fatto abbastanza -allineato con Bostic è Patrick Harker, governatore della Federal Reserve Bank di Filadelfia-. Sono dell’idea di lasciare che l’orientamento restrittivo funzioni per un po’… e questo dovrebbe far scendere l’inflazione. È chiaro che resteremo fermi fino alla fine dell’anno. L’anno prossimo? Dobbiamo lasciare che siano i dati a stabilirlo”.

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