Nel 2020, le compagnie di assicurazioni hanno investito quasi 1,6 miliardi di dollari in start-up, con un aumento del 61% dal 2019 al 2020. Nel complesso gli investimenti in insurtech hanno raggiunto a livello mondiale i 7 miliardi superando i valori pre-Covid. La pandemia, quindi, non ne ha frenato la crescita, o meglio la parabola che emerge analizzando questo settore nell’ultimo decennio. Basta, fra l’altro, guardare la storie di alcune imprese lanciate neanche 5 anni fa – come Root Insurance, Lemonade o Hippo – che hanno raggiunto valutazioni che superano il miliardo di dollari.
In questo contesto, il Covid-19 ha accelerato i modelli pay-per-use, la telemedicina, gli strumenti diagnostici o la digitalizzazione della distribuzione, tutti ambiti legati all’insurtech. A sottolineare questa tendenza è la quinta edizione del rapporto Insurtech Global Outlook 2021, realizzato da NTT Data e Everis, che analizza l’ecosistema insurtech e l’impatto che le tecnologie avanzate e i nuovi modelli di business hanno avuto nel corso del 2020.
Fra Europa e Italia
Se è vero che le aziende hanno trasformato la crisi in un ulteriore acceleratore nei loro processi di digitalizzazione, resta il fatto che il reale impatto delle aziende insurtech sul mercato rimane in discussione per vari motivi, quali quota di mercato, risultati economici o conquista del mercato. Non solo, si osservano dinamiche differenti in base alle geografie, come in una doppia velocità, con una forte spinta che arriva dall’Asia, dove si superano gli investimenti di Europa e Usa messi insieme.
“Su 6,5 miliardi di dollari raccolti globalmente nel settore insurtech – spiega a Dealflower Stefano D’Ellena, Head of Insurance di Everis Italia – solo un miliardo è stato raccolto da realtà europee. Quello che si è notato è che ci sono stati circa 74 deal in Europa e questo, su un miliardo di investimenti, dà un’idea di una strategia un po’ polverizzata rispetto all’impiego di questi fondi. Rispetto magari a mercati come quello asiatico, che hanno raccolto circa come l’Europa, un miliardo e due, ma su meno deal, quindi hanno concentrato maggiormente l’attenzione su realtà insurtech più mature e più strategiche“.
Nonostante il fatto che organizzazioni che adottano questi modelli di lavoro debbano ancora affermarsi sui mercati, generando la disruption promessa a chi scommette su questo modello, anche in Europa si può osservare un certo dinamismo. In pole position c’è la francese Axa, la compagnia assicurativa ha infatti partecipato a 12 round di finanziamento e ha intercettato quasi la metà del totale dei round realizzati nel 2020. Altrettanto in forma MunichRe, che ha partecipato ad alcuni tra i round più importanti – come Next o Hippo – concentrandosi sulle startup in fase avanzata.
In Italia, dove la strada verso una completa innovazione è ancora lunga, l’ultima operazione risale a inizio giugno. Si tratta di wefox, tra le 10 insurtech più famose a livello mondiale, che ha raccolto la cifra record di 650 milioni di dollari per il suo round di finanziamento di serie C guidato da Target Global, con una valutazione post-money di 3 miliardi di dollari. Nella penisola è Mansutti il suo founding partner, che quest’anno intende completare un importante ingresso azionario in wefox. Dal 2018, infatti, le due società collaborano per adattare i servizi di wefox al mercato italiano.
Boom di investimenti
Considerate le criticità, non si può però negare che le aziende di insurtech stanno vivendo un momento da record. Il traino degli investitori si riflette nelle cifre trimestrali, dove sei contratti hanno rappresentato un importo di 1,5 miliardi di dollari, principalmente da super deals in Europa e Nord America, specifica il report. Considerando questo scenario, le tendenze sono chiaramente diverse in un confronto anno su anno, a causa di un contesto più accelerato e di una domanda di mercato più forte nel raggiungimento degli obiettivi.
La pandemia ha cambiato i modelli di consumo, e nel settore assicurativo non è stato diverso. Con un maggior grado di personalizzazione, si è determinata una chiara accelerazione di nuovi modelli. A questo si aggiungono, con un alto livello di investimenti, le piattaforme di brokeraggio e la cyber-assicurazione, che hanno ricevuto nel 2020 importanti investimenti e annunci di entrate.
Guardando da vicino questi investimenti, le compagnie assicurative hanno accentrato la maggior parte delle loro capitalizzazioni in start-up in fase di crescita, con una media di 23 milioni per round nel 2020. Inoltre, all’interno di queste scommesse, gli investitori insurance hanno concentrato la loro selezione su aziende che lavorano in tecnologie come cloud, mobile e applicazioni, oltre alle loro preferenze in modelli di business incentrati sulla personalizzazione dell’assicurazione, aggregatori, piattaforme e comparatori. Queste nuove società supportate dalla tecnologia – molte delle quali basate sull’IoT – stanno rafforzando la transizione del settore assicurativo dalla protezione alla prevenzione. Infatti, le compagnie assicurative e le start-up stanno utilizzando set di dati unici e l’intelligenza artificiale per ridurre e gestire i costi dei sinistri, aiutando i clienti a prevenire eventi indesiderati
Nuovi scenari, nuovi mercati
“Le compagnie, ormai da tempo hanno avviato attività di profonda trasformazione. Quindi assistiamo in termini di semplificazione, innovazione di prodotto, di attenzione alla rete distributiva, di efficientamento dei propri processi, anche in un’ottica di value chain distribuita open, proprio per effetto delle insurtech”, spiega a Dealflower Sergio Dizza, Head of insurance di NTT Data. Quindi, davanti a nuovi scenari – dove l’assicurazione è sempre più vista come una commodity e le compagnie devono accrescere quello che è il valore percepito dal cliente, proponendo delle soluzioni sempre più personalizzate – cambiano anche i mercati.
Nel dettaglio, lo studio delinea due principali comportamenti di investimento da parte delle compagnie assicurative. Da un lato, la concentrazione degli investimenti è nelle start-up con round più avanzati e modelli più consolidati (i cosiddetti outlier) con operazioni di più di 100 milioni di dollari, situati principalmente negli Stati Uniti e in Asia. D’altra parte, si nota che il maggior numero di operazioni è in aziende più giovani che stanno iniziando a guidare i loro modelli (i cosiddetti standard) e che completano l’offerta di valore, oltre a trasformare parte della loro catena del valore. Queste aziende sono principalmente europee e le operazioni sono intorno ai 5 milioni di dollari.
Alcuni degli attori asiatici, che eclissano al momento le cifre occidentali, hanno capito da anni il concetto di ecosistema nel mondo insurance. In questi enormi mercati, esiste un alto livello di digitalizzazione da parte degli utenti e, in generale, un tasso di penetrazione assicurativa molto basso – 1%, mentre un mercato consolidato in un’altra area raggiunge quasi il 5% – il che fa sì che questi modelli di business b2b2c funzionino molto bene per insurtech o compagnie assicurative. Questi offrono assicurazioni – compresa la micro-assicurazione – nei canali di altri attori, il che permette loro di realizzare una nuova distribuzione digitale che riduce elementi come il costo di acquisizione dei clienti.
Insomma, “oggi siamo in una seconda fase di consapevolezza dove l’insurtech può veramente essere vista come un acceleratore per i processi e i progetti di accelerazione, di trasformazione digitale dell’intero settore“, sostiene D’Ellena. Guardando al futuro, oltre le micro-assicurazioni nel breve termine, continua il professionista, “c’è un tema che sta emergendo oggi, che va a toccare un po’ il cuore di quello che è il mercato assicurativo, che sono i rischi, la quantificazione dei rischi che la tariffazione fondamentalmente. E qui se vedo tra qualche anno c’è tutto un filone di quantum underwriting che si sta iniziando ad esplorare, ovvero l’utilizzo del quantum computing per definire quelli che possono essere dei nuovi modelli di pricing basati soprattutto sul comportamento e sulla contestualizzazione dei rischi rispetto a una situazione particolare di un cliente“. L’età dell’oro di questo settore potrebbe quindi essere solo all’inizio.
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