Giù l’energia. Giù l’inflazione. Che rallenta nell’Eurozona. Non più delle attese, com’è accaduto per il Regno Unito e per gli Stati Uniti (ne parliamo qui). Ma lo fa come non accadeva da gennaio 2022, e quindi da un anno e mezzo circa, nel mese che peraltro ha preceduto l’invasione della Russia in Ucraina. Che poi è il punto di partenza dell’impennata dei prezzi al consumo, e dell’energia in primis.

Si conferma al 5,5% il tasso d’inflazione dell’area euro a giugno 2023 (grafico sotto). Un buon risultato ma non abbastanza buono da far cambiare idea alla Bce. Che nel meeting in programma a fine luglio confermerà quanto già anticipato nelle ultime settimane dai rappresentanti dell’Eurotower, e quindi un nuovo rialzo dei tassi da 25 punti base. 

Ecco perché la Bce non cambierà idea sui tassi

Non cambierà idea Christine Lagarde. Anche in virtù del fatto che l’inflazione core, o tasso di fondo, che esclude elementi volatili come cibo ed energia, è salito al 5,5% ed è al di sopra della stima preliminare pari a +5,4%, ben vicino al recente picco del +5,7%. Tradotto: i 25 punti base di luglio sono scontati. Ma sono probabili ulteriori strette monetarie anche a settembre. 

Tornando ai prezzi dell’energia, sono crollati del 5,6% (rispetto al -1,8% di maggio), mentre i prezzi sono aumentati a un ritmo più contenuto sia per alimenti, alcol e tabacco (11,6% fontro 12,5%) che per i beni industriali non energetici (5,5% contro 5,8%).

L’inflazione nel Regno Unito

Resta più alta nel Regno Unito. Ma la frenata supera le aspettative, e quindi, per certi versi, il dato più confortante è proprio quello diffuso stamattina riguardante la Gran Bretagna. Sempre a giugno +7,9% (grafico sotto) il livello più basso da marzo 2022 e sotto il consenso del mercato, che si era attestato a +8,2%. Anche in questo caso, decisivo il crollo dei prezzi del carburante. L’inflazione core, al contrario dell’Europa, scende dai massimi degli ultimi 31 anni: +6,9% rispetto al 7,1% precedente.

I commenti di Moneyfarm e T.Rowe Price

Il rallentamento è netto. La distanza dal 2%, obiettivo della Bank of England, lo è ancora di più. C’è spazio dunque anche per il governatore Andrew Bailey per continuare la campagna di inasprimento monetario. “Sono dati positivi sia per la Banca d’Inghilterra, sia per il Tesoro britannico, preoccupati per il potenziale impatto sull’economia di un’inflazione persistente -è il commento di Richard Flax, Chief investment officer di Moneyfarm-. Il governo, sotto pressione per le proteste salariali dei dipendenti pubblici, continua a temere che un’eventuale spirale salari-prezzi possa rallentare la lotta all’inflazione. L’inflazione rimane però tre volte superiore al target. La battaglia non è vinta ma è verosimile che possa essere sufficiente a limitare il prossimo aumento dei tassi a 25 punti base”.

Tomasz Wieladek, capo economista per l’Europa di T.Rowe Price, aggiunge: “I mercati si sono riprezzati in modo significativo a seguito del rallentamento dell’inflazione nel Regno Unito,  prevedendo ora solo un tasso massimo del 5,75% rispetto al 6,25% precedente a questo dato. Inoltre, ora c’è solo il 50% di possibilità di un rialzo di 50 punti base ad agosto, mentre prima della pubblicazione di questi dati la probabilità era data quasi al 100%. Tuttavia c’è troppo ottimismo. L’inflazione dei salari, che è il fattore determinante dell’inflazione dei servizi nel medio termine, rimane a livelli che implicano un’inflazione dei servizi del 6-7% in un anno ed è questa la vera battaglia da combattere. Complessivamente, la Banca d’Inghilterra ha bisogno di far raffreddare il mercato del lavoro per riportare l’inflazione al suo obiettivo nel medio termine  e siamo ancora molto lontani da questo punto”.

 

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