Studi recenti stimano che i due terzi dei lavori nel mondo siano esposti all’avvento dell’IA. In particolare, vista la straordinaria capacità di elaborazione in moltissimi ambiti, si stima che un lavoro su quattro sia a rischio di rimpiazzo.
I due driver saranno la complementarietà tra IA e persone e il rinnovamento delle mansioni, entrambe aumenteranno la produttività in generale. In primis, poiché si spende molto tempo per compiti che l’IA è ormai in grado di completare – spesso meglio di un umano – le persone potranno dedicarsi ad attività più produttive. Entro il 2030, il 20% delle attività sarà svolto esclusivamente dalle IA. In secundis, alcuni lavori scompariranno ma, contestualmente, ci sarà una migrazione verso le nuove opportunità nell’ecosistema AI. L’americana McKinsey stima che questo rimescolamento coinvolgerà 800 milioni di lavoratori.
Le conseguenze macroeconomiche saranno imponenti. Le previsioni degli analisti variano molto in base alle ipotesi su velocità e ampiezza di adozione, ma in media si stima un aumento del PIL del 26% entro il 2030, un impatto di circa 16 triliardi di dollari. Se ciò si avverasse, l’impatto sarebbe ben più importante della diffusione dei computer. Non solo, si prevede un effetto sulle future abitudini di consumo nell’intorno dei 9 triliardi di dollari. Complessivamente, si stima un aumento del 45% del PIL globale entro il 2030.
Le cosiddette Generative AI sono in grado di elaborare risposte, non solo mostrare risultati come i motori di ricerca, unite alle interfacce user-friendly sono i game changer per l’IA. Nonostante realtà affermante come Google e OpenAI, entrambe supportate da Microsoft, si stiano velocemente affermando come players di riferimento per le Generative AI, gli analisti non danno per scontato l’oligopolio. Viceversa, vista la possibilità di allenare facilmente nuove IA, ci si aspetta che emergeranno tante piccole realtà, ognuna modellata per specifiche esigenze, come programmare un viaggio, ottenere consulenza legale o investire in borsa.
In un recente articolo del Financial Times, ad esempio, si fa riferimento a una nota trapelata da Google, nella quale si ammette l’assenza di posizione dominante e vantaggio competitivo sostenibile. “Perché qualcuno dovrebbe pagare per usare un prodotto con limitazioni, se esistono alternative di maggior qualità gratis?”, riporta il FT.
Piuttosto di domandarsi su quale sia il cavallo vincente, alcuni preferiscono investire nell’ippodromo. Le società che offrono potenza di calcolo e servizi cloud, seppur dietro le quinte, beneficeranno di questa rivoluzione fornendo le imprescindibili tecnologie abilitanti sulle quali costruire l’infrastruttura.
L’autore
Antonio De Negri è ceo di Smart Bank