La rinascita della Formula 1 ha due genitori, Liberty Media e Netflix. Disclaimer: astenersi dalla lettura di questo articolo nostalgici e puristi. Quanti si sono appassionati alle quattro ruote con il duello fra James Hunt e Niki Lauda, hanno amato la follia di Gilles Villeneuve, ammirato la regolarità di Alain Prost, sognato grazie alla favola tragica di Ayrton Senna, insomma tutti i veri appassionati di Formula 1, sono liberi di indignarsi. Ma uno sport che stava morendo di tedio ha trovato linfa vitale grazie alla trasformazione in uno show. E sta tracciando la via che dovranno seguire gli altri sport, a partire dal calcio.

Liberty Media ha acquisito la Formula 1 nel 2017, rilevandone il controllo da Cvc Capital Partners. L’operatore di private equity aveva già lavorato per svecchiare un circus che Bernie Ecclestone, nei quattro decenni in cui aveva ricoperto il ruolo di padre-padrone, aveva trasformato in un business redditizio, salvo invecchiare insieme alla sua creatura.

L’automobilismo stava morendo di noia

Tra il 1998 e il 2018, solo otto piloti sono stati incoronati campioni del mondo. E tre di loro – Michael Schumacher, Sebastian Vettel e Lewis Hamilton – hanno vinto almeno quattro titoli. Le gare sono diventate monotone, decise dalle strategie legate ai rifornimenti di carburante e ai cambi di pneumatici. Sorpassi praticamente scomparsi. Una noia mortale. Impossibile appassionare i giovanissimi. Oltretutto, i costi per le scuderie stavano diventando insostenibili.

Liberty Media ha svecchiato la formula per cercare di tornare ai tempi in cui i piloti battagliavano in pista. Lo ha fatto attraverso cambiamenti ai regolamenti, in alcuni casi arzigogolati e di difficile comprensione, ma mirati a un obiettivo: ri-spettacolarizzare le corse. Ovviamente senza fare passi indietro sul fronte della sicurezza, perché i piloti – pur consapevoli di rischiare correndo a oltre 300 chilometri all’ora – non vogliono certo mettere a repentaglio la vita.

Il successo di “Drive to Survive”

Liberty Media, in quanto broadcaster, ha puntato sui contenuti. Ha stretto una partnership con Netflix. E la piattaforma ha prodotto “Drive to Survive”, giunto alla quarta stagione. Un modo per entrare all’interno del paddock e raccontare la Formula 1 come mai era stato fatto prima.

Risultato: durante la stagione accorciata dalla pandemia nel 2020, il pubblico globale medio per una gara è stato di 87,4 milioni. Cinque anni prima si parlava di un’audience di 80 milioni.

“Drive to Survive” ha portato a seguire la Formula 1 un pubblico diverso dagli appassionati di automobilismo. “Drive to Survive” è un mix di soap opera, commedia e film d’azione. “Quella passione e quel dramma sono sempre esistiti”, spiega Paul Martin, uno dei produttori esecutivi, citato dal Wall Street Journal. “È successo che siamo stati invitati a passare del tempo (dentro passione e dramma) e puntarci le telecamere addosso”.

La Formula 1 ha 71 anni di storia alle spalle. Iniettare linfa vitale era necessario, ma rispettando la tradizione, la liturgia domenicale della velocità. Il dramma e la passione, come dice Martin, ne sono da sempre parte integrante: ocorreva soltanto rendere tutto visibile e televisivo.

I costi stavano diventando insostenibili

Stefano Domenicali (nella foto a destra), amministratore delegato di Formula One Group, definisce “fondamentale” la

Stefano Domenicali

svolta. Al Wsj, Domenicali ha spiegato che l’incremento costante dei costi “stava uccidendo il nostro sport”. Il circus è diventato più snello e, contestualmente, ha cercato un nuovo pubblico. “Dobbiamo parlare una lingua diversa”, spiega Domenicali. “Quando ci rivolgiamo a dei fans accaniti, dobbiamo parlare solo di un decimo di secondo che è legato alla diversa scelta dell’angolo di un’ala anteriore… Su Netflix, invece, dobbiamo parlare del dramma di corsa. Il dramma di un pilota che ha bisogno di essere più veloce”.

Così, i veri appassionati di automobilismo continuano a conoscere a menadito ogni curva di Monza e potranno dire in anticipo perché la Ferrari brillerà in Ungheria e arrancherà a Monaco. Gli altri sentiranno a livello viscerale che ego, denaro e auto veloci sono un buon intrattenimento, specialmente durante un pandemia globale passata sul divano di casa.

Anche il GP del Belgio diventa appassionante

Persino un disastro come quello accaduto domenica scorsa in Belgio, con un gran premio che di fatto non si è disputato (quattro giri e undici minuti in pista) a causa della pioggia, diventa appassionante in termini televisivi: è facile immaginare come Netflix saprà raccontare l’attesa snervante dei piloti, la tensione nelle scuderie, i dilemmi degli organizzatori. Teatro shakesperiano, insomma.

Netflix non comunica i numeri ufficiali dell’audience di  “Drive to Survive”, ma il Wsj scrive che la terza stagione, uscita nel marzo scorso, è stato il programma più visto.

E dire che all’inizio i team erano scettici o apertamente contrari ad aprire il paddock alle telecamere di Netlix. Ferrari e Mercedes non hanno partecipato alla stagione 1. “L’ho odiato all’inizio”, ammette il team principal della Mercedes, Toto Wolff. “Durante un volo per l’Australia, ho visto alcuni episodi della Serie 1: un incubo. Hollywood in Formula Uno. E poi sono tornato dall’Australia e un amico che non aveva mai avuto interesse per la Formula 1 e i suoi figli hanno detto: ‘Posso venire al Gran Premio d’Austria… Adoriamo Netflix'”.

E di colpo ingegneri e tecnici sono diventati star. Günther Steiner, team principal del team americano Haas F1, di nazionalità italiana, si è trasformato in una star televisiva, grazie all’accento tedesco in cui impreca per i problemi delle auto.

Sicuramente non piacerà ai puristi di cui sopra, ma questa è la direzione che dovranno necessariamente prendere tutti gli sport per appassionare i giovanissimi. Il calcio ha respinto l’ipotesi SuperLega in nome della tradizione, dei valori dell’etica sportiva, della concorrenzialità, dello sport del popolo. Poi, però, il risultato è che Paris Saint Germain, Chelsea, Manchester City e Manchester United fanno manbassa di stelle e riducono gli spazi di competizione in Champions League.

Amazon e Netlfix si stanno affacciando anche sul calcio. Guadagneranno sempre più spazio, comprando direttamente i diritti di trasmissione o siglando partnership con i broadcaster. E porteranno con sé il modello di svecchiamento e spettacolarizzazione dello sport già adottato dalla Formula 1.

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