L’invoice trading come strumento alternativo per dare ossigeno alle casse delle Pmi. Uno strumento flessibile e dinamico che migliora l’accesso al credito alle piccole e medie imprese. È quanto emerso nel corso della roundtable “Invoice trading” organizzato da Dealflower con ItaliaFintech, Teamsystem e Workinvoice.

“Le imprese italiane”, ha spiegato Matteo Tarroni, ceo di Workinvoice e vicepresidente di ItaliaFintech, “sono chiuse in una morsa. Da un lato sperimentano dei tempi di incasso troppo lunghi e che non hanno paragoni rispetto agli altri Paesi europei; dall’altro non trovano sufficiente credito per sopperire a queste tempistiche. Ciò limita la crescita delle aziende ed è per questo che l’Italia non ha quei livelli di produttività che invece si registrano negli altri Paesi europei. L’invoice trading consente di trasformare un asset fungibile in denaro contabile. Attraverso diversi modelli, l’invoice trading consente alle aziende di cedere crediti esigibili a investitori istituzionali di tutto il mondo. Stiamo quindi parlando a tutti gli effetti di un sistema complementare a quello tradizionale”.

Sull’argomento è intervenuto anche Riccardo Carradori, ceo di Teamsystem, secondo cui l’invoice trading “è una forma estremamente flessibile e permette di operare non solo con cessioni massive e continuative ma anche cessioni spot. È una forma tecnica che può intercettare l’attività domestica, l’import e l’export. L’aspetto da considerare è il rischio operativo, un tema che le piattaforme fintech hanno imparato a presidiare bene. Per questo è importante dare agli investitori strumenti opportuni per selezionare le varie opportunità che ci sono sul mercato, e l’invoice trading ne è un esempio”.

Il quadro normativo

Purtroppo in Italia manca un quadro normativo specifico. “È un tratto insolito se si pensa a quanto accade sul crowdfunding”, ha detto Alessandro Portolano, partner di Chiomenti. “Nel caso dell’invoice trading c’è una assenza di regolamentazione specifica perché il regolamento del crowdfunding esclude l’acquisto di credito dal novero delle attività delle piattaforme”.

“In Italia”, ha proseguito Portolano, “l’acquisto del  credito è considerato una attività di finanziamento. Credo che sul fronte dei prestiti di credito, se questa attività è svolta con professionalità è una attività riservata. è ragionevole pensare che le cose non cambieranno sul fronte normativo almeno nell’immediato futuro”.

Contaminazione tra fintech e banca, connubio vincente. Le testimonianze del privato  e del pubblico

Il dialogo tra le fintech e il sistema bancario tradizionale è fondamentale. La testimonianza diretta è quella fornita da Banca Ifis che come ha spiegato il responsabile marketing & business strategy, Marco Agosto, “si colloca a metà tra una vera banca e una fintech. Siamo nati anni fa e ci siamo focalizzati sul factoring, uno strumento che è usato da decina di migliaia di nostri clienti. È uno strumento che fatica ad entrare nella mentalità dell’imprenditore ma una volta che è conosciuto diventa molto apprezzato. In questo quadro noi crediamo molto nel valore della collaborazione tra il mondo fintech e quello bancario. Riteniamo che la contaminazione tra questi due mondi è molto molto positiva”.

In questo contesto, Massimo Gianolli, amministratore delegato di Generalfinance, sottolinea come “il mercato ha delle potenzialità enormi. C’è la necessità di avere nuovi operatori e credo che ci sia spazio per tutti. Sono anche convinto che si possano creare grandi sinergie. E’ un mercato scalabile”.

Che l’invoice trading sia una chiave vincente lo conferma il caso Samsung. Secondo Paolo Fontana, credit risk director di Samsung Electronics, “abbiamo chiesto al mercato quale fosse lo strumento migliore per un cliente che vuole crescere, che ha bisogno di finanza e che cerca flessibilità. E il mercato ha dato una risposta chiara: l’invoice trading. È un mercato in crescita, che risponde alle esigenze del cliente e che parcellizza il credito”.

Non solo soggetti privati ma anche il pubblico ha deciso di scommettere su questo strumento.  È il caso di Sace che, come ha spiegato Daniele Schroder, direttore generale di Sace Fct, “nel 2009 ha dato vita ad una società di factoring per aiutare le imprese che avevano problemi di liquidità. La nostra mission è quella di sostenere la competitività delle delle imprese in Italia e all’estero. Su sei milioni di aziende, 5,9 milioni hanno un fatturato inferiore ai 500mila euro. Se guardiamo a cosa fa il facoring tradizionale, nel 2022 ha smobilizzato credito per 290 miliardi, il 16% del Pil. Se guardiamo le imprese servite sono appena 30mila. C’è molto lavoro da fare. Sace ha varato un piano industriale al 2025 che punta al raddoppio delle pmi servite e portarle a 65mila“.

Ma come convincere le aziende a usare questi strumenti?

L’elemento centrale è rappresentato dalla cultura. “La prima cosa”, ha spiegato Alessandro Bielli, responsabile area credito e finanza di Assolombarda, “è sedersi al tavolo con l’azienda per ragionare in ottica prospettica e capire il fabbisogno dell’impresa. Il lavoro iniziale è molto culturale: si deve partire dal bisogno dell’azienda per poi costruire la strategia. Per questo è importante una comunicazione trasparente e semplice. Attraverso una nostra piattaforma aiutiamo le imprese a dialogare con il mondo del credito  e volgiamo anche sviluppare un canale diretto che interagire con gli operatori di mercato”.

E in questo contesto diventa importante il modo in cui si dialoga. Secondo Silvia Attanasio, responsabile ufficio innovazione dell’Abi, “occorre trovare il modo corretto per far dialogare il mondo delle fintech e quello bancario. Ci sono tanti benefici per entrambe le parti”. Sulla stessa linea d’onda Federico Caniato, professore ordinario, School of Management del Politecnico di Milano e direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance, che ritiene come “il factoring e l’anticipo della fattura bancaria sono gli strumenti più usati dalle imprese. Poi c’è tutto quello che è innovazione, come l’invoice trading. Quest’ultimo è ancora piccolo ma è cresciuto molto velocemente. Credo che ci sia molto spazio di crescita perché va a servire le piccole e medie imprese”.

In questo quadro un ruolo fondamentale è svolto dalla tecnologia. “L’Intelligenza artificiale ormai è alla base di tutto. Ciò che fa l’invoice trading consente di studiare il merito del credito delle imprese. E questo avviene anche grazie alla tecnologia. Un altro aspetto importante è l’open banking che apre proprio all’analisi e alla valutazione del merito del credito. Grazie alla tecnologia si dà la possibilità alle imprese di superare le loro reticenze e far apprezzare soggetti diversi dalle banche”, ha spiegato Paola Giucca, capo servizio strumenti e servizi di pagamento al dettaglio di Banca d’Italia.

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