Un indizio che siamo di fronte a una discontinuità storica e tecnologica è l’importo dei capitali che sono già stati impiegati: nel primo trimestre del 2023 le società operanti nell’intelligenza artificiale generativa hanno raccolto solo negli Usa 2,3 miliardi di dollari da operatori di venture capital, cioè i fondi esperti in capitale di rischio.
Per fare un raffronto, la raccolta fondi trimestrale di questo tipo dei veicoli finanziari per l’altra rivoluzione annunciata, il Metaverso, nel suo momento di picco del 2021 era stata di soli 2,1 miliardi di dollari, dunque 200 milioni in meno. Non è un caso che Microsoft abbia appena investito 10 miliardi di dollari in OpenAI.
In generale, la stima sugli investimenti nell’AI, a livello aggregato, riportata da Equita è di una crescita annua del 20% fino al 2027, con l’AI generativa che dovrebbe più che raddoppiare ogni anno la sua quota sul totale investito. Il che significa passare dai 37 miliardi di investimenti del 2022 ai 101 miliardi stimati nel 2027.
I paragoni nella storia
Gli economisti di Goldman Sachs Global Investment Research hanno d’altronde paragonato l’impatto dell’intelligenza artificiale generativa a due invenzioni fondamentali nella storia dell’umanità: il motore elettrico nel 1890 e il personal computer nel 1981. In questi due casi il forte aumento della produttività è avvenuto solo una volta che circa il 50% delle aziende ha adottato quel tipo di tecnologia, un traguardo che ha richiesto 20 anni.
Dopo aver raggiunto questa soglia però la produttività del lavoro è cresciuta di 1,5 punti percentuali l’anno per oltre un decennio. L’ipotesi è che possa avvenire lo stesso: l’adozione diffusa dell’IA generativa potrebbe produrre effetti simili a un aumento annuale del PIL globale del 7%. Secondo Equita, l’aumento sarebbe compreso tra i 2,6 e i 4,4 trilioni di dollari all’anno.
Questa tecnologia può aumentare le capacità dei lavoratori in modo che possano impiegare parte del nuovo tempo a disposizione in attività più produttive. E anche se dovessimo dar retta ai profeti di sventura è immaginabile che i lavoratori delocalizzati dall’automazione possano essere ricollocati e quindi miglioreranno la produzione totale.
Le aziende che la stanno integrando
Un altro indizio è la molteplicità di aziende, da Microsoft a Kraft, Moderna o Zoom, che stanno cercando di integrarla nelle loro attività.
L’uso più diffuso dell’Ia generativa finora è rappresentato dai chatbot. Dopo l’ingente investimento di Microsoft in OpenAI per l’uso di ChatGPT, altre società tecnologiche hanno intensificato gli sforzi per realizzare i propri chatbot (Bard di Google, “AI” di Snapchat).
Questo nuovo tipo di chatbot può nel complesso rivoluzionare il servizio clienti e migliorare l’efficienza delle ricerche umane. Ora gli investitori sono curiosi di sapere dove possono posizionare i loro portafogli per sfruttare i suoi nuovi sviluppi. I gruppi su cui investire sono le grandi aziende che hanno infrastrutture in grado di integrare l’Ia alle piattaforme esistenti. Oppure sulle aziende che producono componenti e che sviluppano in licenza modelli di Ia generativa. Oppure ancora le aziende al di fuori del settore tech che sono più disposte ad ampliarne l’adozione.
I rischi, dalla privacy al lavoro
Certo esistono alcuni rischi che possono impattare su questo tipo di investimenti. Ci sono problemi di privacy e copyright. S’individuano problemi etici. C’è l’ipotesi di una delocalizzazione estrema del lavoro. I grandi modelli di apprendimento linguistico su cui sono costruite le piattaforme di Ia sfruttano enormi quantità di dati da cui apprendere, il che significa che un attacco informatico o una violazione dei dati potrebbe potenzialmente causare danni significativi.
Nei passaggi della Storia si è invece visto che la delocalizzazione dei lavoratori generata dall’automazione è prevalentemente compensata dalla creazione di nuovi tipi di lavoro. Il 60% dei posti esistenti oggi non era contemplata nel 1940 e, negli ultimi 80 anni, la creazione di nuovi posti di lavoro basata sulla tecnologia ha rappresentato l’85% della crescita dell’occupazione. Quel che è certo è che l’Artificial intelligence si è ormai convertito nel nuovo Graal tecnologico a Wall Street. Nell’ultimo anno assistiamo al boom in Borsa di diversi titoli legati a questo filone.
La corsa all’Eldorado
Ma chi è più avanti? Gli economisti del National bureau of economic research (Nber) di Cambridge (Boston) hanno individuato la più alta (o più bassa) esposizione della forza lavoro delle 100 maggiori capitalizzazioni dell’S&P 500 alle novità portate dall’Intelligenza artificiale. Poi, comparando i risultati con altre news inerenti a migliaia di conference call e twitter aventi ad oggetto l’intelligenzaa artificiale, hanno redatto la graduatoria dei titoli più “legati” ad essa.
Le società, comprese nei panieri “massimizzati sull’Artificial intelligence”, nell’arco di tempo tra il lancio sul mercato di ChatGPT (novembre 2022) e il 31 marzo 2023, hanno avuto un ritorno aggiuntivo sull’investimento in media dello 0,4% al giorno. Su un arco di dodici mesi oltre il 100%.
Gli investitori poi scommettono sui minori costi e maggiore produttività conseguente alla Intelligenza artificiale. Ad esempio, ha avuto un vero rally Nvidia. L’azienda produce il chip (la Gpu) più adatto proprio alla nuova tecnologia. Che sta già avendo un impatto importante negli investimenti.
A Piazza Affari
Sul segmento sul segmento Euronext di Borsa Italiana ci sono almeno quattro aziende che puntano su tecnologie e piattaforme di intelligenza artificiale proprietarie.
Almawave, specializzata nell’interpretazione del linguaggio naturale, ha sviluppato una piattaforma chiamata AIWave. Anche Expert.ai ha una sua piattaforma di intelligenza artificiale. Come Datrix che si concentra su applicazioni verticali per la crescita delle aziende mentre eViso mette invece a disposizione una piattaforma di Ai per le materie prime.
Gli analisti di Equita hanno individuato altri cinque titoli (una blue chip e quattro Star) particolarmente esposti all’intelligenza artificiale: Reply, Tim, Sesa, MutuiOnline e Tinexta.
Gli algoritmi nel trading
L’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico sono utilizzati nelle strategie di investimento quantitativo da diversi anni. Chiunque abbia mai utilizzato un algoritmo di trading ha probabilmente sfruttato l’Ia per investire, poiché molti di questi algoritmi prendono decisioni basate su grandi volumi di dati ad alta velocità o sfruttano possibili opportunità di arbitraggio. Può essere utilizzata anche per costruire portafogli che potrebbero offrire performance migliori rispetto a quelli costruiti con le tecniche tradizionali.
I vincitori nel cloud
È chiaro che se ne avvantaggeranno i fornitori di servizi cloud come Microsoft, Amazon e Google. Queste società danno accesso alla potenza di calcolo dei loro computer, rendendo più rapida e meno costosa la formazione e l’esecuzione di algoritmi complessi per le applicazioni basate sull’intelligenza artificiale.
Indipendentemente dalla tecnologia software vincente in futuro, un’infrastruttura cloud potente e affidabile sarà un prerequisito per il successo di qualsiasi azienda produttrice di software. E poi le società con software già consolidati che incorporano l’intelligenza artificiale per migliorare i loro prodotti esistenti: Microsoft, Adobe, Google e ServiceNow, i cui modelli di intelligenza artificiale sono progettati per generare nuovi dati o contenuti simili ai dati creati dall’uomo, consentendo incrementi di produttività per i clienti dei loro software. Infine la taiwanese Tsmc, che opera nella produzione di chip con una quota di mercato superiore al 50%, che fornisce chip proprio a Nvidia.