Il Gianni Letta della Lega. Il più “draghiano” del Carroccio, di cui è il numero 2. E quindi, per importanza, il più vicino a Salvini. Ma forse anche il più lontano. E non solo per l’approccio alla politica. Urlata dal neo vicepremier, moderata, secondo Giancarlo Giorgetti.
Mamma operaia. Padre pescatore. Classe 1966, nato e cresciuto in un minuscolo paesello sul lago. Abitanti: poco meno di 800. La sua casa è qui, a Cazzago Brabbia, nel Varesotto. Un legame di famiglia, sportivo (tifosissimo del Varese Calcio) e ovviamente politico: a 30 anni ancora da compiere, è il 1995, diventa sindaco del suo paese, che lo riconferma anche per il secondo mandato, fino al 2004.
È abbastanza per farsi notare da Umberto Bossi. Il Senatur lo vuole subito come futuro dirigente esperto di economia (laureato in Bocconi) per la sua Lega Nord. E infatti Giorgetti entra in Parlamento già nel 1996 come deputato alla Camera. Non uscirà più. Curioso il fatto che le sue radici politiche in realtà non siano con il Carroccio. Ma con la fiamma tricolore: negli Anni 80 infatti aderisce a Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano. Ecco le origini del nuovo ministro dell’Economia e delle Finanze del primo governo italiano guidato da una donna, Giorgia Meloni.
Consultazioni lampo, colloquio Meloni-Mattarella più lungo del previsto
Meloni che come previsto ha incontrato Sergio Mattarella al Quirinale subito dopo le consultazioni. Un colloquio durato più di un’ora. Poi, l’annuncio: il nuovo governo si farà, con tanto di lista pronta, e approvata, dei ministri. Quasi una passeggiata rispetto a quanto accadde nel 2018.
E soprattutto considerando il terremoto causato da Silvio Berlusconi nelle 48 ore precedenti: una serie di dichiarazioni “rubate” e pubblicate dall’agenzia La Presse che hanno rischiato di far saltare la formazione dell’esecutivo per ammissione di Giorgia Meloni stessa attraverso una nota, l’ultima prima di vedere nuovamente il Centrodestra unito davanti ai microfoni del Quirinale, deciso ad accettare “unito” l’incarico per il nuovo governo sotto la guida della leader di Fratelli d’Italia. In realtà qualche cambio all’ultimo minuto c’è stato. Ufficialmente per ragioni per niente legate alle “bordate” dell’ex Cavaliere rivolte alla Nato, agli Stati Uniti ma soprattutto sul conflitto Russia-Ucraina. I sospetti però rimangono.
Di sicuro se l’è vista brutta Antonio Tajani, nuovo ministro degli Esteri, la figura che sembrava più traballante dopo l’audio in cui Berlusconi definitiva Vladimir Putin quasi un “pacifista” messo a confronto con Volodymyr Zelensky. Mica per niente il braccio destro del leader di Forza Italia ha trascorso l’intera giornata di giovedì a twittare a destra e a manca su quanto l’esecutivo, ma anche il partito, sia filo atlantista e dalla parte dell’Ucraina.
Giorgetti al Mef? Prima di lui idea Panetta
Come detto, alla fine ognuno è andato al suo posto. In primis il nuovo ministro dell’Economia, probabilmente il ruolo più importante e delicato, come detto è Giancarlo Giorgetti. Al dicastero del Mise durante il governo Draghi e Sottosegretario durante il Conte I, Giorgetti è il numero 2 della Lega e rappresenta l’ala moderata del partito, per questo anche il più “draghiano” percepito tra i leghisti.
E per qualcuno, forse per i più maligni, sarebbe proprio questo il motivo per cui non è stato il primo nome proposto dal Carroccio per via XX Settembre Perché è vero che di fatto, dopo Matteo Salvini, c’è lui. Ma è altrettanto vero che i due non sono propriamente migliori amici.
Sta di fatto che inizialmente Meloni ha provato con Fabio Panetta, un tecnico, da due anni membro della Bce, prima con Mario Draghi (anche lui) e poi con Christine Lagarde, per sette anni, dal 2012 al 2019, Vicedirettore generale della Banca d’Italia. Ufficialmente l’economista romano avrebbe gentilmente rifiutato perché probabile candidato proprio alla presidenza di Bankitalia (ma occhio anche a Daniele Franco). Più probabilmente le idee di Panetta sono ben distanti da quelle di Giorgia Meloni e dal suo esecutivo. E così, le alternative vicine a Fratelli d’Italia erano rappresentate da Giulio Tremonti e Domenico Siniscalco, una sorta di usato sicuro per i loro trascorsi con Berlusconi premier.
Giancarlo Giorgetti nuovo ministro dell’Economia: i suoi trascorsi
Alla fine però, il dicastero più importante è finito a Giancarlo Giorgetti. Lombardo, classe 1966, cugino del banchiere Massimo Ponzellini, diploma di perito aziendale, è commercialista e revisore di conti oltre che laureato in economia aziendale alla Bocconi di Milano. Tifoso del Southampton come il candidato premier inglese Rishi Sunak, come anticipato in Parlamento ci entra a 30 anni, nel 1996, sotto la guida di Umberto Bossi, e non ci esce più.
È lui l’uomo di collegamento verso i grandi centri della finanza italiana e internazionale. Presidente della Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati nel governo Berlusconi II, Giorgetti ricopre il ruolo di relatore della manovra correttiva nel 2011 e presidente della commissione speciale sul Def nel 2013, anno in cui viene nominato tra i dieci saggi per le riforme dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Hanno detto di lui
“Avere un politico della Lega, il vicesegretario della Lega, il vice di Salvini che si prende la responsabilità di prendere per mano il paese non è male” sono le parole di Matteo Salvini stesso, pronunciate proprio qualche giorno fa. Secondo il suo predecessore, Daniele Franco “è adattissimo per questo ruolo. Lo conosco da tempo, abbiamo lavorato fianco a fianco in questi mesi di governo. Abbiamo in comune l’idea che lo sviluppo economico italiano dipenda da quanto accade nel sistema produttivo, in primo luogo nella manifattura e nei servizi” mentre il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha detto: “Ho lavorato molto con lui come ministro dello Sviluppo Economico, ho un ottimo rapporto”.
E Giorgetti stesso? Quali sono state le sue dichiarazioni nei giorni precedenti alle consultazioni? “Beh, ho un’offerta della Juventus per sostituire Allegri”. Ha preferito scherzare, alla vigilia dell’ultimo vertice della Lega prima dei colloqui al Quirinale. Per poi concludere: “Se il partito vuole il ministero dell’Economia e mi manda lì, io vado”.