Un gigante in ginocchio. Che trascina giù con sé tutti gli altri. La Cina è la prima economia al mondo per export totale. La seconda economia al mondo per Prodotto Interno Lordo e la seconda economia al mondo per import totale. Ma la Cina è anche in lockdown serrato da fine marzo. Senza alcuna certezza su quando potrà tornare alla normalità. Per questo, la Cina si è fermata. Proprio oggi, le autorità hanno avvertito i 26 milioni di abitanti di Shanghai, già stremati per le restrizioni in corso (sul web girano video di droni che sorvolano le strade e anche cani robot mentre intimano i cittadini a rimanere in casa), che le misure previste dal governo denominate “Zero Covid” proseguiranno fino a quando il virus non sarà sradicato. Città dopo città. Quartiere dopo quartiere. Anche se la variante in questione, la Omicron, è tra le meno aggressive in termini di mortalità.
Ferma la Cina, fermo il resto del mondo?
Il risultato è presto detto: “Le misure di controllo hanno portato i consumi sia online che offline su una spirale discendente -è quanto riporta uno studio di Edmond Huang, Research Analist di Credit Suisse– comprese le vendite di autovetture, i ricavi al botteghino, la ristorazione, i condimenti, l’abbigliamento sportivo, l’estetica e gli elettrodomestici”. Paralizzato al suo interno, il colosso asiatico sta paralizzando il mondo a sua volta. Secondo Carol Liao, China Economist di Pimco, l’economia cinese sta affrontando la peggior perturbazione dall’inizio della pandemia. Lo dicono gli indicatori, a partire dall’attività manifatturiera Pmi e dai servizi, entrambi scesi sotto i 50 punti, e quindi, in contrazione. Non succedeva da due anni, più precisamente da febbraio 2020, quando il panico da Covid stava iniziando ad allargarsi a macchia d’olio. Questo succede perché gli abitanti delle città (Shanghai, come detto, ma anche Shenzhen e Jilin) non possono uscire dalle case. Quando lo fanno prendono d’assalto supermercati e negozi di alimenti. La mobilità è ai minimi storici e sono pesanti le interruzioni della produzione. Inoltre, i camion fermi rendono problematica la logistica interna. Tale paralisi sta danneggiando i consumi, i servizi e, in particolar modo, l’export.
Grafico Export cinese by tradingeconomics.com
Shanghai e lo shock del commercio mondiale via mare
Come detto, la Cina è la prima economia al mondo per esportazioni. Se Pechino si ferma, il resto del mondo rallenta. Perché l’Occidente è assiduo compratore del made in China, soprattutto per la competitività dei prezzi. Mica per niente il primo cliente del colosso asiatico è… l’America, con il 18%, seguita da Hong Kong con l’11% (l’Italia occupa l’1,3%).
Tecnologia (auto, componenti per auto, microprocessori, smartphone). Alimentazione (cereali in primis). Manufatti. Qualsiasi settore commerciale non può non subire conseguenze da una paralisi tanto profonda e i potenziali contraccolpi su tutte le catene mondiali sono giganteschi. L’origine di questa paralisi? E’ proprio il porto di Shanghai, il principale snodo del pianeta delle portacontainer, dove ogni anno transitano più di 4 milioni di tonnellate di merci.
Mancanza di personale e norme sanitarie durissime, più severe di quelle adottate nella prima ondata. Le cause sono sostanzialmente queste. Le conseguenze? Navi merci bloccate in entrata e in uscita. Erano in tutto 500 nei giorni scorsi, secondo Bloomberg, tutte in prossimità del porto di Shanghai. Per fare un confronto, nel lockdown del 2021 le navi ferme erano 200. Oggi sono più del doppio.
Camion fermi, navi in mare aperto
Ed è tutto correlato. La carenza di lavoratori portuali a Shanghai, tutti in isolamento nelle proprie case, rallenta sensibilmente le operazioni burocratiche accompagnate a quelle di scarico della merce. Ma anche i trasportatori sono in quarantena, mentre chi invece è in servizio deve prestarsi a test di massa obbligatori, altro freno a quello che, in condizioni normali, rappresento il meccanismo perfetto che fa della Cina il primo paese dell’export mondiale. I camion non sono nelle condizioni di inviare le merci dal porto agli stabilimenti per la lavorazione. Ci sono navi in mare aperto che trasportano metalli preziosi, industriali e alimenti, cereali soprattutto. Altre vengono dirottate in altri porti, provocando a loro volta congestioni in alcuni casi mai così forti, come a Tianjin, il cui traffico portuale è aumentato in un solo mese, come riporta Pimco, del 29%.
Grafico Pil cinese by tradingeconomics.com
Pimco: “Prevediamo in Cina un Pil rivisto al ribasso”
Quand’è che la Cina abbandonerà la politica Zero-Covid? Secondo Carol Liao, China Economist di Pimco, ci vorrà almeno un altro mese di chiusura (e di perturbazioni) prima che la situazione si normalizzi a maggio. Reuters inoltre riporta che proprio oggi alcuni distretti di Shanghai hanno inasprito ulteriormente le restrizioni alla circolazione e anche nei quartieri. Quali saranno le conseguenze sull’economia cinese? “Considerati i significativi venti contrari alla crescita economica della nazione nella prima metà di quest’anno -prosegue l’analista- abbiamo rivisto al ribasso la nostra previsione di base del Pil per il 2022 intorno al 4,5% (attualmente il prodotto interno lordo cinese cresce del 4,8% ndr). Ma lo shock sul commercio mondiale via mare potrà essere ancora gestibile se le chiusure non dovessero essere sincronizzate tra i principali porti”. L’analista ricorda inoltre quando il porto Yantian di Shenzhen sospese le operazioni tra maggio e giugno nel 2021: in quel caso grandi quantità di carico furono dirottate verso porti di altre aree, mantenendo così le esportazioni del periodo estivo piuttosto forti, a quasi il 30% su base annua.