L’appuntamento di Glasgow della Cop26 – preceduta in questi giorni dalla Pre-Cop di Milano – si presenta molto caldo per il mondo finanziario. Non a caso, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha più volto fatto presente che uno dei nodi che potrebbero sbloccare i negoziati sul clima è la finanza climatica. Un tema che è stato al centro anche di Youth4Climate, la riunione milanese che ha anticipato la Pre-Cop, dove hanno partecipato quattrocento giovani delegati che hanno prodotto un documento comune che sarà presentato ai diplomatici e agli esperti che si troveranno a Glasgow a inizio novembre. Nel dettaglio, hanno fatto notare i giovani, la climate finance dovrebbe essere accessibile alle nuove generazioni per aiutare, non solo a ridurre le emissioni, ma anche a livellare le differenze fra le varie parti del mondo e ridurre i gap come quello energetico, generazionale e di genere. Ormai è chiaro, fra le altre cose, che le conseguenze dei paesi che inquinano dipiù si riscontrano maggiormente in quelli in via di sviluppo che, invece, inquinano di meno.
Road to Glasgow
Nel dettaglio, la Pre-Cop ospitata dall’Italia (a Milano, al MiCo) riunisce i rappresentanti di circa 40 stati, i rappresentanti del Segretariato dell’Unfccc, i presidenti degli Organi Sussidiari della Convenzione e una serie di attori della società civile che svolgono un ruolo chiave nella lotta al cambiamento climatico o nella transizione verso lo sviluppo sostenibile. Tutti stanno lavorando in gruppi tematici che affrontano gli argomenti delle comunità e habitat naturali, finanza sostenibile e trasparenza. Sabato 2 ottobre si svolgerà una sessione plenaria sul “Cop26 package” e verranno adottate alcune considerazioni conclusive.
In questo scenario, la finanza è uno degli argomenti più complicati e discussi, anche per la mancanza di un sistema di finanziamento del clima trasparente e responsabile con una solida regolamentazione delle emissioni di Co2. Durante Youth4Climate, il presidente del consiglio Mario Draghi ha ribadito l’impegno dell’Italia e del G20 di trovare un accordo per raggiungere l’obiettivo preposto di mobilitare 100 miliardi di dollari per la finanza climatica a favore degli stati meno sviluppati. Inoltre, c’è chi, dall’altro lato, fa notare che dall’Accordo di Parigi ad oggi il supporto finanziario al settore dei combustibili fossili non è diminuito. Secondo quanto riporta Recommon nel suo ultimo rapporto annuale 2020, nel comparto Oil & Gas le principali banche mondiali hanno stanziato 3.800 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni.
Ecco perché uno dei pilastri di Glasgow sarà la mobilitazione della finanza. Le istituzioni finanziarie internazionali devono fare la loro parte per rendere disponibili i finanziamenti pubblici e privati necessari per garantire un mondo a emissioni zero. I Paesi sviluppati devono mantenere la loro promessa di mobilitare almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima. Azioni che devono vedere sinergia fra tutti i player e soprattutto fra pubblico e privato. Ad esempio, al fine di mitigare i costi dell’attuazione della transizione ecologica del Green Deal, la Commissione Europea vuole istituire un nuovo fondo (oltre al già attivo Just Transition Fund) che si chiamerà Social Climate Fund. Questo Fondo – che deve ancora essere approvato dal Parlamento Europeo – si propone di mitigare l’impatto sociale dell’estensione del sistema degli Ets (European Union Emissions Trading Scheme) al settore dell’edilizia e del trasposto su gomma.
Finanziare il verde
“Green economy? Bla bla bla“, ha detto l’attivista svedese Greta Thumberg che ha partecipato agli incontri milanesi, facendo notare che tutto l’universo green dell’economia ha una faccia non sempre troppo trasparente. Lo scorso agosto, ad esempio, un’analisi del think-tank InfluenceMap dal titolo “Climate Funds: Are They Paris Aligned?” evidenziava che gran parte dei fondi azionari targati Esg investe in società che non sono allineate ai target dell’Accordo di Parigi sulla riduzione delle emissioni di Co2 e il contenimento dell’aumento delle temperature. In tal senso, l’Ue – i cui stati membri parteciperanno alla Cop26 – ha imposto importanti obblighi di trasparenza per i fondi d’investimento che si definiscono sostenibili. A inizio luglio, poi, la Commissione Europea ha adottato un insieme di misure che introducono uno standard europeo proprio sui green bond.
Parallelamente, a questo proposito, non si può non notare che le emissioni di green bond a livello mondiale hanno avuto notevole impulso nel 2021 e lo stock di titoli circolanti emessi per finanziare progetti ambientali ha superato il trilione di euro, fa notare un recente studio di Intesa Sanpaolo. Nel primo semestre 2021 le emissioni di green bond, secondo i dati Bloomberg, hanno raggiunto i 230 miliardi di euro superando quelle realizzate nel 2020, pari a 210 miliardi. Le emissioni governative green europee realizzate da inizio anno ad oggi sono pari a 39 miliardi di euro e lo stock di debito in essere ha raggiunto 105 miliardi. Il tema verde è dominante delle emissioni obbligazionarie italiane, seguito dalla sostenibilità e dalle obbligazioni sociali, anche se ad oggi non ci sono certificazioni che attestano il fatto che un green bond sia davvero verde e quanto incida sul processo di transizione alle rinnovabili.
Tuttavia non mancano anche altre iniziative: lanciata ad aprile 2021, la Net-Zero Banking Alliance, con 43 banche fondatrici, ha l’obiettivo di unirsi alle Nazioni Unite nella corsa al Net Zero ed è, di fatto, l’elemento bancario della Glasgow Financial Alliance for Net-Zero. La Net-Zero Banking Alliance riunisce 58 banche di 29 paesi che rappresentano quasi un quarto delle attività bancarie globali, ovvero oltre 39 trilioni di dollari, che si impegnano ad allineare i loro portafogli di prestiti e investimenti con emissioni nette zero entro il 2050. Combinando l’azione a breve termine con la responsabilità, questo impegno ambizioso vede le banche fissare un obiettivo intermedio per il 2030. L’alleanza, inoltre, vuole sostenere l’attuazione delle strategie di decarbonizzazione, fornendo un quadro e linee guida coerenti a livello internazionale in cui operare. Di recente, fra gli altri, anche Nomura, il gruppo globale di servizi finanziari attivo in oltre 30 paesi, è entrata nell’alleanza e ha deciso di impiegare 125 miliardi di dollari in finanziamenti sostenibili entro marzo 2026.
Matra trasparenza
Quando si parla di climate finance si parla anche delle difficoltà e delle sfide di coniugare il binomio zero emissioni e crescita economica. In un evento organizzato da PwC Italia, proprio nell’ambito di All4Climate-Italy2021 dove è stata presentata la prima Social Sentiment Analysis in tema di sostenibilità, è emerso che con un peso del 3% nelle conversazioni sui social media in ambito di sostenibilità, la finanza sostenibile è l’argomento che registra il sentiment positivo più alto, pari al 42%. Sempre più utenti condividono sui social articoli e notizie sugli investimenti sostenibili delle aziende, manifestando la volontà di informarsi sul tema, di partecipare a eventi che permettano di acquisire conoscenze. Le conversazioni negative (58%) sono incentrate principalmente sul greenwashing e sulla poca trasparenza da parte delle aziende.
Infatti, il 54% degli utenti percepisce poca trasparenza da parte delle aziende nel comunicare le proprie attività e richiede la pubblicazione di maggiori informazioni e di report di sostenibilità. Infatti, quest’ultima è direttamente collegata al valore economico delle aziende. Il valore azionario delle società in diversi settori è già impattato significativamente dai livelli di emissioni che caratterizzano il loro business. Non solo le società in ambito energy, ma anche quelle del fashion, del food o di trasporto. Questo incide sulle scelte di consumatori, investitori e stakeholder a vario titolo. Non va dimenticato, poi, che capacità di rendicontare in maniera trasparente e credibile è legata anche alla definizione di metodologie autorevoli e riconosciute.
Nell’aspetto più macro degli Esg, l’investimento sostenibile sta diventando un’opportunità commerciale per molti gestori di fondi. Ma anche in questo caso la trasparenza è cruciale. Servono cioè, spiega Masja Zandbergen, Responsabile Sustainability Integration di Robeco, “misure davvero più concrete e oggettive che possiamo effettivamente utilizzare per misurare i portafogli. Ed è lì che il mercato si sta dirigendo attualmente. Quindi, passando dall’uso dell’Esg come alfa per prendere decisioni di investimento meglio informate, metodologia che rimarrà ancora attiva, fino ad arrivare a guardare qual è l’impatto reale che stiamo creando investendo in certe aziende“.
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