La Federal Reserve rassicura i mercati sul tapering, ma mette le mani avanti sui tassi d’interesse, che potrebbero essere aumentati l’anno prossimo se l’inflazione dovesse mantenersi sui livelli attuali più a lungo delle attese.

Il comitato di politica monetaria della banca centrale Usa (Fomc), ieri sera, ha annunciato che potrebbe iniziare a ridurre il programma di acquisto mensile di assset da 120 miliardi di dollari in occasione della prossima riunione, fissata per il 2-3 novembre.

L’inflazione spinge verso una stretta dei tassi

Nella successiva conferenza stampa, il presidente della Fed, Jerome Powell (nella foto di copertina), ha sottolineato che “l’obiettivo del messaggio è evidenziare che ciò potrebbe avvenire subito dopo la prossima riunione”. I membri del Focm non hanno formalizzato le tempistiche del tapering, pur avendo concordato che il processo sarà graduale e “sarà probabilmente appropriato che si concluderà attorno alla metà del 2022”.

Gli indici di Wall Street hanno reagito positivamente alle indicazioni: il Dow Jones ha guadagnato l’1%, lo S&P 500 lo 0,95% e il Nasdaq l’1,02%. E le borse europee hanno esordito in rialzo.

Le nuove proiezioni rilasciate alla fine della riunione di due giorni mostrano che metà dei diciotto banchieri prevede di aumentare i tassi di interesse entro la fine del 2022. Nel giugno scorso solo sette stimavano una stretta al costo del denaro l’anno prossimo, mentre la maggior parte era proiettata sul 2023.

Insomma, il fatto che l’inflazione si stia mantenendo elevata più a lungo delle attese è diventato motivo di preoccupazione per la Fed.

Il tapering è metabolizzato

Attualmente, il programma di acquisto di asset – iniziato nel marzo 2020, quando divenne chiaro che la pandemia da coronavirus Covid-19 avrebbe affossato l’economia mondiale – prevede che ogni mese la banca centrale guidata da Powell compri titoli di stato per almeno 80 miliardi di dollari e bond ipotecari per 40 miliardi. Tirando il freno a cominciare da novembre, secondo le ipotesi degli analisti, gli acquisti di Treasuries dovrebbero essere ridotti di 10 miliardi di dollari al mese e quelli di bond ipotecari di 5 miliardi.

Il tapering è nei fatti. Powell ha sottolineato che “l’economia corre più veloce rispetto al 2013”, anno in cui la Fed aveva varato il precedente programma di acquisto di asset.

L’incremento dei tassi è stato messo in cantiere dai banchieri della Fed se l’inflazione si stabilizzasse al 2% e il mercato del lavoro tornasse su livelli coerenti con l’obiettivo della massima occupazione.

Nel dicembre scorso la banca centrale Usa aveva chiarito che avrebbe acquistato obbligazioni al ritmo attuale fino a quando l’economia non avesse compiuto “ulteriori progressi sostanziali” verso i target di colmare il gap di dieci milioni di posti di lavoro registrato dall’inizio della pandemia e di riportare l’inflazione al 2%.

Per effetto degli acquisti effettuati da marzo 2020, la Fed ha in portafoglio asset per 8.400 miliardi di dollari, il doppio rispetto ai 4.200 miliardi che deteneva nel febbraio 2020.

La variante Delta pesa sull’economia

Powell aveva già indicato il mese scorso che la maggior parte dei banchieri ritiene di aver superato il test sull’andamento dell’inflazione per ridurre gli acquisti di asset, mentre il deficit sul fronte occupazionale non è ancora stato colmato. L’economia ha recuperato circa 4,7 milioni di posti di lavoro quest’anno e il tasso di disoccupazione è sceso al 5,2% ad agosto dal 6,7% di dicembre. Prima della riunione del Fomc di novembre, i banchieri avranno modo di valutare l’andamento dell’occupazione a settembre.

“Penso che l’obiettivo (sul fronte occupazionale) sia stato quasi raggiunto”, ha affermato Powell, rafforzando la prospettiva di un tapering che prenda il via a novembre. Il presidente della Fed non si è pronunciato ufficialmente sull’avvio del tapering a novembre, dicendo che così sarà se “la situazione generale sarà appropriata”.

Powell ha precisato che l’incremento dei tassi d’interesse segue analisi più rigorose rispetto al tapering. Ma i membri del Fomc hanno segnalato che l’inflazione è motivo di preoccupazione e una stretta monetaria l’anno prossimo è una prospettiva concreta.

I bancheri si aspettano una crescita più lenta, un’inflazione più elevata e una disoccupazione più alta quest’anno rispetto alle previsioni di giugno. A incidere negativamente è la variante Delta del Covid-19.

L’estate scorsa dalla riunione del Fomc era emersa la previsione che diversi cittadini entrassero a far parte della forza lavoro a settembre con il ritorno dei bambini a scuola, la scadenza dei sussidi di disoccupazione e un calo dei timori per la diffusione del virus. La variante Delta ha mischiato le carte, continuando a colpire le catene di approvvigionamento, con un impatto sui prezzi, e rendendo più difficile il rientro nel mercato del lavoro.

“Può darsi che ci vorrà più tempo”, ha concluso Powell. “Si tratta di persone che lavoravano in gran parte nel febbraio del 2020. Torneranno al lavoro… Potrebbe solo volerci più tempo”.

Il commento

Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, ritiene che la Fed abbia proseguito correttamente sulla strada del balancing act. “La Fed continua a essere possibilista sul rallentamento del piano di acquisti di titoli obbligazionari verso la fine di quest’anno”, spiega Flax.

“Per quanto riguarda i tassi di interesse, tutti gli occhi sono puntati sul cosiddetto dot plot, le previsioni sui tassi di interesse dei singoli membri della Fed. L’aspettativa, secondo il tasso mediano, è aumentata leggermente per il 2022 – in pratica solo uno dei membri ha cambiato opinione – e di poco più per il 2023”, aggiunge Flax. “Il Fomc ha introdotto una proiezione per i tassi dei Fed Funds nel 2024 – dell’1,8% -, suggerendo che anche tra tre anni i tassi di interesse reali (ossia corretti per l’inflazione) saranno ancora negativi”.

In conclusione, secondo Flax, “a breve termine, il mercato potrebbe concentrarsi su quanto velocemente la Fed ridurrà gli acquisti di titoli e quanto tempo dopo inizierà ad aumentare i tassi. Ma un tasso di riferimento al di sotto dell’inflazione nel 2024 non è certo il segno di una politica monetaria restrittiva”.

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