La scomparsa di Leonardo Del Vecchio, fondatore di Luxottica (oggi EssilorLuxottica), salutato ieri 30 giugno dalle 5mila persone presenti al funerale, ha lasciato aperte una serie di incognite fra le quali tutto ciò che riguarda il futuro, in particolare sul fronte della governance, della holding di famiglia, la Delfin. O forse no?

Cosa dice lo statuto

Con un valore stimato in 30 miliardi, Delfin è la cassaforte della famiglia che controlla fra le altre cose il 32% di EssilorLuxottica, il 26% di Covivio, gli immobili, l’1,9% di Unicredit, lo 0,67% di Webuild, fino ai dossier caldi  Mediobanca (19,5%) e Generali (9,9%).  Da imprenditore pratico e lungimirante quale era, nel 2021 Del Vecchio aveva messo mano allo statuto della cassaforte lussemburghese con l’obiettivo, dichiarato, di proteggere il suo impero per (e dalla) sua famiglia, composta da sei figli nati da tre diversi matrimoni, oltre la moglie Nicoletta Zampillo.

Stando al documento, infatti, gli eredi controlleranno la società da un punto di vista azionario (12,5% a ciascun figlio e 25% alla moglie) ma la guida operativa è assegnata a cinque manager di fiducia ossia Francesco Milleri, nominato il 29 giugno scorso presidente di EssilorLuxottica e considerato il delfino di Del Vecchio, Romolo Bardin, Mario Notari, Aloyse May e Giovanni Giallombardo. Sono loro infatti, secondo lo statuto, i “manager B” dietro per importanza all’unico “manager A”, cioè Del Vecchio stesso, che dovranno traghettare insieme l’azienda verso questa nuova fase.

Dovranno farlo insieme perché, se è vero, come dice l’articolo 9.3, che “il signor Leonardo Del Vecchio sarà automaticamente sostituito con la persona da lui precedentemente designata in una dichiarazione scritta indirizzata al consiglio di amministrazione”, questa persona resterà comunque “manager B” e quindi dovrà inevitabilmente relazionarsi con gli altri. Sempre secondo lo statuto, la gestione ordinaria di Delfin potrebbe essere delegata a uno o più manager, che agiscano individualmente o insieme, e in alcuni questioni particolari dovrà essere approvata a maggioranza dai cinque manager della finanziaria, in accordo con il suo oggetto sociale.

I cinque manager

Saranno probabilmente i collaboratori di lungo corso Milleri e Bardin i due veri timonieri della nave ma anche gli altri manager della cinquina, figure tecniche e specialisti, dovranno dunque fare la loro parte. Ecco i loro profili.

 

Delfin blindata

L’inattaccabilità dell’operato della cinquina è scritta nero su bianco nell’ultima versione dello statuto. Toccherà a Delfin, ad esempio, in futuro non solo gestire le varie partecipazioni ma anche presentare la lista per il rinnovo di Essilux. Inoltre ogni nuova nomina di un manager in Delfin, salvo che sia disposto diversamente, non avrà scadenza. Di conseguenza, il successore di Del Vecchio in Delfin insieme agli altri quattro manager che attualmente compongono il cda non potrà essere rimosso, salvo che egli stesso non decida di dimettersi.

Delfin prevede poi che una quota degli utili venga sempre destinata alla fondazione Del Vecchio e il resto distribuita sotto forma di dividendo a seconda della decisione dei manager, chiaramente in accordo con l’assemblea e quindi con la famiglia. Anche dal punto di vista azionario gli eredi saranno vincolati alla collegialità delle decisioni. Sempre secondo lo statuto, per il trasferimento di azioni tra i soci serve infatti il parere favorevole dei due terzi dell’assemblea. Mentre per la vendita a un socio «esterno» serve il voto favorevole dell’88% del capitale, che vuol dire un voto all’unanimità se consideriamo la distribione delle quote. Inoltre, l’offerta di una terza parte dovrà essere regolata obbligatoriamente per cassa e non con scambi azionari.

Si dovrà dunque attendere la lettura delle ultime volontà dell’imprenditore di Agordo per capire chi sarà il manger primus inter pares alla guida della Delfin ma soprattutto, è ciò che più attende il mercato, quali saranno le prossime mosse della società nelle varie partite aperte.

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