Comunemente, e specialmente in Italia, si è ritenuto di porre l’arbitrato su un piano secondario per la risoluzione delle controversie nel settore bancario e finanziario. Invero, le statistiche ritraggono una fotografia ben diversa da tale “opinione comune”, dimostrando che, a partire dalla crisi finanziaria del 2008, l’arbitrato si è affermato come uno strumento perfettamente idoneo a soddisfare le esigenze degli operatori anche nel settore bancario e finanziario.

Più in dettaglio, con la scelta dell’arbitrato – che in materia bancaria e finanziaria può essere impiegato sia nel settore commerciale sia nel settore dei c.d. investimenti internazionali – le istituzioni finanziarie possono (spesso più agevolmente) soddisfare esigenze di (i) flessibilità procedurale e speditezza; (ii) neutralità e competenza dei soggetti decidenti; (iii) eseguibilità delle decisioni su base internazionale, grazie al regime giuridico preferenziale delineato dalla nota Convenzione di New York del 1958; e (iv) confidenzialità.

L’arbitrato commerciale internazionale tra le banche e le proprie controparti commerciali è utilizzato, secondo la “Task Force on Financial Institutions and International Arbitration” della Camera di Commercio Internazionale, in casi di acquisto di prodotti, servizi o investimenti in quote di capitale in altre società, nonché di transazioni e operazioni finanziarie. La London Court of International Arbitration ha confermato l’uso dell’arbitrato nel mercato dei prestiti e della compravendita di strumenti derivati, soprattutto in operazioni condotte con controparti di mercati emergenti.

Si tratta di controversie tendenzialmente non pubbliche, diversamente da quelle legate al settore dell’arbitrato di investimenti, ossia quello intrapreso da un privato, soggetto attivo di una operazione economica, nei confronti dello Stato straniero (al di fuori dell’Unione europea) ove l’operazione è localizzata. Peculiarità di questa forma di arbitrato è che il consenso dello Stato convenuto è già espresso in un trattato con lo Stato di nazionalità dell’investitore (“BIT”, se bilaterale), il quale ha, come unico onere, quello di iniziare l’arbitrato.

I dati raccolti nel 2023 dall’International Centre for the Settlement of Investment Disputes (ICSID) – istituzione afferente alla Banca Mondiale e principale organismo per la risoluzione di controversie in materia di investimenti – indicano che la materia finanziaria rappresenta l’11% del carico di lavoro dell’istituzione, dopo i settori estrattivo ed energetico. Ciò non accade per caso: l’alternativa all’arbitrato internazionale sarebbe costituita dal ricorso alle corti interne dello Stato ospite, le quali non sono spesso dotate della competenza tecnica necessaria e difficilmente sono percepite come imparziali.

Seppur limitatamente ai casi di c.d. investimenti (per la confidenzialità dei casi di carattere commerciale), pare opportuno in questa sede chiarire l’ampio novero di strumenti finanziari che nella prassi hanno ricevuto tutela, quali, a titolo esemplificativo:

  • Cambiali – nel caso ICSID No. ARB/96/3, deciso nel 2001, il rilascio di cambiali – non rimborsate – in favore dello Stato ospite è stato ritenuto un investimento meritevole di tutela ai sensi del BIT tra l’Olanda e il Venezuela.
  • Acquisto titoli di stato – nel caso ICSID No. ARB/07/5, del 2011, si è ritenuto che i titolari di titoli di Stato argentini fossero meritevoli di tutela ai sensi del BIT tra Italia e Argentina.
  • Contratti di hedging – nel caso ICSID no. ARB/09/02, del 2012, il Tribunale ha affermato che un prodotto finanziario derivato costituisce un asset con valore economico e, pertanto, è da considerarsi un investimento ai sensi del BIT concluso tra Germania e Sri Lanka.
  • Contratti di prestito – nel caso PCA Nº 2010-18, deciso nel 2014, è stato affermato che un contratto di prestito garantito in favore dello Stato costituisce un investimento ai sensi del BIT tra il Regno Unito e il Belize, poiché rientrante nei concetti di “beni mobili e immobili e ogni altro diritto di proprietà come ipoteche, pegni o vincoli” e di “diritti di credito o a qualsiasi prestazione avente valore finanziario”.
  • Prestiti a lungo termine (swap) nell’ambito di operazioni di project finance – nel leading award del 2020 nel caso ICSID No. ARB/17/15, si è ritenuto che il project finance, nella forma di prestiti a lungo termine e di c.d. swap, è un investimento protetto ai sensi dell’Energy Charter Treaty.

Si tratta di un elenco non esaustivo e certamente propenso a numerosi ampliamenti, sia per la crescente consapevolezza della valenza dello strumento arbitrale nel settore, sia per la capacità di tale approccio di adeguarsi a un panorama finanziario in costante rinnovamento ed evoluzione, rendendo l’arbitrato ancora foriero di interessanti spunti per la comunità finanziaria internazionale e con un ruolo ancora tutto da scoprire.

 

Sugli autori

Andrea Atteritano è Partner, Head of Arbitration practice – Italy, Hogan Lovells;  Giovanni Zarra è Senior Associate, Hogan Lovells e Professore Ordinario di diritto internazionale all’Università Federico II di Napoli.

 

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