Nell’Eurozona l’inflazione nel mese di settembre ha mostrato, secondo le stime preliminari, un rallentamento su base annuale dal +5,2% di agosto al +4,3%. Le aspettative del consensus erano fissate al +4,5%.

L’indice core esclusi energetici e alimentari ha segnato un rallentamento ancora più evidente dal +5,3% al +4,5% (attese consensus al +4,8%).  Il rallentamento delle pressioni inflazionistiche non è generalizzato in tutta Europa. In alcuni paesi infatti abbiamo assistito a un aumento dell’inflazione (Spagna dal +2,4% al +3,2%, Italia dal +5,5% al +5,7%). In altri paesi il rallentamento è stato particolarmente forte (Belgio dal +2,4% al +0,7%, Germania dal +6,4% al +4,3%). In Olanda i prezzi al consumo (headline) sono scesi del -0,3%.

Frena l’inflazione Ue, quali saranno le reazioni dei governatori Bce?

Spiega Filippo Diodovich, market strategist di Ig Italia: “I numeri odierni suggeriscono che i timori sulle pressioni inflazionistiche devono essere ridimensionati. Le politiche monetarie restrittive della Banca centrale europea hanno raffreddato notevolmente l’economia dell’Eurozona. Soprattutto il settore dei servizi che aveva preoccupato nei mesi scorsi ha mostrato una discesa dei prezzi dello 0,9% su base mensile e una crescita del 4,7% su base annuale”.

Secondo Diodovich queste cifre sull’inflazione tolgono argomentazioni ai falchi all’interno dell’Eurotower per proporre ulteriori rialzi del costo del denaro entro fine anno (soprattutto, secondo i rumour, nella riunione di dicembre): “Come aveva espresso la presidente Christine Lagarde -aggiunge l’analista- i tassi d’interesse attuali consentiranno di dare un contributo rilevante a un tempestivo ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo del 2%. In caso di ulteriore rallentamento dell’inflazione nei prossimi mesi, escludiamo che la Bce possa scegliere di alzare nuovamente il costo del denaro nell’Eurozona”.

La situazione in Italia

Come detto, la tendenza alla decelerazione dell’inflazione in Italia è ancora in atto a settembre, ma le tensioni sui prezzi dell’energia stanno rallentando il ritmo del calo. L’inflazione sottostante, che esclude l’energia e gli alimenti freschi, è scesa al +4,6% (dal +4,8% di agosto). La misura armonizzata è salita al +5,7% (dal +5,5% di agosto). Alla base del piccolo calo dell’inflazione  c’è stata soprattutto una decelerazione delle componenti alimentari e dei beni durevoli, che ha compensato l’aumento dei beni energetici non regolamentati e dei servizi di trasporto e l’attenuazione del calo dei beni energetici regolamentati. L’inerzia statistica per l’inflazione complessiva del 2023 si attesta ora al 5,7%.

Spiega Paolo Pizzoli, senior economisti di Ing: “Ottobre mostrerà che i numeri sono ancora volatili a causa degli effetti base. Confermiamo il nostro scenario di base del 6,4% per l’inflazione core del 2023. Se in settembre la componente energetica è stata meno trainante, lo stesso non dovrebbe accadere in ottobre, quando entreranno in gioco sostanziali effetti base legati all’energia, nonostante la continua pressione sui prezzi dei prodotti energetici raffinati e del gas”.

Conclude l’analista: “Nel complesso, ci aspettiamo che dopo il forte calo di ottobre, dovuto a un forte effetto base legato all’energia, il profilo dell’inflazione possa appiattirsi per alcuni mesi durante la stagione invernale. Per il momento, confermiamo la nostra previsione di un’inflazione media armonizzata del 6.4% nel 2023″.

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