La chimica insegna. Per fondersi serve che le temperature siano alte (almeno per alcune sostanze). Se parliamo dell’industria della gestione e del recupero dei crediti deteriorati, il settore di certo bolle. Come sottolineano gli analisti, rispetto al boom di sette anni fa quando diversi fattori, tra cui il decreto Salva Banche del governo Renzi, produssero uno scatto degli investitori dettato dai prezzi da saldo che degli ingenti volumi di crediti deteriorati ceduti dalle banche, oggi però l’opulenza del quadro dei service e servicer Npl è decisamente minore. Lo schema è quindi quello di procedere a squadre con nuove acquisizioni e puntando all’internazionalizzazione. Con uno scenario che vede due grandi poli degli intermediari: DoValue-Gardant da una parte, Ion-Prelios dall’altra.
Cessione di Prelios ad Ion
La fintech Ion di Andrea Pignataro – società con sede in Irlanda specializzata nello sviluppo di piattaforme di gestione dati e di processi per le società finanziarie – ha ricevuto l’autorizzazione dalla Banca d’Italia, dopo l’ok della Commissione per il golden power del marzo scorso, a rilevare la società di gestione patrimoni Prelios dall’hedge fund statunitense Davidson Kempner.
Prelios, ex Pirelli Real Estate, è uno dei principali gruppi attivi in Italia ed Europa nella gestione di asset alternativi, nel servicing e nei servizi immobiliari specializzati, con un patrimonio che comprende crediti deteriorati, esposizioni unlikely-to-pay e fondi real. L’operazione, secondo le cifre circolate, ha un valore di 1,35 miliardi di euro e consolida l’interesse di Ion in Italia dopo la campagna acquisti focalizzata di Cedacri (servizi di outsourcing per il settore bancario) e Cerved (credit information e credit management).
Alle operazioni di Ion fa da contrappeso la fusione di DoValue e Gardant. DoValue, società di gestione di portafogli di credito e di immobili derivanti da crediti deteriorati, ha acquisito il 100% di Gardant, tramite un accordo vincolante – e un deal di contanti e azioni – con Tiber Investments, società affiliata a fondi gestiti da Elliott. Dall’accordo è nato il primo servicer Npl in Sud Europa, almeno secondo ambizioni, e il prezzo dell’acquisizione di 230 milioni è stato comprensivo di 50 milioni relativi al rifinanziamento del debito finanziario netto.
Le prospettive per il 2024-2025
E allora ‘what’s next?’. Come riporta un report di Banca Ifis lo stock di Npe in Italia si stima sia diminuito da 361 miliardi del 2015 a 303 miliardi del 2023, grazie alla gestione specializzata dei servicer e all’efficacia delle policy di credito delle banche. Nel biennio 2024-2025 si prevede una sostanziale stabilità dello stock come risultato dell’aumento dei flussi di nuovo deteriorato che compensa la migliorata capacità di recupero.
Banca Ifis rileva che “nonostante il mercato secondario si preveda inciderà per più del 50% del transato nel biennio 2024-2025, il segmento primario rimarrà significativo perché il sistema bancario si è posto il target di mantenere l’Npe ratio medio intorno al 3%, come dimostra l’analisi dei business plan dei principali gruppi bancari italiani che evidenziano obiettivi tra 0% e 4,4%”.
Una spinta ai mercati secondari potrebbe arrivare dal recepimento della direttiva europea nota come Npl Secondary Market Directive da parte del Consiglio dei ministri. L’ok da parte del vertice è arrivato lo scorso 11 giugno ma è un sì preliminare. La direzione indicata dal testo è quella di liberalizzare la cessione dei crediti deteriorati da parte degli enti creditizi e di aumentare i presidi sul mercato dei crediti e le tutele in favore dei debitori ceduti, mediante nuove tutele a autorizzazioni. Uno scenario che secondo Marcello Grimaldi, presidente dell’Unione nazionale imprese a tutela del credito, potrebbe migliorare l’affaccio sul mercato europeo.