Il secondo uomo più ricco d’Italia (leggi qui il nostro articolo sulla Top 5 delle famiglie del nostro Paese) potrebbe essere anche uno dei paperoni più ricchi del mondo. Giorgio Armani è l’unico azionista della sua azienda. Ed è una scelta, secondo diversi analisti, che nel corso del tempo potrebbe aver sottovalutato la sua compagnia, la Giorgio Armani Spa.
Gucci, Valentino, Versace, gli altri grandi gruppi italiani della moda, sono stati tutti venduti a investitori stranieri e hanno moltiplicato utili e fatturato (l’ultima operazione è l’acquisizione del 30% di Valentino da parte di Kering, leggi i dettagli qui). Ma all’imprenditore nato a Piacenza, milanese di adozione, 89 anni compiuti a luglio, non importa.
In un lungo articolo pubblicato oggi dal Financial Times, Re Giorgio afferma di essere convinto da sempre delle sue scelte, determinato a evitare una qualsiasi acquisizione da parte di uno dei conglomerati francesi del lusso che dominano l’indice francese di Parigi, alla pari del settore bancario per il Ftse Mib. “Questi gruppi francesi vogliono fare tutto -è il virgolettato riportato il Ft-. Non lo capisco, è ridicolo. Perché dovrei essere dominato da una di queste mega strutture che mancano di personalità?”. L’ultima volta che Armani aveva aperto a eventuali collaborazioni era stato nel 2021 ad “American Vogue”, dichiarando di essere aperto a “collegamenti con un’importante azienda italiana”, alimentando le speculazioni per una possibile vendita.
Armani a Venezia: come verrà suddivisa la sua eredità
Lo stilista è stato protagonista a Venezia lo scorso fine settimana con la sua sfilata “One Night Only Venice” in occasione della Mostra del Cinema. Tra gli attori presenti, nonostante lo sciopero che sta tenendo molti vip di Hollywood lontani dalla kermesse cinematografica, Sophia Loren, Jessica Chastain e Benicio del Toro. Con loro anche Santo Versace e Remo Ruffini, amministratore delegato di Moncler. A fine sfilata, i presenti hanno regalato ad Armani cinque minuti di applausi.
L’intervista a Giorgio Armani del Financial Times si è tenuta in una piccola sala riunioni nel backstage, poche ore prima del pronti via sulla passerella. Tra i temi trattati, anche il futuro della compagnia. Come detto, Re Giorgio è l’unico azionista e nel 2016 ha creato la Fondazione Giorgio Armani, destinata a proteggere il gruppo proprio da una futura acquisizione, o disgregazione.
Spiega il Ft che, come parte del piano di successione, la fondazione deterrà una quota non rivelata del suo impero della moda. Il resto andrà alla sua famiglia, composta dalle nipoti Roberta e Silvana Armani, entrambe lavorano per il gruppo, e Andrea Camerana, anche lui nipote, dentro il Cda, dove siede Pantaleo Dell’Orco, con Armani da 46 anni, il cui ruolo è sempre più importante all’interno dell’azienda (è anche presidente dell’Olimpia Milano) A lui sarebbe destinata un’altra quota dell’azienda, oltre che il ruolo di stilista di abbigliamento uomo, che erediterebbe direttamente da Re Giorgio.
Gli inizi di Re Giorgio e i numeri di oggi
Per il momento, Armani rimane strettamente coinvolto nella gestione quotidiana dell’azienda. I suoi collaboratori affermano che non c’è un solo documento che Armani non firmi personalmente, né un solo dato che non esamini nella gestione dell’azienda. “Non so come si possa pensare che tutto questo sia replicabile senza di me” comincia così l’articolo del Financial Times a firma Silvia Sciorilli Borrelli.
Era il 1957 quando Giorgio ha iniziato a lavorare nella moda. Abbandonati gli studi di Medicina, ha accettato un lavoro come vetrinista presso i grandi magazzini milanesi del lusso La Rinascente, poi è passato a disegnare per la collezione uomo Hitman di Nino Cerruti. Nel 1975 ha fondato la propria casa di moda assieme all’architetto Sergio Galeotti. Il suo primo successo è arrivato nel 1980 quando ha vestito Richard Gere nel film American Gigolo.
Il gruppo, che comprende i marchi Emporio Armani e Armani Exchange e la linea di alta gamma Giorgio Armani, ha registrato un fatturato di 2,35 miliardi di euro nel 2022, +16,5% rispetto all’anno precedente. La sua attività comprende ora anche ristoranti, hotel di lusso e una licenza di bellezza con L’Oréal (leggete qui la nostra corporate story).