“L’affare più drammatico che abbia mai visto nella storia dell’industria delle criptovalute”. Lo ha detto un analista americano, partner di Castle Island Ventures, attivo negli investimenti blockchain. Il senso è che per ogni piattaforma che si salva, c’è un mercato che crolla. L’equazione cripto recita sostanzialmente così, guardando l’operazione “salvataggio” prima annunciata da Binance nei confronti di Ftx. Poi smentita, con un definitivo (fino a prova contraria) passo indietro da parte del ceo di Binance Changpeng Zhao, ma quando però il patatrac legato all’andamento di bitcoin e compagnia si era già manifestato.

La richiesta di aiuto di un’azienda in crisi. La mano tesa della sua competitor non prima di aver liquidato ogni sua partecipazione in essa. Il segnale, chiaro, l’ennesimo, rivolto all’intero comparto: non è ancora un mercato ideale per le criptovalute, tra bassa propensione al rischio e altissima volatilità che anche solamente uno o più tweet può innescare. Quantomeno è questa l’interpretazione che gli investitori hanno dato all’operazione. Mica per niente, nelle ultime due sedute bitcoin -15% ed ethereum -22%.

Spiega Michele Mandelli, managing partner di CheckSig: “La crisi di Ftx è l’ennesima prova di come l’universo dei cripto asset necessiti di un passo in avanti nella regolamentazione e nella trasparenza, anche per i potenziali effetti a catena che possono riversarsi sui mercati tradizionali. Da un lato Bitcoin non è più presenza trascurabile nel bilancio di numerose banche e fondi d’investimenti, mentre dall’altro fondi azionari, banche, private equity e venture capital hanno esposizioni consistenti ai crypto-exchange privati e quotati, essendo azionisti o creditori. Operazioni tra parti correlate come quelle che hanno portato al naufragio di Ftx sarebbero state sotto la lente di vigilanza e organi regolamentari in un contesto di finanza tradizionale, evitando una crisi così repentina di un colosso del settore”.

Crypto Crash

C’è chi la chiama guerra. E chi la considera invece una serie tv degna di “gameofthroneschi” colpi di scena. Sta di fatto che Ftx, piattaforma di scambio di criptovalute creata due anni fa da Sam Bankman-Fried, trent’anni, inserito da Forbes tra gli Under 30 miliardari più ricchi del mondo, è stata liquidata da parte di Binance, rivale che fa capo a Changpeng Zhao. Che poi ha annunciato di aver intenzione di rilevarla, “salvandola” di fatto da una presunta-probabile crisi di liquidità. E ci sarebbe anche da crederci, dato che è stato lo stesso Zhao a scriverlo su Twitter. “Ftx ci ha chiesto aiuto, vista la significativa crisi di liquidità”.

Ftx, una settimana… infernale

Poche parole, ma sufficienti per creare un forte clima di sfiducia attorno a Ftx. Per qualcuno trattasi di speculazione. Per altri è l’effetto: “Sanguinare davanti agli squali”. Ma il mercato funziona così, che in ballo ci siano criptovalute, azioni, valute o materie prime, vedi il fenomeno avvenuto attorno alle meme stock come Game Stop, ma anche il silver squeeze sull’argento o i movimenti recenti su Credit Suisse dopo il piano di ristrutturazione aziendale presentato lo scorso 27 ottobre.
Crisi di liquidità, si diceva. Tutto comincia mercoledì 2 novembre. La rivista online Coindesk pubblica un articolo che solleva dubbi sulla solvibilità del bilancio di Alameda research, società in passato amministrata da Bankman Fried, a causa di debiti attorno agli 8 miliardi garantiti soprattutto da Ftt, token nativo di Ftx. Nel fine settimana, Zhang dichiara di aver intenzione di chiudere la sua posizione da 500 milioni di dollari nel token stesso. I motivi? “Non specificate nuove rivelazioni” sul conto della società. Sono le prime avvisaglie: Ftt perde più del 12% tra sabato 5 e domenica 6 novembre, giorno in cui Zhao pubblica diversi tweet sul tema. Il “sanguinamento” è di fatto iniziato.
ftx
Gli investitori iniziano a ritirarsi dai conti presso Ftx. Timido il tentativo sia di Bankman-Fried, sia di Caroline Ellison, ceo di Alameda Reserarch, di garantire la regolarità dei conti e della piattaforma. Rassicurazioni sufficienti a rinviare il crollo di qualche giorno: è martedì 8 novembre. Binance conferma di voler rilevare il suo competitor. Con il suo token, Ftx affonda del 75%, passando da 22 dollari fino a un minimo di 2 $, trascinandosi dietro anche bitcoin ed ethereum. I ritiri di liquidità sono pari a circa 630 milioni di dollari in uno solo giorno. Ftt, il token legato a Ftx, era la trentesima criptovaluta al mondo, secondo CoinMarketCap del valore di due miliardi di dollari. In fondo, se tutto è a posto, perché vendere Ftx, e perché scrivere che la cessione avviene per crisi di liquidità? Domanda talmente pertinente che nella serata del 9 novembre è arrivata la smentita proprio di Zhao, sempre ovviamente via Twitter. “I problemi sono al di là del nostro controllo e della nostra capacità di aiutare”.

Ftx aveva salvato numerose aziende dopo il crollo di Luna

Dopo il caso Terra-Luna dunque un altro terremoto ha investito le criptovalute. Ed è come se si chiudesse un cerchio. Perché Ftx, considerato il terzo crypto exchange al mondo, aveva salvato numerose aziende durante il contagio innescato proprio dal crollo di Luna. Va detto che l’acquisizione di Binance, secondo il suo fondatore “ritirabile in ogni momento” vale solo per le attività non statunitensi per Ftx. La divisione americana rimarrà indipendente, per quanto rappresenti solo il 5% delle entrate totali. Ftx ha sede alle Bahamas, dove risiede Bankman-Fried. Inoltre, la dinamica con cui si è arrivati a questa operazione sarebbe ai limiti della manipolazione, secondo la Sec. Che potrebbe in questo senso intervenire quantomeno a livello di monitoraggio su tali manovre.
Conclude Michele Mandelli, managing partner di CheckSig: “Quello dei crypto-asset è, ancora oggi, un Far West dove spesso manca la trasparenza, e questa opacità non permette a clienti e investitori degli exchange di valutare a pieno il rischio di controparte a cui si espongono quando scelgono la piattaforma su cui operare o investire. Questo fa impennare il rischio di vedere i propri asset congelati per una crisi di liquidità. Si tratta di una verifica indipendente condotta da una terza parte, che garantisce che il depositario detenga le attività che dichiara di possedere per conto dei suoi clienti. Una scelta che però fanno ancora troppi pochi player del settore, e che dovrebbe essere invece uno standard di mercato”.

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