La ripresa dell’economia italiana è certificata dai numeri. Ma per soppesarne la forza e le prospettive di durata occorre analizzare le componenti. Il rimbalzo, dopo il tracollo determinato dalle misure restrittive dovute alla pandemia da coronavirus Covid-19, era scontato. Il punto è leggere in trasparenza i segnali di una tendenza positiva di medio termine. E, soprattutto, cogliere i sintomi di un cambio di marcia, un sistema economico in grado di attirare investimenti dall’estero e rilanciare i consumi interni.

L’Istat ha comunicato che nel secondo trimestre il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato del 2,7% rispetto al trimestre precedente e del 17,3% rispetto a un anno prima.

La variazione acquisita per il Pil quest’anno è pari a un crescita del 4,7%. Ma vari istituti di ricerca ritengono probabile che l’incremento supererà il 5%.

I numeri del secondo trimestre

Tornando ai dati del secondo trimestre, tutti i principali aggregati della domanda interna registrano un’espansione, con un aumento del 3,4% dei consumi finali nazionali e del 2,4% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono aumentate, rispettivamente, del 2,3% e del 3,2%.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha fornito un contribuito positivo di 3,1 punti percentuali alla crescita del Pil: +2,8 punti i consumi delle famiglie e delle istituzioni sociali private (Isp), +0,5 punti gli investimenti fissi lordi e -0,2 punti la spesa delle amministrazioni pubbliche. Per contro, la variazione delle scorte ha contribuito negativamente per 0,8 punti percentuali, mentre l’apporto della domanda estera netta è risultato positivo per 0,3 punti percentuali.

A livello settoriale, l’industria ha contribuito al Pil con un incremento congiunturale dell’1,6% e i servizi del 2,9%. Il valore aggiunto dell’agricoltura è stabile.

Dal lato della domanda, i consumi finali nazionali sono aumentati in termini congiunturali del 3,4%, gli investimenti fissi lordi del 2,4% e le esportazioni di beni e servizi del 3,2%. Le importazioni sono aumentate del 2,3%; nell’ambito dei consumi finali, la spesa delle famiglie residenti e delle Isp è cresciuta del 5%. La spesa delle amministrazioni pubbliche è scesa dello 0,9%.

La ripresa degli investimenti è stata determinata dalla spesa per impianti, macchinari e armamenti, cresciuta del 2,8%, con la componente dei mezzi di trasporto in progresso del 3,3%. Bene anche la spesa per abitazioni (+3%) e fabbricati non residenziali e altre opere (+2,9%). Stabili gli investimenti in prodotti di proprietà intellettuale (+0,3%) e in risorse biologiche coltivate (stazionaria).

La spesa delle famiglie ha registrato un incremento in termini congiunturali del 5,2%. In particolare, gli acquisti di beni durevoli sono aumentati dello 0,6%, quelli di beni non durevoli dello 0,7%, gli acquisti di servizi del 9,4% e quelli dei beni semidurevoli del 4,7%.

L’analisi e le prospettive

Il balzo degli investimenti fissi lordi  in termini tendenziali (+38,2%) fa il paio con l’andamento delle esportazioni di beni e servizi (+38,4%). Sono segnali che le imprese stanno effettuando investimenti in macchinari e tecnologie perché la domanda dall’estero tira.

L’incremento della spesa delle famiglie e delle istituzioni private nel secondo trimestre non è stato particolarmente eclatante se confrontato con il periodo aprile-giugno 2020 (+14,2%), ma ha segnato un confortante +5% rispetto al primo trimestre di quest’anno. Occorre ricordare che il secondo trimestre dell’anno scorso fu caratterizzato dall’uscita dal primo lockdown e dalla speranza (illusoria) che l’estate segnasse la fine dell’incubo Covid.

Viceversa, i dati su spesa e consumi finali (+3,4% congiunturale, +10,7% tendenziale) del periodo aprile-giugno di quest’anno fanno pensare che – al netto dei timori legati alle varianti – i progressi del piano vaccinale stiano alimentando l’ottimismo.

Certo, i consumi interni restano storicamente bassi. E la grande scommessa del sistema Paese (politica, banche, imprese, investitori) è utilizzare i risparmi degli italiani, che restano tra i più alti al mondo, come carburante per far correre la macchina dell’economia reale.

Un circolo virtuoso fra investimenti delle imprese e risparmi delle famiglie che si tramutano in consumi, stimolati dai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), potrebbero trasformare il Paese in modo permanente. Occorre che la spinta della ripresa vada a riequilibrare stabilmente il rapporto tra risparmi e consumi delle famiglie, incrementi gli investimenti in tecnologie delle imprese, stimoli le politiche attive del lavoro, faccia compiere un balzo dimensionale al private capital, indirizzi i finanziamenti bancari verso gli investimenti sostenibili e green, infiammi l’attività di M&A.

I segnali dell’economia sono positivi. Il contesto politico è favorevole. Come è stato detto e ripetuto fino alla nausea, il Pnrr è un’occasione irripetibile, forse l’ultima che resta, per portare l’economia italiana fuori dal pantano in cui langue almeno dal 2008.

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