Ammonta a 44,8 miliardi di euro per un totale di 69 strumenti emessi la somma degli strumenti di debito sostenibile – tra cui le obbligazioni verdi, sociali e sostenibili o legate alla sostenibilità (Gss) – in circolazione che provengono da entità italiane. Il dato arriva da uno studio di SustainAdvisory sulla base di dati di Borsa Italiana. Nel dettaglio, il debito emesso da soggetti italiani rappresenta solo il 16% del totale degli strumenti di debito sostenibile quotati su Borsa Italiana, che includono soggetti nazionali, non nazionali e sovranazionali per un ammontare di 275 miliardi di euro per un totale di 211 strumenti emessi dal 2012 ad oggi.
Avanti i green, indietro i social
A trainare il mondo finance è soprattutto il cambiamento climatico: i green bond infatti superano le altre tipologie. Secondo gli ultimi dati raccolti da Climate Bonds Initiative (Cbi), nella prima metà dell’anno a livello mondiale sono state emessi green bond per 190,8 miliardi di dollari. E in circolazione ci sono obbligazioni verdi per un ammontare complessivo di 1.273 miliardi di dollari. Stime addirittura più alte secondo Bloomberg che sottolinea come, nella prima metà del 2021, sono stati emessi green bond in 49 Paesi e 29 valute.
Venendo all’Italia, tra il 2017 e il 2019, si legge nell’analisi di SustainAdvisory, i volumi delle obbligazioni Gss sono triplicati, mentre nel 2020, a causa della pandemia Covid-19, i volumi sono calati del 28% rispetto al livello del 2019. Tuttavia, il debito emesso nei primi sette mesi del 2021 ha raggiunto 21,3 miliardi di euro. Se da un lato si tratta di una crescita record per l’Italia, dall’altro la cifra è ancora sotto al volume dei bond Gss emessi in altri paesi come Francia e Germania (rispettivamente circa 94 miliardi di euro e 46,5 miliardi nel 2020), i due maggiori mercati per il debito verde, sociale e sostenibile in Europa. Proprio l’Unione europea è il più grande mercato Gss con 589 miliardi di dollari di debito in circolazione, 1458 obbligazioni emesse e 405 emittenti.
Tuttavia, secondo il rapporto di Cbi, il mercato dei Gss continuerà a crescere a tassi considerevoli in futuro. Anche SustainAdvisory ritiene che il mercato del debito Gss in Europa e in Italia non si arresterà a breve. Il primo driver di crescita è il dispiegamento, a livello europeo, del piano di rilancio Next Generation EU da 750 miliardi di euro istituito per sostenere gli stati membri colpiti dalla pandemia. Almeno il 30% di queste risorse sono dedicate a spese conformi all’accordo di Parigi sul clima e in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo, l’iniziativa faro dell’Ue per affrontare il cambiamento climatico e raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050. A tal proposito, l’Italia è il maggior beneficiario del pacchetto di ripresa con circa 200 miliardi di euro di stanziamenti.
I protagonisti e gli advisor
Sempre restando nella penisola si nota che il 60% dei Gss sono originati da società non finanziarie, il 13% da banche, il 3% da compagnie di assicurazione e il 19% dal settore pubblico. Le società non finanziarie sono dominate da utilities (Enel, Hera, Iren, Acea) o società di infrastrutture (come Terna, Snam e Ferrovie dello Stato) con alcuni emittenti frequenti come Enel che sono attivi in più di un’area tematica.
Non a caso, Enel è stato il primo e più grande emittente di sustainability linked bond con un totale di 6,3 miliardi di euro e 3,5 miliardi di euro di green bond. Da inizio 2021 c’è stato molto fermento. Fra gli altri, a gennaio, Tim ha annunciato il collocamento del suo primo sustainability bond per un valore nominale di 1 miliardo di euro e scadenza a otto anni con l’obiettivo di incrementare l’efficienza energetica del gruppo e a finanziare progetti green e social. Ad aprile, c’è stato il primo sustainability-linked bond di Aeroporti di Roma dell’importo di 500 milioni di euro. A2A, invece, ha collocato il suo primo sustainability-linked bond a luglio per un valore nominale di 500 milioni di euro
Davvero verdi?
Se il verde è il tema dominante delle emissioni obbligazionarie italiane, seguito dalla sostenibilità e dalle obbligazioni sociali, esistono allo stato dei fatti diverse criticità. I green bond vengono emessi per finanziare progetti green, sostenibili ed ecologici in svariati settori, ma ad oggi non ci sono certificazioni che attestano il fatto che un green bond sia davvero verde. Il Climate Policy Initiative (think tank climatico) sostiene che sia ancora complicato fornire una valutazione precisa di tutte le ricadute che possono esserci lato corporate. Altre analisi sottolineano che a livello globale solo il 2 per cento di questi sta finanziando le energie rinnovabili, rallentando ulteriormente il processo di transizione ecologica. In finanza come in altri settori, tutto ciò ricade sotto l’ombrello del greenwashing, ovvero un “ambientalismo di facciata” che spesso è difficile da riconoscere.
Lo scorso agosto un’analisi del think-tank InfluenceMap dal titolo “Climate Funds: Are They Paris Aligned?” evidenziava che gran parte dei fondi azionari targati Esg investe in società che non sono allineate ai target dell’Accordo di Parigi sulla riduzione delle emissioni di CO2 e il contenimento dell’aumento delle temperature.
Non a caso, recentemente, nell’ambito del Green Deal, l’Unione Europea ha adottato una serie di norme per cercare di definire più precisamente quali attività d’impresa possano essere ritenute sostenibili. Tra le altre cose, ha introdotto una nuova tassonomia, ovvero un sistema unificato di classificazione delle aziende sostenibili, che entrerà in vigore a fine anno, mentre a inizio 2021 ha imposto importanti obblighi di trasparenza per i fondi d’investimento che si definiscono sostenibili. A inizio luglio, poi, la Commissione Europea ha adottato un insieme di misure che introducono uno standard europeo proprio sui green bond.
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