L’inflazione inizia a scendere. Lo fa per davvero. Ma non è ancora il momento di cantare vittoria. Gli ultimi dati di Spagna, Olanda e Germania erano degli indizi. Aggiunti a quelli di stamattina, relativi all’Eurozona, seppur preliminari, diventano una prova.
Tasso di crescita su base annua a marzo: +6,9% nella zona euro. Si tratta del livello più debole da febbraio 2022. Ed è un risultato che sorprende in positivo anche le stime del mercato, che avevano previsto un +7,1%.
Dunque, un dato (lo ribadiamo: seppur preliminare) migliore del consensus e mai così basso negli ultimi 14 mesi. Aggiungiamo che un mese fa la crescita era stata del +8,5% e quindi il +6,9% odierno rappresenta la decelerazione più imponente da quando Eurostat (qui il sito ufficiale) raccoglie i dati, e quindi dal 1991. Ce ne sarebbe abbastanza insomma per poter dire, finalmente, che l’emergenza inflazione sta finalmente rientrando.
Parzialmente è così. Di sicuro per la Bce, che professa da mesi un’oramai proverbiale prudenza, si avvicina la fase finale della stretta monetaria (qui vi spieghiamo perché è cominciata). La Fed ha già intrapreso questa strada, alzando l’ultima volta i tassi di 25 punti base e dichiarando più o meno in maniera diretta che a maggio si prenderà una pausa. Al contrario l’Eurotower ha aumentato i tassi di 50 punti a marzo, rimandando ogni futura decisione alla lettura e all’interpretazione dei dati futuri.
Inflazione, come leggere il dato di marzo
Ma perché parzialmente? Per una serie di motivi. Il primo è che il tasso di crescita dell’inflazione core, ovverosia la rilevazione depurata dalle voci dell’energia e del cibo, che sono le più volatili, non dà alcun segnale di rallentamento. Anzi. Il +5,7% di marzo è un nuovo massimo storico. E i dati a cui ha fatto riferimento Christine Lagarde nell’ultima conferenza stampa, più che riguardanti in generale i prezzi al consumo, sono proprio quelli relativi all’inflazione core (guardate il grafico sotto, dal 2000 a oggi)
Il secondo motivo è che il +6,9% dell’Eurozona è sì più basso del +8,5% di febbraio. Ma non bisogna dimenticare che la crisi inflativa innescata dall’invasione russa in Ucraina iniziava proprio un anno fa. Se torniamo indietro a gennaio 2022, l’inflazione su base annuale era già in aumento del +5,1% a causa della crisi legata alla supply chain. A febbraio è ulteriormente salita a +5,9%. Mentre marzo 2022, che è il mese di confronto utilizzato da Eurostat per quanto riguarda il dato di stamattina, registrò un’impennata pari a +7,4%.
In buona sostanza, la crescita dell’inflazione è in lieve fase di rallentamento, ma solo perché un anno fa cresceva molto di più rispetto a oggi. E quindi non vuol dire che l’emergenza sia ormai alle spalle. Infine, va ricordato che l’obiettivo della Banca centrale europea del tasso di crescita resta quello del +2%. Dunque, il valore di marzo 2023 è più del triplo superiore al target dell’Eurotower. Evidentemente ancora troppo perché si possa già parlare di processo disinflazionistico.
Costo dell’energia in calo: prima volta in due anni
Guardando alle singole voci che vanno poi a comporre il dato finale, il costo dell’energia è diminuito per la prima volta in due anni (-0,9% contro il 13,7% di febbraio), mentre i prezzi dei beni industriali non energetici sono aumentati a un ritmo più contenuto (+6,6% contro +6,8%). Al contrario, l’inflazione è accelerata sia per i prodotti alimentari, alcolici e tabacco (+15,4% contro +15%) che per i servizi (+5% contro +4,8%). Su base mensile, i prezzi al consumo sono aumentati del +0,9% a marzo, dopo un progresso del +0,8% a febbraio.
Il tasso di crescita rallenta anche in Italia: +7,7%
Anche in Italia il tasso d’inflazione annuale è sceso: +7,7% a marzo, dal +9,1% del mese precedente. Si tratta del dato più basso da maggio 2022 e stime del mercato battute (+8,2%), in gran parte a causa della decelerazione dei prezzi dell’energia, poiché l’anno di riferimento include ora l’impatto economico iniziale dell’invasione russa dell’Ucraina (grafico sotto).