Il comparto assicurativo è sempre più digitalizzato e automatizzato, ma le competenze umane continuano a rappresentare un elemento imprescindibile per svolgere con successo la professione di broker. È quanto emerge dall’indagine Broker Tech: intermediari assicurativi proiettati al futuro, realizzata da Italian Insurtech Association (Iia) e Ey, con la collaborazione di Wide Group, e con il patrocinio di Aiba, che ha interpellato gli intermediari, coinvolgendo sia broker che agenti di assicurazione mono e plurimandatari, sul livello di digitalizzazione del loro business.
La sfida principale per il settore, infatti, che prova ad essere più tech e non solo “insur” è quella di “cambiare l’attitudine del broker – sottolinea alla presentazione dell’indagine che si è tenuta al 21Wol a Milano Matteo Barbini, co-founder & managing partner di Wide Group -. La tecnologia infatti c’è e va molto veloce. Sta al settore saper stare al passo. Questo, però, non significa che le competenze umane non sono e non saranno più necessarie. Il rapporto fiduciario tra broker e clienti è fondamentale”.
Quanto tech è diventato “l’insur”?
L’indagine evidenzia come nell’ultimo anno sia migliorata l’adozione dei canali di vendita online da parte degli intermediari: nel 2021 ben l’80% del campione dichiarava di non disporre né di una applicazione né di sito web, quando intervistato rispetto alla presenza di una vetrina digitale propria per la vendita di coperture online. Secondo la nuova ricerca, “solo” il 46% del campione dichiara di non avere canali di vendita online e di non prevederne lo sviluppo; il 30% ha invece risposto che, pur non disponendo al momento di nessun sito o app, è in atto una fase di valutazione dell’introduzione di questi strumenti.
Si tratta di un cambio di paradigma molto importante per il comparto, che in solo 12 mesi attraversa una fase di “indifferenza” nei confronti di questi strumenti, alla consapevolezza del loro potenziale sino all’adozione.
Il mercato quindi, come dimostrato dai dati, si sta aprendo ai nuovi processi di digitalizzazione, che sono ormai fondamentali per andare incontro a un consumatore che è sempre più digitalizzato. “Secondo le nostre stime, entro il 2030 l’82% dei consumatori di servizi assicurativi sarà digitale – sottolinea Simone Ranucci Brandimarte (nella foto), presidente di Iia -. Bisogna lavorare per incentivare l’adozione di strumenti tecnologici da parte di tutto il comparto.”
Come riporta l’indagine, a oggi è aumentata la consapevolezza dei benefici derivanti dall’utilizzo di strumenti digitali, tanto che il 97% degli intervistati ha affermato di servirsi di almeno uno di questi a supporto della propria attività professionale. “Come confermato da oltre la metà degli intervistati (64%), la principale opportunità derivante dal processo di digitalizzazione del mondo assicurativo risiede nella capacità della tecnologia di supportare il lavoro manuale degli intermediari – afferma Marco Concordati, partner insurance di Ey -. Utilizzando nuove tecnologie e strumenti avanzati per automatizzare i processi più standardizzabili è possibile infatti ridurre il carico amministrativo e liberare risorse professionali per concentrarsi sull’attività consulenziale e commerciale”.
Dove migliorare
Sebbene confrontando i dati di quest’ultima indagine con quelli prodotti nel 2021 si possano registrare evidenti margini di miglioramento, le sfide da affrontare sono ancora molte. Per il 53% del campione, infatti, una delle sfide primarie da risolvere legate alla tecnologia riguarda l’integrazione con i sistemi delle compagnie partner e il 37% vede inoltre gli strumenti forniti dalle compagnie non adeguati ai loro scopi (solo il 4% ritiene che ci sia un completo allineamento tra il proprio livello di digitalizzazione e automazione e quello della compagnia mandante). Inoltre, quasi la metà dei rispondenti (43%) dichiara di non disporre di adeguate risorse economiche da investire nell’abilitazione e/o nel rinnovamento tecnologico.
Inoltre, la ricerca mostra come la percezione del rischio di disintermediazione da parte dell’online e degli strumenti digitali sembri non preoccupare oltre la metà degli intermediari intervistati (56%) che confermano una percezione particolarmente positiva in merito ai benefici apportati all’interno del processo assicurativo e sono fiduciosi circa le prospettive future di questo scenario. È altresì evidente come, ancora oggi, una buona porzione di intermediari (44%) percepisce nell’online una qualche forma di minaccia al proprio business, derivante dall’affermarsi di realtà che operano esclusivamente su canali online.
Perché il settore è reticente?
Il settore assicurativo italiano è un mercato resiliente. Nel primo semestre dell’anno gli investimenti sono aumentati del 230% rispetto allo stesso periodo del 2021 con 200 milioni di euro. Secondo le previsioni di Italian Insurtech Association ci sarà un ulteriore balzo verso l’alto: si punta infatti a 500 milioni di euro entro la fine dell’anno. In confronto al resto dell’Europa, però, l’Italia si ritrova fanalino di coda. Non aiuta il livello di digitalizzazione del settore che ha portato il nostro paese al 18° posto in Eurozona.
Tra le motivazioni, secondo il presidente di Aiba Flavio Sestilli, la mancanza di comunicazione tra le compagnie assicurative che non parlano la stessa lingua: “Non usano gli stessi software e sono reticenti a volersi omologare in un unico linguaggio. Più volte ci ho provato, ma nella mia esperienza non ci sono ancora riuscito”.
Ma non solo. La tecnologia senza il dato è inutile. Come sottolinea Marco Concordati, partner insurance business transfomation di Ey: “Per rendere il lavoro davvero più efficiente e per abilitare l’utilizzo corretto di queste tecnologie è necessario che i dati delle compagnie siano disponibili e accessibili a tutti. Per le compagnie è sempre colpa dell’intermediario e viceversa, ma io credo che la verità sia nel mezzo. Serve un’azione di sistema per abilitare questi dati, se necessario anche l’intervento del regolatore per facilitare certi confronti Non ha senso che ci siano ancora queste barriere”.
Quindi, oltre ai dati che sono necessari per semplificare il prodotto, la tecnologia che deve essere accessibile e comprensibile agli operatori del settore, “il broker deve essere colui che è in grado di fare rete, “perché un singolo soggetto e una sola società non possono portare alcun cambiamento, conclude Viviana Scarfia, co-founder & sales director di Win: “Il broker del futuro non è né un robot né un avatar, ma una sorta di supereroe moderno. Deve essere pronto a fronteggiare tantissime sfide, deve essere un facilitatore e attrarre nuove competenze”.