Il litigation funding è un’attività di investimento in cui una società altamente specializzata o un fondo – il “litigation funder” – sostiene le spese legali per una o più delle parti in giudizio. Se il caso ha esito favorevole, il litigation funder riceve una quota delle somme recuperate; in caso contrario, perde l’intero investimento senza che vi sia un obbligo di rimborso per la parte che ha affrontato il contenzioso. Un business nato nei paesi anglosassoni che però si sta diffondendo anche in Italia.
Quanto vale il settore
A livello internazionale, il potenziale del litigation funding oggi è pari a circa 11,9 miliardi di euro, con investimenti reali che rappresentano il 20-30% di tale valore, a seconda del Paese. Questo strumento sta crescendo rapidamente e si prevede che il potenziale di investimento raggiunga i 20,6 miliardi di euro entro il 2027. Nel nostro Paese, il mercato è stimato crescere da un potenziale di 185 milioni di euro attuali a 325 milioni di euro nel 2027.
“Il mercato cresce lentamente, ma dal 2022 c’è stato un cambio di rotta”, spiega a Dealflower Giacomo Lorenzo, senior legal counsel e referente di Deminor Italia, litigation fund fondato nel 1990 a Bruxelles ma presente in tutto il mondo, anche in Italia ormai dal 2014. “Prima se ne parlava ma non aveva mai preso piede, oggi la situazione cambiata è cambiata, sono entrati nel mercato diversi player internazionali che hanno iniziato a portare avanti le prime cause tanto che adesso anche qualche fondo italiano sta venendo costituito”. Qui ci sono grandi prospettive, dice Lorenzo, perché “i player sono pochi mentre il mercato dei servizi legali vale molto”. L’obiettivo della società è dunque di crescere e arrivare a gestire asset per 350 milioni nel 2027, significa “avere risorse a disposizione per investire nei casi”.
Come funziona
Oggi, spiega, “questo strumento si è evoluto dal focalizzarsi principalmente sull’investment recovery a includere contenziosi commerciali, antitrust, arbitrati internazionali e dispute legate alla proprietà intellettuale”. Tra i casi più frequenti, aggiunge, seguiamo ad esempio aziende se ad esempio un contratto non è stato adempiuto e per questioni internazionali. In noi clienti trovano opportunità perché diamo o supporto economico o consulenza strategica anche all’estero”.
Ma come funziona? “Quando gli avvocati che seguono una determinata impresa si rivolgono a noi – spiega l’avvocato -, avviamo una due diligence sul caso per valutare tutto ciò che è necessario e capire se possa essere di interesse o meno, ad esempio di cosa si tratta la controversia e dove si svolgerà il contenzioso. Lato economico, dobbiamo capire il valore totale del claim e in base al budget, cioè a tutti i costi correlati al contenzioso dall’inizio alla fine compresi tutti i gradi di giudizio, decidiamo se accettare il caso”. In Italia, Deminor ha fornito supporto a fondi pensione, investitori istituzionali, multinazionali, pmi, società in crisi e consumatori. In passato, ha avuto un ruolo anche in azioni collettive di alto profilo, come il caso Parmalat e Fondiaria.
“Il litigation funding permette alle aziende di accedere alla giustizia senza sostenere direttamente i costi legali, esternalizzando, quindi, sia i rischi che le spese”, aggiunge Lorenzo. “Questo è particolarmente vantaggioso per le PMI, che spesso non hanno le risorse per sostenere lunghi contenziosi, così come per le grandi aziende che desiderano ottimizzare il proprio budget legale”.
Tempi della giustizia
Uno dei nodi sono i tempi della giustizia, in Italia fra i più lunghi d’Europa, ma per Lorenzo non sono un deterrente. “I lunghi tempi per venire fuori una causa in Italia sono uno dei motivi che ha fatto si che litigation funding non prendesse piede in passato, ma è un problema relativo – dice – sia perché anche altri stati non sono sempre più virtuosi del nostro, sia perché è una variabile di cui teniamo conto in fase di due diligence. In Italia possiamo capire ad esempio quali sono i tribunali più efficienti e valutare anche in base a questo se procedere con l’investimento”.
Due casi
Cartone ondulato
Per capire meglio il funzionamento dello strumento ci vengono in soccorso due case history seguiti da Deminor. Nel primo, il fondo ha assunto un ruolo significativo nel supportare diverse aziende italiane contro il cartello del cartone ondulato. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) ha accertato condotte anticoncorrenziali da parte dei principali produttori di imballaggi in cartone ondulato, comminando una sanzione di 287 milioni di euro per aver fatto pagare prezzi maggiorati dal 2005 al 2017. Le aziende italiane, supportate da Deminor, stanno cercando il risarcimento per i danni subiti.
Il cartello dei camion
Un altro caso significativo è quello del cartello dei camion, in cui Deminor supporta diverse aziende di trasporto italiane danneggiate da accordi collusivi tra i principali produttori di autocarri per il coordinamento dei prezzi e il trasferimento dei costi per conformarsi alle normative sulle emissioni. La decisione della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 1 febbraio 2024 ha confermato la sanzione di 880 milioni di euro imposta dalla Commissione europea nel 2017 a Scania per la partecipazione al cartello anticoncorrenziale dei camion.
Per i possessori di autocarri medi (tra 6 e 16 tonnellate) e pesanti (oltre le 16 tonnellate) dei principali marchi (Scania, MAN, Volvo/Renault, Daimler, Iveco e DAF) si è aperta così una nuova finestra temporale per chiedere il risarcimento dei danni subiti: per 14 anni, dal 1997 al 2011, i suddetti costruttori di autocarri hanno stretto accordi collusivi in materia di prezzi dei listini all’ingrosso dei camion e sul trasferimento ai clienti dei costi per conformarsi a norme più rigorose in materia di emissioni.