I fiumi di tutta Europa sono in secca. E il valore del gas europeo ha raggiunto un nuovo record. Nella seduta odierna il costo riportato dall’indice di riferimento del mercato continentale (Ttf) ha raggiunto i 230 euro al megawattora (grafico sotto), superando il picco raggiunto nel mese di marzo, a poche settimane dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina. Da giugno, i prezzi sono aumentati del 150%. Ma cosa c’entrano i corsi d’acqua del vecchio continente con i costi del metano, mai così alti nella sua storia?

C’entrano perché ancora oggi rappresentano arterie fondamentali per il trasporto di beni energetici e industriali per tutta l’Ue. C’entrano perché costituiscono uno degli elementi fondamentali per il funzionamento delle centrali nucleari. E perché anche l’utilizzo del carbone, in questo periodo tornato in auge per sopperire al razionamento delle forniture di gas dalla Russia, necessita di vie idriche per il trasporto.

L’Europa probabilmente aveva pensato a tutto quando è iniziata la campagna per la riduzione della dipendenza dal gas di Mosca, che effettivamente si è dimezzata (dal 45% al 25%). A tutto, ma non alla siccità. Che di fatto non riguarda solo l’Italia, ma tutta l’Eurozona.

La corsa al riempimento degli stoccaggi e la sostituzione del gas russo

Ce ne sono anche altri, di motivi. La stessa corsa alla sostituzione della materia prima russa ha determinato accordi, in alcuni casi, più dispendiosi rispetto a quelli firmati in precedenza con il Cremlino.

Non va dimenticata la corsa al riempimento degli stoccaggi del 90% entro l’inverno richiesto dalla Commissione Ue stessa. Per evitare di innescare crisi energetiche diffuse con l’arrivo delle stagioni più rigide, il vero test per i vari paesi europei sulle modalità con cui si sono prodigati di fronte alla chiusura dei rubinetti russi (per la cronaca, il quotidiano online Usa Politico ha dato un bel 3 in pagella all’Italia, e addirittura un “1” per la Germania).

La Russia e quei “lavori di manutenzione”

Già, la Russia. Tutto parte da qui. L’Europa non è riuscita a imporre l’embargo sul gas, al contrario del petrolio. Il conflitto rimane alla base del forte rialzo dei prezzi. Come lo è il flusso ridotto di Nord Stream, il gasdotto Gazprom le cui forniture sono il 20% di quelle che si registravano un anno fa.

In un modo o in un altro, Vladimir Putin ha progressivamente ridotto i rifornimenti, prima annunciando la chiusura per manutenzione del gasdotto, poi riaprendo ben al di sotto della capacità massima, adducendo come scusa il mancato arrivo nei tempi previsti di nuove turbine, a causa dell’embargo occidentale.

Il picco del prezzo del gas? Ecco la nota di Gazprom

Al contrario dell’inflazione, dove negli Stati Uniti c’è la sensazione che abbia raggiunto il picco, il prezzo del gas potrebbe aumentare ancora. E dichiararlo, la stessa società russa: i prezzi sul mercato spot hanno superato i 2.500 euro per mille metri cubi, fa sapere Gazprom, e non è escluso che in vista dell’inverno si possano superare i 4mila dollari“.

Fattore siccità, in Francia c’è meno energia nucleare

A una situazione già complessa si è aggiunto il fattore siccità. In Francia, dove l’energia nucleare garantisce il 70% dei consumi energetici del paese, oltre che l’export verso altri Paesi Ue, i fiumi in secca, o quasi, non hanno più la capacità idrica e quindi la power generation necessaria al funzionamento dei reattori, che necessitano di grandi quantità di acqua battente per generare energia. Dunque, da Parigi c’è minore disponibilità, anche in virtù dei lavori di manutenzione in corso di oltre un terzo dei reattori.

Prezzo dell’energia tedesca: +500% in un anno

Problemi anche sul Reno, e qui ci si sposta in Germania, dove l’ondata di calore record minaccia di bloccare ogni spedizione lungo il fiume, come accennato arteria fondamentale per il trasporto delle materie prime in tutta Europa, carbone compreso, a sua volta necessario per compensare meno gas dalla Russia.

Proprio la Germania è uno dei paesi più in sofferenza per la fornitura del gas. Va ricordato che Berlino aveva deciso a suo tempo di rinunciare definitivamente al nucleare facendo all in sul gas come commodity scelta per la transizione energetica, prima che il conflitto Russia-Ucraina cambiasse le cose. Oggi il prezzo dell’energia tedesca è salito del 5,2% a 502 euro per megawattora presso l’European Energy Exchange AG: l’aumento è impressionante: +500% nell’ultimo anno.

Ed è anche per questo che il governo tedesco ha introdotto una tassa per l’energia. Gli extracosti verranno coperti infatti da un nuovo tributo che sarà introdotto nelle bollette di imprese e famiglie , per le quali si calcolano 480 euro di spese aggiuntive.

In questo senso, per alcuni analisti “ci vorrà un miracolo economico perché la Germania non cada in recessione nella seconda metà dell’anno”. Una preoccupazione condivisa dagli investitori istituzionali, il cui sentiment sull’economia tedesca non è mai stato così negativo, come riporta l’indice Zew per il mese di luglio (grafico sopra).

La battaglia del Gas Naturale

L’ultimo fattore a determinare il nuovo aumento del gas, che va in controtendenza con tutte le altre materie prime, petrolio in primis, ai minimi degli ultimi sei mesi, è la battaglia tra Europa e Asia per aggiudicarsi il Gnl, il gas naturale liquefatto prodotto ed esportato via navi dagli Stati Uniti (nella foto in alto un rigassificatore Snam).

Nonostante le nuove forniture da Africa e Azerbaigian, e nonostante l’aumento esponenziale dell’export della Norvegia, ricavi a luglio superiori di quattro volte rispetto allo stesso mese nel 2021, l’Ue deve sostituire fino a 145 miliardi di metri cubi di gas all’anno, l’Ue deve sostituire fino a 145 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Con il prezzo nettamente più alto, gli operatori di natural gas hanno così pagato penali rinunciando a contratti già esistenti con Cina e Giappone, invertendo la rotta verso il vecchio continente.

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