“Non mi piace misurare le persone sul tempo lavorato o su dove hanno lavorato: in Lenet Group siamo impegnati a disegnare un nuovo modello di impresa. È un processo in divenire ma irreversibile che ci proietta nel futuro, superando un’idea di imprenditorialità inesorabilmente passata”.

Francesco Pandolfi è amministratore delegato di Lenet Group, realtà che integra brand nei settori gift, home decor, tableware, luxury pet, servizi e imprese con un filo conduttore: la casa. Circa 128 milioni di euro di fatturato nel 2021, quasi mille persone impiegate, otto brand (tra i quali Thun, La porcellana bianca, Luxpets, Rituali domestici), Lenet Group è insieme un punto di arrivo e un punto di partenza di una esperienza che arriva da lontano. E che non guarda solo ai numeri.

Era il 1950, quando la contessa Lene Thun insieme al marito Otmar diede vita, a Bolzano, al laboratorio di ceramica Officine Ceramiche Thun per la produzione di piccoli oggetti in ceramica. “Quel marchio, che nel tempo ha acquistato una forza evocativa sempre più potente a livello internazionale, conteneva già una visione del mondo e dell’imprenditoria che si è sviluppata negli anni”. E che ha toccato diverse generazioni: oggi è arrivata a Simon Thun, 34 anni, vicepresidente del gruppo, passando da Peter Thun, figlio di Lene e padre di Simon. L’intervista a Francesco Pandolfi non potrebbe che partire dalla classica domanda su come conciliare tradizione e innovazione, su come proiettare un’azienda famigliare nel futuro ma senza perderne le radici. Ma c’è un dettaglio non trascurabile però, che è già di per sé una notizia. Pandolfi è un manager che non appartiene alla famiglia Thun. Una scelta non frequentissima nel family business italiano. Una scelta che però già dice molto sulla volontà di disegnare con forza e determinazione il futuro dell’azienda. Per dirla con le parole del ceo: “La famiglia Thun ha individuato la destinazione, ma è compito del management tracciare la rotta”. Laurea in statistica e specializzazione in Marketing, Business Development e Business Control, Francesco Pandolfi ha percorso tutta la propria carriera nel settore retail, passando da startup locali di settore a realtà internazionali con distribuzione multicanale. Nel luglio 2018 l’arrivo in Thun con il ruolo di general manager e poi di ceo. Oggi è amministratore delegato di Lenet Group con l’obiettivo di guidarne la crescita e proseguire l’ambizioso piano di espansione, basato su omnicanalità, digitalizzazione e internazionalizzazione.

Che cosa significa essere amministratore delegato di una azienda famigliare essendo esterno alla famiglia?

Per la famiglia Thun la scelta di manager esterni non è una novità, in questo senso si differenzia da altre realtà che ho vissuto. L’integrazione è avvenuta in modo naturale tenendo ben presente due parole chiave: equilibrio e trasparenza. Sono necessarie per mediare tra tradizione e innovazione e per farlo in modo coeso e condiviso. Ma serve anche empatia, la capacità di cogliere le diverse sensibilità laddove spesso, dal punto di vista manageriale, si dà più peso ai numeri. A monte ci deve essere una visione diversa della figura dell’amministratore delegato: non è l’apice di una piramide, ma un abilitatore che coordina le varie funzioni di una impresa.

Qual è stata la motivazione che l’ha portata ad accettare questo incarico?

Ho conosciuto la famiglia Thun per network circa quattro anni fa, si è instaurato da subito con tutti un rapporto di estremo comfort. Sono convinto che la relazione umana valga quanto gli obiettivi di business.

E la sfida più importante?

Evoluzione distributiva, dotazione di un piano finanziario di medio termine per tutta la struttura, governance complessiva di tutte le attività, supporto alla transizione generazionale. Sono queste le sfide che ho abbracciato quando ho accettato l’incarico. Oggi abbiamo portato l’azienda a una maggiore organizzazione. Simon Thun, a 34 anni, ha il pieno governo dell’impresa. Il piano finanziario è necessario ma non sufficiente, il passaggio delicato è la governance: disegnare un abito sartoriale su misura per quasi mille colleghi e la famiglia Thun. L’impresa più sfidante è ridefinire la geografia del gruppo, un processo tuttora in corso.

Come convivono i diversi brand di prodotto che il Gruppo Lenet ha acquisito, in termini di posizionamento? Ognuno “disegna” un mondo proprio o immaginate che, tutti insieme, vadano a disegnare il “mondo Lenet“?

Il filo comune dei brand che fanno parte del gruppo, compreso Luxpets, marketplace nel segmento luxury del mondo pet, è trasformare gli spazi in cui viviamo in ‘casa’. Casa come luogo dell’anima, dove riconoscersi, dove stare bene. Dove prendersi cura di sé.  Ma non riusciremmo a soddisfare i nostri clienti se non avessimo, oltre al valore dei brand, una capacità industriale importante, il digital e la logistica. Alzando lo sguardo, c’è un altro spazio in cui viviamo che vorremmo contribuire a rendere sempre più ‘casa’: è il nostro pianeta. Anche in questa prospettiva, Lenet Group mette a disposizione risorse, saper fare e visione. Abitazione domestica, azienda, pianeta: noi vogliamo diventare il riferimento per chi desidera vivere questi spazi con amore e trasformarli da semplice contenitore in qualcosa di più.

“People, planet, profit” sono i pilastri del fare impresa con un positivo impatto sociale. Si tratta di un modello imprenditoriale che si rende necessario per crescere nel futuro? In altri termini, c’è un futuro per le imprese che non scelgano questo tipo di approccio?

Mettere al centro di una impresa profit persone e sostenibilità ambientale è una filosofia nativa della famiglia Thun. L’impegno concreto nei confronti del pianeta, delle persone e delle comunità – testimoniato anche da Fondazione Lene Thun Onlus, con gli oltre 50 laboratori permanenti di ceramico-terapia negli ospedali italiani ed europei – hanno portato Lenet Group alla trasformazione in società Benefit e avviato il percorso per ottenere la certificazione B Corp. Siamo consapevoli di essere una entità economica, sociale e ambientale. Gli ‘estrattori sociali’ sono superati e in questo l’elemento generazionale segnerà una svolta decisa: è pronta una nuova classe dirigente di trentenni, come Simon Thun, che sta accelerando questo processo in tutta Europa.

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